Paesaggio Artico

ARTICO: Lo scontro tra Russia e Occidente si sposta a nord

Lo scontro tra Russia e Occidente si è recentemente spostato verso i territori dell’Artico

“Dobbiamo accrescere il nostro ruolo nell’Oceano mondiale”.

Si apre così l’intervista a Nikolaj Patrushev riportata dalla testata russa Kommersant. Patrushev, che per 16 anni è stato segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, e ora assistente del presidente Vladimir Putin, ribadisce la volontà di rafforzare i rapporti con i BRICS per espandere il ruolo russo negli oceani. Grande attenzione è rivolta alle rivendicazioni sull’Artico, un oceano storicamente considerato parte della sfera di influenza russa, ma che oggi suscita crescente interesse da parte della Cina e preoccupazione da parte della NATO.

Una presenza militare in continua espansione.

La Russia considera l’Artico non solo una fonte di ricchezza, ma anche una componente fondamentale della propria sicurezza nazionale e della propria identità. L’attenzione verso questa regione così inospitale ha una forte componente strategica per Putin, che è consapevole che la sua presenza nell’Artico sia fondamentale per stabilire il suo status nella competizione tra le grandi potenze.

Per mantenere il suo status di potenza, il Cremlino fa affidamento al Comando militare Congiunto della Flotta del Nord, divenuto, dopo un’importante riorganizzazione, il quinto distretto militare della Russia con sede proprio nell’Artico. La Russia dispone di una potente forza militare nell’Artico, che include 37 navi da guerra, tra cui l’incrociatore Pëtr Velikiij e il cacciatorpediniere della classe Slava, oltre a 41 rompighiaccio operativi, di cui 7 nucleari, gestiti da Atomflot. Questa flotta avanzata, unita a basi aeree e sistemi missilistici S-400, consente alla Russia di esercitare un controllo strategico sulle rotte commerciali artiche e di affermare la sua supremazia sulle acque polari. Queste capacità di precisione e superiorità numerica garantiscono alla Flotta del Nord un dominio quasi incontrastato sulle acque polari.

La Russia ha tre principali obiettivi militari nell’Artico. Il primo è garantire la “capacità di secondo colpo” della sua flotta di sottomarini a missili balistici, basata sulla penisola di Kola, in caso di conflitto con la NATO. In secondo luogo, mira a proteggere le sue operazioni nell’Atlantico del Nord e nell’Artico europeo, zone cruciali per il controllo della regione. Per questo motivo, la Russia ha modernizzato la Flotta del Nord, introducendo nuove unità, sistemi di difesa avanzati e rafforzando le sue forze con nuove brigate e equipaggiamenti. La difesa del territorio attorno alla penisola di Kola e la negazione dell’accesso alle forze NATO sono priorità fondamentali per Mosca. Tuttavia, se le percezioni di minaccia russe dovessero crescere, ad esempio con il dispiegamento di risorse NATO avanzate, Mosca potrebbe adottare una postura più offensiva, ampliando la sua capacità di proiezione di forza nell’area.

La Russia chiama e la NATO risponde

Secondo un’analisi recente del think tank Carnegie, la risposta degli Stati Uniti all’espansione della Russia nell’Artico potrebbe riaccendere le tensioni tipiche della Guerra Fredda, piuttosto che segnare un nuovo capitolo nella competizione tra potenze.

Di certo, il Cremlino è stato preso alla sprovvista dall’improvvisa entrata di Finlandia e Svezia nella NATO, finalizzata rispettivamente nel 2023 e 2024. Ancor prima del loro ingresso ufficiale, i due paesi Scandinavi avevano intrapreso un’intensa collaborazione militare con l’Alleanza, partecipando in esercitazioni congiunte come l’Arctic Forge in Lapponia, il Joint Warrior in mare e il Joint Viking in Norvegia. Le operazioni militari NATO in Scandinavia puntano a intensificare l’allenamento delle forze alleate in ambienti estremi, con l’obiettivo di migliorare le capacità di difesa in condizioni di freddo estremo e testando l’interoperabilità tra esse. Un esempio significativo è rappresentato dalla manovra ” Nordic Response 2024“, la più grande esercitazione della NATO nel Nord dall’epoca della Guerra Fredda, che si è tenuta a marzo di quest’anno. Secondo Joel Linnainmaki, ricercatore presso il FIIA, tramite queste esercitazioni si vuole inviare un chiaro messaggio alla Russia, ovvero che l’alleanza è unita e pronta a difendere i propri membri.

La Finlandia, oltre ad aver contribuito con una forza militare di 280mila soldati e ad aver allungato il confine NATO con la Russia di 1340 km, ha destinato 488 milioni di euro all’aumento delle spese militari per potenziare le proprie capacità difensive. Inoltre, ha siglato un accordo del valore di 209 milioni di euro con l’azienda Patria per l’acquisto di 91 veicoli corazzati, destinati al trasporto truppe. Infine, nel recente summit NATO di Washington, è stata annunciata la collaborazione ICE, una collaborazione politico-industriale tra Canada, Stati Uniti e Finlandia. Questo impegno si concentra sulla costruzione di una nuova flotta di rompighiaccio, con l’obiettivo di contrastare non solo l’influenza russa, ma anche quella cinese nell’Artico.

Cosa possiamo aspettarci da questa corsa alle armi?

La gestione delle questioni relative all’Artico è affidata al Consiglio Artico, attualmente presieduto dalla Norvegia. Tuttavia, questo organismo non dispone né della qualificazione né degli strumenti necessari per affrontare tematiche di natura militare. Numerosi dubbi riguardo la preoccupazione per il continuo rafforzamento militare della Russia nell’Artico e per la crescente cooperazione militare tra Russia e Cina nella regione sono stati sollevati durante l’Assemblea del Circolo Artico, nonostante la promessa da parte della NATO di difendere i suoi interessi nella
regione.

Come osserva Mathieu Boulegue, ricercatore presso il think tank britannico Chatham House, tutto l’Artico che non è sotto il controllo della Russia è, di fatto, parte della NATO. La situazione che si sta delineando rientra negli schemi del dilemma di sicurezza, in cui le fazioni coinvolte prendono sempre maggiori provvedimenti riguardo i propri sistemi di sicurezza, obbligando l’altro a fare altrettanto, ritrovandosi in un’impasse da cui è difficile uscire. Sempre secondo l’analisi fornita da Boulegue, uno scontro nell’Artico avrebbe conseguenze catastrofiche, scenario che gli investitori nella regione tenderebbero a evitare.

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