La sezione Wild Roses del Trieste Film Festival quest'anno si sposta in Serbia, arricchendosi di varie opere interessanti di donne cineaste.

CINEMA: TSFF – Le rivelazioni serbe di Wild Roses

La sezione Wild Roses del Trieste Film Festival quest’anno si sposta in Serbia, arricchendosi di varie opere interessanti di donne cineaste.

Come ogni anno, anche nell’edizione 2025 il Trieste Film Festival dedica una sezione al cinema diretto da registe donne. Il focus di quest’anno è la Serbia, con una selezione curata da Stefan Ivančić. La selezione abitualmente include una retrospettiva che ripercorre gli ultimi 2-3 anni, ed alcuni inediti in Italia, tra cui 78 Days di Emilja Gašić, e When the phone rang, presentato orginalmente in anteprima mondiale a Locarno.

78 Days, dir. Emilja Gašić

Emilja Gašić e il catalogo fanno riferimento a del materiale in Super 8 come fonte d’ispirazione del film, sottintendendo che l’opera riunisca del materiale d’archivio. Così, è facile intraprendere il film con la certezza che sia interamente un documentario di sorta che ripercorre i 78 giorni durante la primavera del 1999 durante i bombardamenti NATO in Serbia, visti dalla prospettiva di tre sorelle e loro madre, mentre il padre è stato arruolato dall’esercito. Le certezze crollano appena, sullo schermo, compare il volto del padre: Goran Bogdan, attore già noto recentemente per il cortometraggio di Nebojša Slijepčević che ha vinto la Palma d’Oro a Cannes e che è nella shortlist per gli Oscar. 78 Days è quello che viene definito un mockumentary, un film che si presenta nel linguaggio attribuito al genere del documentario, ma che è in realtà una costruzione interamente finzionale. Se la maggior parte dei lungometraggi di questo genere improprio si leghino a fenomeni esuberanti o paranormali, come Blair Witch Project, o Il Cameraman e l’Assassino, ciò che rende ancora più interessante 78 Days è che, nell’essenza, è applicato ad un’opera cinematografica non di exploitation, o “di genere”, ma ad una situazione di assoluta verosomiglianza. Certo, una volta che diventa chiaro che l’opera è di finzione, il gioco diventa l’identificazione di aspetti che potrebbero sembrare troppo “drammatici” per essere veri, come avviene con alcune scene in cui un personaggio riprende una lite importante di nascosto, o alcuni dei bombardamenti sembrano arrivare in momenti troppo “calcolati”, ma questo non toglie alla creatività del progetto o al suo successo. Forse il film più sorprendente della sezione, questo piccolo capolavoro è stato presentato a Rotterdam l’anno scorso.

When The Phone Rang, dir. Iva Radivojević

Presentato nella Sezione “Cineasti del Presente” di Locarno, dedicata ad opere prime e nuove proposte, il film di Iva Radivojević riprende ancora una volta il tema ricorrente della caduta della Jugoslavia, ma sceglie come prospettiva, quella di una bambina. Se non bastasse come particolarità (anche se già il recente Lost Country ha scelto un’angolatura simile), il racconto di una vicenda così complicata avviene principalmente in modo frammentario: oggetti, come un orologio, azioni che si ripetono, come un telefono che squilla, personaggi presentati solo in primo o primissimo piano. Il film assume la forma amnesiaca del trauma, riesce ad evocare l’omesso, a descrivere il senso di mancanza che viene scaturito da eventi non completamente compresi, a causa dell’età. Il film fa della sua estetica il contenuto, riproducendo un effetto granulare da pellicola, restando in un’immagine a 4:3.  Iva Radivojević dona nuova linfa ad un argomento che poteva apparire ormai ben approfondito, attraverso un punto di vista che mai è stato reso in modo così introspettivo ed universale.

Chi è Viktor Toth

Critico cinematografico specializzato in cinema dell'Europa centro-orientale, collabora con East Journal dal 2022. Ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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