Prove di pace nel Caucaso del Sud. Giovedì 13 marzo il Ministro degli Esteri dell’Azerbaijan Jeyhun Bayramov ha dichiarato che i negoziati sul trattato di pace con l’Armenia sono stati completati. Poche ore dopo è arrivata la conferma del Ministero degli Esteri dell’Armenia, Ararat Mirzoyan.
I negoziati erano entrati in una fase di stallo per il mancato consenso sugli ultimi due dei 17 punti del trattato: il dispiegamento di missioni di paesi terzi lungo il confine (a tal proposito il destino di EUMA, la Missione dell’Unione Europea in Armenia, è appeso a un filo) e la rinuncia a ricorsi internazionali. Ora è stato trovato un accordo su questi punti, anche se i dettagli non sono ancora noti.
Implicazioni regionali
Sin dal crollo dell’Unione Sovietica, Armenia e Azerbaijan sono stati in guerra per il Nagorno Karabakh. Confini sigillati, accuse reciproche e continua escalation. Da adesso però la situazione potrebbe cambiare in modo radicale. Dalla capitolazione dell’Artsakh, nel settembre del 2023, i due paesi hanno cominciato un lungo e tortuoso processo di normalizzazione dei rapporti. Obiettivo: firmare un trattato di pace, riconoscere mutualmente la sovranità territoriale, aprire canali diplomatici stabili, e aprire la regione al commercio internazionale nell’ambito del progetto “Crossroad of Peace”, un ambizioso piano regionale che prevede l’apertura dei confini (solo per il commercio) con Turchia e Azerbaijan.
Ciò garantirebbe più stabilità e sicurezza nel Caucaso del Sud, e farebbe anche gli interessi dell’Unione Europea che dall’inizio della guerra in Ucraina ha iniziato a guardare allo spazio euroasiatico come rotta alternativa a quella russa per le merci verso la Cina. Una maggiore stabilità potrebbe fare del Caucaso un vero ponte tra Europa e Asia, con l’Armenia che da isola circondata da potenze ostili, può diventare uno snodo importante.
A Yerevan, per adesso, tutto tace. In un’intervista, il Primo Ministro Nikol Pashinyan ha espresso cauto ottimismo. Sono ancora molti gli aspetti da chiarire, tra cui la riforma della costituzione armena fortemente voluta da Baku, e il corridoio tra Azerbaijan e l’exclave di Nakhichevan della cui gestione e rotte non è ancora certo il destino. Gli armeni, però, si sono detti pronti a garantirlo.
In ogni caso, una de-securitizzazione delle relazioni tra i due Paesi non può che essere di sollievo per Yerevan che dalla guerra dei 44 giorni ha cominciato un processo di diversificazione della politica estera ed economica, per assicurarsi una maggiore sicurezza e appoggio internazionale, con qualche successo. Non è chiaro come si evolverà la situazione, e sono ancora molti i problemi da risolvere. Ci sono però prove di pace da seguire con attenzione.
Un problema per i russi, un’opportunità per i turchi
Per adesso non si registrano particolari reazioni nelle cancellerie internazionali, ma è importante notare alcuni aspetti. La Russia, impegnata da tre anni in un logorante conflitto in Ucraina, ha da tempo perso influenza nel Caucaso, soprattutto con l’Armenia, che nel febbraio del 2024 aveva congelato la sua partecipazione al CSTO. Dopo la questione del volo azero schiantatosi in Kazakistan, però, anche l’Azerbaijan si è allontanato da Mosca.
Nel 2020 il cessate il fuoco era stato negoziato a Mosca. Oggi la bilateralizzazione dei negoziati di pace ha tagliato fuori i russi, dato che l’accordo è stato trovato senza intermediari. Fa sicuramente piacere ai turchi e, per estensione, all’Occidente. La notizia è arrivata pochi giorni dopo che Ankara ha dichiarato di voler far parte della nuova architettura di sicurezza europea che sta prefigurandosi nell’era Trump, e una irrisolta questione armena sarebbe stata una spina nel fianco per la Turchia già impegnata nel risolvere la questione curda, anch’essa ad una svolta storica. Il leader del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, in prigione dal 1999, ha chiesto di “abbandonare le armi e avviare un processo di pace”.
È probabile che le due questioni siano legate da un filo rosso: affermare la Turchia come grande potenza, espandendo la propria influenza nel Caucaso e nel Medio Oriente. In questo contesto, risolvere la questione curda è fondamentale per ampliare l’influenza turca in Medio Oriente (soprattutto in Siria), mentre una pace nel Caucaso e l’apertura dei confini potrebbe allontanare i russi. Non è quindi irrealistico immaginare che Ankara abbia fatto pressioni su Baku per finalizzare il trattato una volta per tutte. La continuazione del conflitto potrebbe avere conseguenze difficilmente prevedibili anche per l’Azerbaijan, che adesso ha l’opportunità di vincere la pace.
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Foto generata con intelligenza artificiale