SERBIA: Il premier Vučević si dimette, continuano le proteste

BELGRADO. È di poche ore fa la notizia che Miloš Vučević, primo ministro della Serbia, si è dimesso dalla sua carica cedendo alle pressioni degli studenti che da mesi organizzano manifestazioni oceaniche contro il governo. Le dimissioni – ha dichiarato lo stesso Vučević – riguardano tutto l’esecutivo serbo, cancellando di fatto ogni dubbio possibile: il governo serbo è caduto.

Il primo ministro ha infatti dichiarato che le sue dimissioni sono già state accettate dal presidente della repubblica Aleksandar Vučić, ed entro 30 giorni dovranno essere confermate anche dal parlamento, che dovrà poi procedere con nuove nomine o convocare elezioni anticipate. Dal momento che le dimissioni di Vučević hanno fatto decadere anche tutti gli altri membri del governo, le elezioni anticipate sembrano essere lo scenario più probabile. Nella mattinata di martedì anche Milan Djurić, sindaco di Novi Sad, seconda città del paese, ha presentato le sue dimissioni.

Vučević si sarebbe dimesso dopo l’aggressione avvenuta lunedì ai danni di un gruppo di manifestanti per mano di alcuni individui usciti dalla sede locale del partito di governo a Novi Sad. La decisione di Vučević era tuttavia stata in qualche modo anticipata dal presidente Vučić durante un discorso pubblico tenuto quello stesso lunedì, nel quale il presidente aveva preannunciato una svolta per sedare le proteste, nate in seguito alla tragedia avvenuta alla stazione ferroviaria di Novi Sad il primo novembre scorso e che ha causato la morte di 15 persone. Nel suo discorso Vučić ha anche dichiarato di voler accogliere le richieste formalizzate dagli studenti lo scorso dicembre in merito alla pubblicazione dei documenti relativi all’appalto dei lavori della stazione, la concessione della grazia agli studenti arrestati in questi mesi, l’aumento degli stipendi dei docenti e il taglio delle tasse universitarie.

La Serbia si trova ora all’apice della tensione tra le istituzioni e i cittadini, e le dimissioni di Vučević dovrebbero servire a quietare gli animi dei manifestanti, che quotidianamente si riversano a migliaia nelle strade e nelle piazze del paese. Se Vučić confida nella stabilizzazione del paese attraverso queste dimissioni strategiche, i manifestanti, per lo più giovani studenti, potrebbero non accontentarsi e continuare le proteste, specialmente ora che sono riusciti attraverso la rivolta a far traballare il sistema politico nazionale, ottenendo la prima vittoria significativa.

Presumibilmente le agitazioni non si fermeranno, ponendo Vučić di fronte ad una scelta sempre più difficile: reprimere una protesta pacifica attirandosi ulteriore impopolarità o cedere alle richieste, lasciando intravedere una svolta politica irreversibile. Quel che è certo per ora è che gran parte della società serba non tollera più il regime di Vučić, la cui deriva autoritaria ha corroso la Serbia sia a livello sociale che istituzionale, tratteggiando un paese che sta cadendo a pezzi su tutti i fronti possibili.

Simbolo ultimo di questa corrosione è l’episodio di Novi Sad, la miccia che ha fatto esplodere il malcontento per la corruzione e l’inefficienza di cui è accusato l’esecutivo. Un episodio che in tutta la sua tragica urgenza palesa la carica letale di questa corruzione, squarciando al contempo l’oscurantismo politico di Vučić con un messaggio chiarissimo: al controllo totale deve corrispondere una responsabilità totale.

Foto: Facoltà arti drammatiche

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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