AZERBAIGIAN: chiudono gli uffici ONU e della Croce Rossa

L’Azerbaigian ha deciso di chiudere gli uffici di diverse agenzie dell’ONU e organizzazioni internazionali che operano nel paese.

La decisione riguarda il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il Fondo di emergenza internazionale per l’infanzia delle Nazioni Unite (UNICEF), il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) e il Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (ICMPD). A tutte queste organizzazioni, le autorità di Baku hanno inviato notifiche di chiusura.

Pretesti e ripicche

Il pretesto è che l’Azerbaigian non sia più area di crisi, come negli anni ’90. Secondo il governo, non vi è più ragione per la presenza di organizzazioni internazionali e umanitarie. Il ministro degli esteri azero Jeyhun Bayramov aveva affermato che il paese è ora diventato una nazione donatrice e sta rivalutando la sua cooperazione con le agenzie delle Nazioni Unite. Tuttavia, ha sottolineato che l’Azerbaigian continuerà a collaborare con gli uffici centrali di queste agenzie delle Nazioni Unite su base progettuale.

Ma a livello politico, è più probabile che le notifiche di chiusura siano una ripicca delle autorità rispetto alla decisione dei rappresentanti delle organizzazioni internazionali di non visitare e non operare nel Karabakh, sotto controllo di Baku dopo la guerra del 2020.

Il governo azero ha ripetutamente dichiarato la sua intenzione di continuare la cooperazione con l’ONU. L’Azerbaigian ha ospitato nel 2024 la COP29 sul clima – su cui non è mancata l’ombra del regime – e ospiterà il World Urban Forum 2026.

Seguendo un copione transnazionale, l’emittente filo-governativa Caliber ha accusato UNDP (presente nel paese dal 1992) di corruzione per aver finanziato ONG non correttamente registrate. L’emittente ha anche accusato la Croce Rossa di “attività ostili e spionaggio contro l’esercito azero” durante l’offensiva nel Karabakh del 2020-2022.

La Croce Rossa nel mirino di Baku

Nell’agosto 2024, una indagine di OCCRP aveva rivelato come l’Azerbaigian ostacolava le attività umanitarie della Croce Rossa internazionale, mentre l’organizzazione locale, la Mezzaluna Rossa azera, amplificava la propaganda del governo durante il blocco umanitario del Nagorno Karabakh, che ha condotto alla fuga di oltre 100.000 armeni dalla regione e allo spopolamento di città come Stepanakert/Khankendi.

Nonostante la decisione della Corte internazionale di giustizia che obbligava l’Azerbaigian a garantire il “libero movimento” lungo l’unica strada dall’enclave verso l’Armenia in entrambe le direzioni, l’OCCRP sostiene che l’Azerbaigian abbia “gravemente limitato” la capacità del CICR di operarvi.

La Croce Rossa internazionale e l’organizzazione di sminamento Halo Trust erano le uniche due ad avere sedi ufficiali nel Nagorno Karabakh prima del 2020. Ad oggi, il CICR è l’unica organizzazione ad aver visitato prigioneri armeni in Azerbaigian, registrando le loro condizioni di detenzione e di salute. Sono 23 i prigioneiri armeni, tra cui ex funzionali dell’autoproclamata Repubblica di Arsakh oggi sotto processo a Baku.

Le reazioni 

Il leader del partito di opposizione Musavat, Isa Gambar, ha dichiarato a JAMnews che “il governo autoritario dell’Azerbaigian adotterà tutte le misure necessarie per mantenere il pieno controllo sulla società e limitarne l’attività. Le autorità azere non stanno solo cercando di monopolizzare l’economia, ma anche altre sfere, limitando l’attività pubblica e i legami dell’Azerbaigian  con il mondo“, ha affermato Gambar.

Secondo l’attivista per i diritti umani Ahmed Mammadli, Aliyev sta sfruttando gli eventi globali per i propri interessi: “vede che l’amministrazione Trump è in linea coi suoi interessi, mentre le forze di destra al potere in Europa saranno preoccupate per i propri problemi. Ecco perché sta revocando gli accrediti dei media e chiudendo gli uffici delle organizzazioni internazionali”.

Aliyev vede l’Occidente solo in termini di commercio e tecnologia – ricorda Mammadli – ed evita qualsiasi menzione dei diritti umani. “Dopo la guerra in Karabakh, Aliyev conta che gli Stati Uniti non gli imporranno sanzioni e che paesi europei come l’Italia e l’Ungheria lo sosterranno. Se non sarà più vantaggioso, l’Azerbaigian potrebbe persino ritirarsi dalla giurisdizione del Consiglio d’Europa e della CEDU, la Corte di Strasburgo“.

Per il noto avvocato per i diritti umani Intigam Aliyev, sentito da OC Media, “i governi autoritari hanno costantemente bisogno di un nemico immaginario per distogliere l’attenzione dalle inefficaci politiche sociali ed economiche che perseguono, dalla corruzione, dai monopoli, dall’arbitrarietà di funzionari, tribunali e polizia. Questo nemico può essere il Consiglio d’Europa, l’UE, USAID, le agenzie delle Nazioni Unite o la Francia e l’Iran”.

Continua la repressione della società civile e dei media

La repressione contro le organizzazioni della società civile in Azerbaigian è iniziata nel 2014, quando il governo ha sottoposto organizzazioni internazionali e ONG a requisiti di rapporto sull’uso dei fondi e regimi di autorizzazione per eventi e training, mentre esponenti dell’amministrazione presidenziale le definivano come “quinta colonna“. Hanno inoltre chiuso le proprie attività Transparency International e il programme europeo Erasmus+.

La stretta del governo non si ferma alle organizzazioni internazionali, ma si estende ai media, domestici e stranieri. Dalla fine del 2023 sono stati arrestati più di 20 giornalisti di Abzas Media, Toplum TV e Meydan TV e le loro redazioni sono state chiuse.

A febbraio, le autorità azere hanno anche revocato l’accredito dei corrispondenti di BBC News, Sputnik, Bloomberg e Voice of America, che hanno dovuto ridurre a una sola persona il personale. Secondo una fonte filo-governativa citata da Jam-News, si tratta di una misura di reciprocità rispetto all’ufficio di AzerTaj in Russia.

E il 13 febbraio Turan, la prima agenzia di stampa indipendente dell’Azerbaijan, ha sospeso le operazioni a causa di persistenti difficoltà finanziarie. “Non abbiamo inserzionisti. È molto difficile sopravvivere solo con gli abbonamenti,” ha affermato il direttore Mehman Aliyev.

La repressione dei media sta arrivando al culmine, secondo Orkhan Mamed, direttore di Meydan TV, i cui nove dipendenti sono stati arrestati e il cui sito web è bloccato. “Per la prima volta, non siamo in grado di pubblicare materiali dall’Azerbaigian. In futuro, daremo priorità al giornalismo dal basso.” Sentito da JAMnews, Mamed ha ricordato la repressione del 2014 e come il paese si sia poi lentamente riaperto. “Ma anche se l’Azerbaijan riaprirà in futuro, non sarà mai più lo stesso. Non vogliamo dipendere dalle decisioni politiche del governo azero, continueremo a lavorare interamente dall’estero, come hanno fatto i media russi indipendenti negli ultimi due anni”.

Foto:  James O’Brien/OCCRP

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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