un reportage di Antonella Bagnulo
Il 10 gennaio 2025, la Corte Costituzionale di Bucarest, situata all’interno del complesso del Parlamento, è stata il teatro di una manifestazione promossa da Călin Georgescu. L’evento, denominato “Marea Unire Juridica” (la “Grande Unione Legale”), è stato convocato dallo stesso Georgescu il 6 gennaio tramite un video sui social media, in cui invitava i suoi sostenitori a radunarsi il 10 gennaio alle ore 10:00 davanti alla sede della Corte.
La protesta aveva come obiettivo principale la richiesta di revocare l’annullamento del secondo turno delle elezioni, una decisione presa il 6 dicembre a causa di presunte “interferenze da parte di Stati stranieri.” La controversia era particolarmente rilevante, poiché il primo turno elettorale era stato vinto proprio da Georgescu.
Il giorno prima della manifestazione, il 9 gennaio, Georgescu viene avvistato all’aeroporto di Bucarest. Subito dopo compare un nuovo video sulle sue pagine social in cui annuncia che sta lasciando il paese per andare “nel cuore dell’Europa, presso le corti più alte” (probabilmente a Strasburgo, presso la Corte Europea dei Diritti Umani).
Nello stesso post ricorda ai suoi sostenitori della manifestazione del giorno dopo, dicendo che la “lotta per la democrazia” verrà compiuta da entrambe le parti “eu acolo, voi aci” ovvero “io lì, voi qui”.
In quel “qui”, a Bucarest, c’ero anch’io e non ho potuto fare a meno di andare alla manifestazione. Per la maggior parte del tempo mi sono persa tra la gente e ho osservato. Il motivo principale per cui ero lì era quello: guardare. E attraverso ciò cercare di dare dei volti a chi ha votato per Georgescu, e lo ha fatto vincere.
La ragione dietro questa mia curiosità era dovuta al fatto che, sulla stampa rumena, si è parlato tanto dello scandalo elettorale su TikTok e della presunta interferenza della Russia (che, è bene sottolineare, non è mai stata confermata) e si specula anche tanto sulle miriadi di dichiarazioni che fanno ogni giorno tutte le parti politiche rumene coinvolte, mentre si parla poco e niente di chi ha poi effettivamente votato per Georgescu.
Călin Georgescu sostiene Putin, è contrario alla NATO ed è fortemente euroscettico. Perché il 22% dell’elettorato di uno Stato che è membro dell’Unione Europea dal 2007 ha votato per lui? A prescindere da TikTok, qual è stato il sentimento popolare su cui è riuscito a far leva?
Tenendo bene a mente che ad aver votato per lui non sono stati i bot di TikTok, la manifestazione del 10 gennaio mi è sembrato il luogo ideale in cui cercare di capire tutto questo, e anche per guardarmi un po’ attorno. E, da lì, mi sono resa conto che la vista sulla Romania era molto più chiara.
Alle 9:30 della mattina del 10 gennaio Calea 13 Septembrie, la strada sul lato ovest del Parlamento, era già piena di manifestanti che si avvicinavano verso la sede della Corte Costituzionale.
Prima di radunarsi nella manifestazione vera e propria i manifestanti si fermavano sui muretti o contro il muro per compilare un documento che Georgescu aveva chiesto loro di firmare.
Il documento è questo. Nel testo si dichiara la decisione della Corte “incostituzionale” e si chiede di “ripristinare la legalità e il funzionamento dello Stato di diritto rumeno, nazionale, sovrano, indipendente, unitario e indivisibile.” (qui una traduzione completa del testo).
Questi documenti sono poi stati raccolti dai volontari del partito di Georgescu e sono stati recapitati alla Corte.
Qui ho notato una donna che, con la bandiera della Romania sulle spalle, distribuiva agli altri manifestanti i fogli da compilare. Mi sono avvicinata e le ho chiesto se parlasse l’inglese. Mi ha detto che sì, lo parlava, però poco. Le ho spiegato chi ero e cosa facevo lì e le ho chiesto se potessi farle qualche domanda. Ci ha pensato un po’ e poi, dispiaciuta, mi ha messo una mano sul braccio dicendomi “non so bene l’inglese e ho paura che, nel cercare di rispondere alle tue domande, io possa dirti qualche cosa non vera”.
In Romania l’atteggiamento della popolazione verso i giornalisti dei media mainstream non è quasi mai positivo, a prescindere dal proprio orientamento politico. Questo accade per svariate ragioni storiche, sociali e culturali che andrebbero approfondite in un’altra sede. Anche in occasione di questa manifestazione ci sono stati svariati attacchi alla stampa presente.
L’atteggiamento estremamente gentile che questa donna ha avuto con me era dovuto sicuramente al fatto che ero straniera, ma anche perché quando mi sono presentata ci ho tenuto a sottolineare che stavo scrivendo un articolo per una testata indipendente.
Mentre continuavo a guardarmi intorno, ho visto un’altra donna intenta a fare la stessa cosa: distribuire i documenti da firmare. Mi avvicino, faccio la domanda di rito e mi presento con la medesima formula. Mi chiede se avessi l’app per registrare aperta (non avevo ancora premuto play) perché mi avrebbe aiutato nella scrittura. Le rispondo di sì e la rassicuro sul fatto che non avrei diffuso l’audio, lei mi sorride e iniziamo.
