BOSNIA: Dodik condannato in tribunale

Mercoledì 26 febbraio Milorad Dodik è stato condannato a un anno di reclusione e sei anni di interdizione dalla carica di presidente della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina. La sentenza è stata emessa in prima istanza dal Tribunale statale della Bosnia Erzegovina.

La sentenza dei giudici

Le accuse contro Dodik risalgono al luglio 2023, quando promulgò due leggi volte ad annullare l’applicazione nel territorio dell’entità a maggioranza serba delle sentenze della Corte Costituzionale bosniaca e delle decisioni dell’Alto Rappresentante internationale, Christian Schmidt. Queste leggi, approvate dall’Assemblea nazionale della Republika Srpska, rappresentavano una sfida diretta all’autorità dello stato e agli accordi di pace di Dayton del 1995, che includono il testo della Costituzione.

Alle accuse formali, va aggiunta la costante retorica separatista di Dodik e minacce all’integrità territoriale del paese che, in piena violazione degli accordi di Dayton, mettono a rischio l’equilibrio istituzionale e alimentano le tensioni politiche. La Corte costituzionale è tra i bersagli preferiti di Dodik, che vorrebbe espellerne i tre giudici internazionali, nonché l’Alto rappresentante, tutti accusati di neocolonialismo e di voler centralizzare il paese alle spese dell’autonomia dei sebro-bosniaci. Da un paio d’anni, la Republika Srpska rifiuta di nominare due nuovi giudici alla Corte Costituzionale.

Davanti a poche migliaia di manifestanti radunati a Banja Luka, capoluogo della Republika Srpska, Dodik ha lanciato strali contro un “processo politico” e ha dichiarato che non intende riconoscerne il verdetto in quanto esso costituirebbe un attacco diretto al popolo serbo in Bosnia, minacciando ancora una volta di avviare la secessione dell’entità.

La Republika Srpska esce dalle istituzioni statali?

Anche la reazione delle istituzioni della Republika Srpska è stata immediata. La sera successiva, il parlamento dell’entità – con l’assenza delle opposizioni, che hanno abbandonato l’aula – ha approvato leggi volte a impedire di operare nel suo territorio alle autorità giudiziarie e di polizia statali, sfidando apertamente l’autorità dello stato centrale e rinnovando la crisi istituzionale. Con un’altra legge, la Republika Srpska intende poi dotarsi di un organo separato di autogoverno della magistratura.

Sono tutti passi coerenti con la retorica di Dodik di “ritorno alle origini degli accordi di Dayton”, con cui il leader serbo-bosniaco pretende di rispettare la Costituzione del paese e gli accordi di pace, mentre mette in atto azioni volte a smantellare le istituzioni statali che sono state costruite – dopo difficili negoziati con gli stessi serbo-bosniaci incluso Dodik – negli ultimi vent’anni. Una secessione light.

I parlamentari di Dodik hanno inoltre approvato una legge contro le ONG, bollate come “agenti stranieri” come già in Russia e in Georgia. In questo, Dodik si è rifatto direttamente alla retorica di Donald Trump, affermando senza fonti che i fondi USAID nel paese sarebbero stati usati per scopi oscuri. Negli stessi giorni, si è fatto intervistare a Banja Luka dall’ex sindaco di New York e sodale di Trump, Rudy Giuliani.

Le reazioni 

La comunità internazionale ha espresso preoccupazione per le implicazioni della condanna di Dodik sulla stabilità della Bosnia Erzegovina e della regione balcanica.

A difesa di Dodik è accorso il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ha rinnovato il sostegno della Russia al presidente della Republika Srpska. Anche il presidente serbo Aleksandar Vučić, che si è immediatamente recato a Banja Luka, e il primo ministro ungherese Viktor Orbán, hanno espresso solidarietà a Dodik, criticando la decisione del tribunale di Sarajevo.

D’altro canto, l’Ambasciatore UE Luigi Soreca ha fermamente condannato ogni retorica separatista che altro non fa che danneggiare le istituzioni statali, la riconciliazione, e il percorso di integrazione europea. “L’UE esorta tutti gli attori politici in Bosnia Erzegovina ad astenersi da retoriche e azioni provocatorie e divisive”

“Le entità hanno il dovere di rispettare la Costituzione e le leggi della Bosnia Erzegovina”, ha ricordato l’Alto rappresentante Christian Schmidt come presidente del Consiglio per l’implementazione della pace (PIC) che dal 1995 supervisiona gli accordi di Dayton. I membri del PIC hanno inoltre ricordato l’importanza dei rimedi domestici per preservare l’ordine costituzionale.

La condanna di Dodik rappresenta un momento cruciale per la Bosnia Erzegovina. Se dovesse venire confermata in appello, potrebbe aprire a una nuova stagione politica. Con un assetto istituzionale estremamente fragile, il futuro della Bosnia Erzegovina rimane quanto mai incerto, danneggiato da minacce secessioniste e interferenze russe che ormai da anni impediscono il regolare sviluppo delle istituzioni democratiche e ne rallentano il percorso di integrazione europea. Solo un anno fa, nel marzo 2024, il Consiglio europeo decideva di aprire i negoziati di adesione all’UE, ma ancora mancano i passi concreti per arrivare a una prima conferenza intergovernativa coi 27 stati membri.

Foto: BBC

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