Monaco di Baviera ricompare 88 anni dopo la famosa conferenza del 1938, precedente alla seconda guerra mondiale. La conferenza all’inizio venne vissuta come una vittoria diplomatica da parte dei paesi europei, pensando di aver scongiurato la minaccia nazista cedendo parti della Cecoslovacchia.
Come si è arrivati a Monaco?
Il 29 settembre 1938, i leader di Regno Unito e Francia, Neville Chamberlain ed Édouard Daladier, si incontrarono con Adolf Hitler e Benito Mussolini a Monaco di Baviera per discutere il destino della Cecoslovacchia. La crisi era esplosa mesi prima: Hitler rivendicava i Sudeti, regione ceca a maggioranza tedesca, minacciando un’invasione. Nonostante la Cecoslovacchia avesse un esercito moderno e alleati, Londra e Parigi scelsero la via dell’appeasement, temendo una nuova guerra dopo il trauma del 1914-18.
La conferenza si svolse all’insegna dell’ingiustizia: Praga non fu nemmeno invitata al tavolo, mentre l’URSS, potenziale alleato, venne esclusa. In poche ore, i Sudeti furono ceduti alla Germania nazista. Chamberlain sventolò a Londra il famoso foglio con la “pace per il nostro tempo”, acclamato da una popolazione stremata dalla paura. Ma l’accordo non fermò Hitler: nel marzo 1939, i carri armati tedeschi occuparono il resto della Cecoslovacchia, dimostrando che la diplomazia senza fermezza alimenta l’aggressore. Monaco divenne così il simbolo della miopia politica, dove il desiderio di evitare la guerra a ogni costo ne accelerò l’arrivo.
La Conferenza USA-Russia: Ucraina sull’Altare della Diplomazia
88 anni dopo, alla conferenza sulla sicurezza di Monaco 2025, il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha mandato un messaggio chiaro ai partner europei: la gestione del conflitto ucraino da parte dell’UE è stata un fallimento. Con questa accusa, Washington ha sostanzialmente giustificato il cambio di rotta della propria diplomazia, aprendo a trattative dirette con Mosca, senza consultare né Bruxelles né Kyiv.
Il risultato è un dialogo tra USA e Russia, nel quale si discute di neutralità ucraina, stop all’espansione della NATO e riduzione delle sanzioni, mentre l’Ucraina si trova esclusa dal destino che la riguarda più di tutti. L’eco del 1938 risuona ancora: quando le potenze decidono senza interpellare i diretti interessati, il prezzo della pace viene sempre pagato dai più deboli.
Monaco come paradigma diplomatico: La diplomazia serve quando c’è intesa tra le due parti.
La lezione del 1938 è chiara: la diplomazia funziona solo se entrambe le parti agiscono in buona fede. Quando un dittatore vede nella trattativa un mezzo per legittimare conquiste, ogni concessione diventa un incentivo a chiedere di più. Oggi, Vladimir Putin incarna questa dinamica.
Il rischio è che, come allora, si sacrifichi un paese sovrano sull’altare della “stabilità”. Se nel 1938 si cedettero i Sudeti per salvare la pace, oggi c’è chi propone di riconoscere le annessioni russe per fermare la guerra. Ma è un’illusione pericolosa: Putin, come Hitler, non cerca accordi equi. Chamberlain e Daladier furono osannati prima di essere maledetti dalla Storia; oggi, leader occidentali potrebbero commettere lo stesso errore, illudendosi che un dittatore rispetti patti siglati col sangue.
La differenza sta nella memoria: Monaco ci insegna che la pace non si ottiene svendendo la libertà altrui. L’Ucraina non è la Cecoslovacchia del 1938, ma il mondo rischia di ripetere lo stesso copione. La diplomazia deve essere accompagnata dalla forza, non sostituirla. Altrimenti, tra 88 anni, qualcuno scriverà di come nel 2025 non abbiamo imparato nulla.
Un’Europa che rischia di svegliarsi troppo tardi
L’Unione Europea si trova davanti a un bivio storico: accettare il ruolo di comparsa nel nuovo ordine mondiale o assumersi la responsabilità di essere un attore geopolitico autonomo. Gli Stati Uniti, con la loro strategia pragmatica, sembrano pronti a svendere l’Ucraina pur di ottenere un periodo di tregua con la Russia, spostando il focus su altre priorità strategiche. Questo è evidente non solo nelle trattative segrete, ma anche nella retorica utilizzata: Donald Trump ha apertamente definito Volodymyr Zelensky un “comico dittatore”, segno di un netto cambio di percezione rispetto alla narrativa dei primi anni di guerra. Un attacco di questo tipo non è casuale: mira a screditare la leadership ucraina per giustificare compromessi impopolari.
Se l’Europa non agisce ora, rischia di ritrovarsi irrilevante, incapace di difendere non solo l’Ucraina, ma anche se stessa. La lezione della storia è chiara: quando le democrazie mostrano debolezza, gli autocrati avanzano. L’UE ha ancora la possibilità di rafforzare la propria posizione, ma deve dotarsi di una strategia di difesa credibile, investire nelle proprie capacità militari e dimostrare che non accetterà un nuovo Monaco. Altrimenti, tra qualche decennio, qualcuno racconterà di come nel 2025 l’Europa perse la sua occasione per evitare un nuovo disastro.