Nella seconda metà del 2024, il processo di integrazione europea dei Paesi dei Balcani ha registrato sviluppi significativi per alcuni Stati e battute d’arresto per altri. In particolare, Albania e Montenegro hanno compiuto passi avanti nell’apertura dei negoziati di adesione, mentre Serbia e Macedonia del Nord hanno subito pesanti battute d’arresto.
Albania e Montenegro: avanzamento nei negoziati di adesione
Lo scorso settembre, gli ambasciatori degli Stati membri dell’Unione Europea hanno deciso all’unanimità di disgiungere il percorso di adesione dell’Albania da quello della Macedonia del Nord, come auspicato a lungo dal primo ministro albanese Edi Rama. Questa decisione ha permesso a Tirana di dare un nuovo potente slancio al proprio processo di integrazione europea, che si è concretizzato lo scorso 15 ottobre con l’apertura formale del primo gruppo di capitoli negoziali, denominato “fondamentali“. Questocluster comprende settori chiave come, tra gli altri, funzionamento delle istituzioni democratiche, riforma della pubblica amministrazione, sistema giudiziario e diritti fondamentali, criteri economici, appalti pubblici.
A conclusione della riunione a livello ministeriale che ha dato nuovo ossigeno alle speranze albanesi, il ministro degli esteri ungherese Péter Szijjártó a nome della presidenza ungherese del Consiglio UE si è detto molto soddisfatto per questo risultato in quanto una delle principali priorità della presidenza ungherese era proprio quella di far progredire l’allargamento dell’UE, considerando il bisogno europeo di rinnovato slancio, di nuova energia e di nuove prospettive, tutti elementi che i Balcani occidentali possono offrire. E infatti, a metà dicembre, appena due settimane prima della fine della presidenza ungherese, c’è stata un’altra riunione a livello ministeriale UE-Albania che ha aperto i negoziati su un nuovo cluster di capitoli, il terzo, ovvero relazioni esterne e politica estera, di sicurezza e di difesa.
Il Montenegro, invece, ha avviato i negoziati di adesione nel giugno 2012 e ha aperto 33 capitoli negoziali, di cui tre sono stati provvisoriamente chiusi. L’ultima conferenza di adesione con il Montenegro si è tenuta il 26 giugno 2024, la quale ha confermato che il paese sta rispettando tutti gli obiettivi previsti. A dicembre c’è stato un ulteriore passo in avanti quando l’UE si è detta pronta ad iniziare la stesura del trattato di adesione del Montenegro, che se prosegue su questa strada potrebbe raggiungere gli obiettivi e chiudere tutti i capitoli negoziali entro il 2026, con la speranza di entrare nell’UE nel 2028.
La Macedonia del Nord rallenta per le relazioni con la Bulgaria
La Macedonia del Nord ha visto rallentare il suo percorso verso l’UE a causa di controversie bilaterali, in particolare con Grecia e Bulgaria. Nel luglio 2022, sotto la presidenza francese del Consiglio UE, Skopje aveva accettato di modificare la propria costituzione per includere esplicitamente la minoranza bulgara nel proprio documento fondante, condizione posta da Sofia per revocare il veto sull’apertura dei negoziati.
Tuttavia, questo accordo non è mai stato messo in atto per mancanza di consenso politico interno, bloccando di fatto l’avanzamento del processo di adesione. Inoltre, nonostante l’accordo raggiunto con la Grecia e il cambio di denominazione ufficiale del paese da Repubblica di Macedonia a Macedonia del Nord, la vittoria della destra alle scorse elezioni ha riacceso la partita con le autorità elleniche a causa della forte contrarietà della presidente Gordana Siljanovska-Davkova all’accordo sul nome. E la recente decisione dell’UE di disgiungere i percorsi di Albania e Macedonia del Nord renderà il percorso macedone ancora più tortuoso.
Serbia in stallo
Per quanto riguarda la Serbia, il processo di adesione all’UE è sostanzialmente in stallo e crescono i dubbi tra i paesi occidentali. A dicembre, l’UE si è detta pronta ad aprire nuovi capitoli negoziali con Belgrado solo dopo sostanziali miglioramenti nei settori di stato di diritto e processo di normalizzazione delle relazioni con il Kosovo, per il cui stallo la Serbia porta notevoli responsabilità.
Tra gli elementi di maggiore apprensione c’è sicuramente il costante declino di tutti i parametri democratici e di libertà che il paese registra di anno in anno e che negli ultimi mesi hanno portato in piazza decine di migliaia di serbi per protestare contro i soprusi e i metodi dittatoriali del regime instaurato del presidente Aleksandar Vučić.
Inoltre, dall’inizio della guerra in Ucraina, la Serbia non si è mai allineata alla politica estera europea, risultando l’unico paese candidato a non aver introdotto le sanzioni contro la Russia, e non nascondendo il proprio rapporto di amicizia con il regime di Putin.
Kosovo e Bosnia Erzegovina ancora ai blocchi di partenza
La fine del 2024 non ha portato sostanziali sviluppi neanche per Bosnia Erzegovina, che ha ricevuto una decisione di apertura dei negoziati lo scorso marzo, né per il Kosovo, che è ancora in attesa proprio per le difficoltà nel dialogo con Belgrado e per la presenza di cinque stati membri UE che non ne hanno ancora riconosciuto l’indipendenza.
Il futuro dell’integrazione europea dei Balcani occidentali dipenderà dalla capacità di questi Paesi di attuare le riforme necessarie e di risolvere le controversie politiche interne e bilaterali con alcuni stati membri, nonché dalla volontà politica dell’UE di usare l’allargamento come risposta all’influenza russa ai propri confini, nonostante la crescita in vari stati membri di partiti di estrema destra storicamente più contrari all’allargamento europeo e più scettici rispetto alle istituzioni europee stesse.
Fonte immagine: Consiglio dell’Unione Europea