La sospensione degli aiuti all’Ucraina da parte degli Stati Uniti – abbiamo detto – è propedeutica al negoziato che Trump vuole avviare con il Cremlino, e sembra altro che una tattica per piegare la resistenza di Zelensky. La roadmap che ha in testa il presidente americano sembra piuttosto delineata, anche se piena di contraddizioni: il primo passo è l’apertura del dialogo con Mosca; a seguire dovrebbe esserci una sorta di negoziato più ampio, coinvolgendo l’Ucraina (e in misura minore la principali capitali europee), che nella visione della Casa Bianca dovrebbe portare ad un cessate il fuoco. Poi si vedrà. Nella visione americana a negoziare la fine della guerra (se il cessate il fuoco regge) dovrà probabilmente essere non Zelensky, ma questo è un punto al momento secondario. Stando così le cose, appare evidente come l’Ucraina si trovi in un vicolo cieco mentre le pretese di Mosca restano tutte sul piatto.
La vittoria di Mosca
Rinvigorito dal dialogo con Trump e dalle spaccature all’interno dell’asse euro-atlantico, Putin osserva, sempre più convinto che il tempo sia davvero dalla sua parte. Se da Mosca arrivano messaggi di apertura ai negoziati, i veri passi in questa direzione sembrano ancora molto distanti. Nonostante gli enormi costi economici e le indescrivibili perdite umane patite da Mosca, la posizione del Cremlino rimane quella massimalista, ora più che mai. Non solo si punta ad ufficializzare l’annessione della Crimea e delle quattro regioni annesse nel settembre 2022 (solo parzialmente controllate militarmente), ma anche a ridurre l’Ucraina ad uno stato vassallo sia dal punto di vista poltico che quello militare. Non a caso Mosca continua ad insistere che Zelensky non sia un interlocutore legittimo. Se da una parte l’amministrazione Trump continua a credere che il primo passo sia quello di sedersi al tavolo, ad oggi non sembrano esserci chiari piani su cosa raccontarsi, una volta che il tavolo sarà apparecchiato. Sembra paradossale, ma il rischio più grande sembra quello che il dialogo con Mosca non porti da nessuna parte e che l’amministrazione Trump decida di mollare tutto definitivamente, ritirandosi dal conflitto. Una tragedia nella tragedia.
La solitudine dell’Europa
Dal canto suo l’Europa sembra ancora intrappolata nelle sue costruzioni retoriche, scontri interni e frasi fatte. Non è sicuramente una situazione facile visto le turbolenze attraversate da molti Stati europei, ma il fatto che i leader dell’unione appaiono ancora una volta impreparati e, soprattutto, incapaci di fare i conti con la realtà, è sconsolante. Il piano annunciato dal premier britannico Starmer dopo il meeting dei diciotto leader europei (senza i paesi Baltici, non invitati) a Londra domenica scorsa ne è la rappresentazione. Dei vari punti presentati, tra i quali spicca la disponibilità del Regno Unito di mandare soldati per garantire la sicurezza dell’Ucraina in caso di un accordo di pace, l’unica cosa concreta rimane la promessa di continuare a mandare aiuti a Kyiv e aumentare le sanzioni. Nulla di nuovo davvero.
Nel reiterare la necessità di fornire garanzie di sicurezza e nel segnalare la volontà di mandare truppe (il termine usato è coalition of the willing che non suona bene a chi ricorda la guerra in Iraq), Starmer ha sottolineato la “necessità di avere un forte sostegno da parte degli Stati Uniti”. Ecco, ci risiamo. Sembra che il messaggio di Trump non sia ancora chiaro. Ma non solo.
Il sogno delle garanzie di sicurezza
Nessuno dei predecessori di Trump, incluso Biden, è mai stato disposto a rischiare un conflitto con la Russia intervenendo direttamente a difesa di Kyiv. Non sono serviti tre anni di brutale invasione per cambiare le cose. In fondo, uno dei motivi per cui i negoziati a Istanbul si erano arenati, oltre alle richieste massimaliste di Mosca, era proprio la mancanza di alcun tipo di garanzia di sicurezza da parte dei partner occidentali. Ma anche tralasciando tutto questo, davvero in Europa ancora c’è qualcuno che crede che la Russia possa accettare di sedersi al tavolo e firmare un cessate il fuoco (per non parlare di una soluzione più definitiva) che possa includere il dispiegamento di truppe britanniche e francesi (membri NATO) in Ucraina? Perché piaccia o no, oggi pù’ che mai sembra chiaro non solo che l’Ucraina non potrà influire sui termini dei negoziati, ma che ogni soluzione dovrà essere negoziata con il Cremlino e, pare, non da una posizione di forza.
Nonostante la netta accelerata dopo l’insediamento Trump, insomma, rimaniamo in un vicolo cieco mentre le bombe russe continuano a cadere sull’Ucraina.
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immagine da Free Malaysia Today Licenza CC 4.0