Per prima cosa le chiedo perché era lì. Mi risponde “perché il nostro voto è stato cancellato e non abbiamo più fiducia nella nostra classe politica”. Poi le chiedo cosa si aspetta dopo quella giornata e dopo l’invio dei documenti firmati presso la Corte Costituzionale. La sua risposta è stata diretta “sinceramente non mi aspetto che cambierà molto, perché tutto il sistema che ci governa è molto corrotto. Però ci provo, perché amo la mia nazione e voglio il meglio per la Romania”.
Salgo Calea 13 Septembrie e mi avvicino al cuore della manifestazione. Una distesa di bandiere della Romania sventola mentre vengono urlati vari slogan, che si ripeteranno lungo il corso di tutta la manifestazione. Il primo, che fa sempre un certo effetto sentire in coro dalle voci del popolo (qualunque sia il contesto in cui ci si trovi) è “libertate”, che non necessita di traduzione.Il secondo è “CCR, mizerie” ovvero “Corte costituzionale rumena, miseria”. E infine “vrem turul doi” che tradotto è “vogliamo il secondo turno”.
Dopo la vittoria di Georgescu sono venute fuori (solo) due cose su chi lo aveva eletto: che sono stati influenzati dai suoi TikTok e che non vivono più in Romania. Cioè, i cosiddetti “rumeni della diaspora”. Il 10 gennaio c’erano anche alcuni di loro, probabilmente tornati in Romania per le vacanze di Natale.
Ma, se pure è vero che la campagna elettorale di Georgescu premeva principalmente sui rumeni della diaspora, c’è da tener conto che il 10 gennaio a manifestare erano per lo più i rumeni rimasti in Romania.
Decido di intervistare un’altra ragazza che attira la mia attenzione perchè stringe tra le mani un crocifisso ortodosso. C’era tanto chiasso intorno a noi in quel momento perché eravamo al centro della manifestazione. Quello che mi ha detto è stato breve, coinciso e non troppo diverso dalla dichiarazione precedente: “è già stato deciso tutto, non credo cambierà molto dopo oggi”.
Poco dopo mi ritrovo davanti una tomba con su scritto scritto “democrazia”, la cui sfilata a modo corteo funebre è stata accompagnata da urla e applausi.
L’ultimo intervistato è stato un ragazzo della mia età, sulla ventina. Era lì con sua madre, in una mano la bandiera della Romania e nell’altra una foto di Georgescu.
La chiacchierata è stata un po’ più lunga, il ragazzo prendeva spesso pause che riteneva necessarie per formulare al meglio quello che voleva dirmi. Sua madre annuiva ad ogni concetto espresso.
Mi dice che è lì per aiutare Calin Georgescu e fare la sua parte in quella vicenda. La seconda cosa che gli chiedo è cosa ne pensasse dell’Unione Europea e del ruolo della Romania al suo interno. La sua risposta, largamente condivisa dalla madre, è “penso che l’Unione Europea e le sue nazioni più potenti stiano sfruttando la Romania e le sue risorse. L’Europa dice che ogni paese deve avere la sua sovranità all’interno dell’Unione, ma a me sembra che la Romania non sia più sovrana”.
Gli chiedo se volesse una Romania più forte nell’Unione Europea e mi risponde che onestamente, quello che vuole è che la Romania ne diventi uno dei paesi leader.
Anche lui mi dice che non si aspetta molto dalla protesta ma che è il minimo che possono fare per le future generazioni.
Aggiunge anche che quella è stata una manifestazione piccola e che molte più persone avrebbero preso parte alla manifestazione di due giorni dopo.
Questa non voleva essere un’indagine “scientifica” sugli elettori di Georgescu, ma un modo per comprendere meglio la vicenda. E per comprendere meglio una vicenda elettorale bisogna partire dagli elettori.
Quello che è venuto fuori da questa iniziativa, che potrebbe essere considerata solo una semplice chiacchierata con alcuni abitanti di Bucarest, è che la fiducia della popolazione nei confronti del governo è bassissima, che ci si sente sempre un po’ presi in giro da qualunque istituzione (e anche dai media), che la corruzione nel paese è ovunque.
L’impressione è di una popolazione sospettosa, ma anche disillusa e oramai tristemente rassegnata a quello che sembra un inevitabile destino in cui Calin Georgescu è parso essere l’unico appiglio in un mare di corruzione, segreti e bugie.
Alcuni sondaggi ad oggi confermano ancora, nonostante tutto, un’alta preferenza dei rumeni verso Georgescu, mentre altri parlano di un rafforzamento della fiducia dei cittadini verso l’Unione Europea. Anche questi dati andrebbero però approfonditi, chiedendosi in che modo la popolazione rumena intende l’Unione dopo ormai quasi vent’anni dall’entrata, cosa si aspettavano prima del 2007 e in che modo quelle aspettative siano state soddisfatte.
Il regime di Ceausescu è caduto ormai 35 anni fa, ma quanto di solido si è riusciti davvero a ricostruire dopo è, a questo punto, troppo poco. Per capirlo, oltre che parlare con la gente, basta passeggiare per il centro di Bucarest, dove a un bellissimo palazzo Art Neauveau si alterna un altro distrutto dai terremoti tra gli anni ‘70 e ‘80 che ancora aspetta di essere ristrutturato.
E queste due anime opposte in Romania convivono ovunque e in chiunque: da una parte l’Europa, dall’altra il passato.
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