ARMENIA: Verso la candidatura all’UE per uscire dall’orbita russa

Il governo armeno ha presentato un disegno di legge per dare il via al processo di adesione all’Unione europea. Sullo sfondo interessi comuni, dall’economia alla geopolitica in funzione antirussa, ma anche il monitoraggio degli equilibri nella regione del Nagorno-Karabakh.

Un primo, timido passo di avvicinamento all’Unione europea. L’Armenia ha delineato un disegno di legge in cui si esprime la volontà di inoltrare domanda di adesione all’Ue, in netta contrapposizione alla storica vicinanza della piccola repubblica del Caucaso alla sfera di influenza russa. Il governo guidato dal premier Nikol Pashinyan ha fatto la sua mossa, adesso toccherà al parlamento armeno esprimersi sulla possibilità che Yerevan presenti formalmente la sua candidatura a Bruxelles.

Ad attendere l’Armenia è un percorso lungo e complesso, già affrontato in passato da Estonia, Lettonia e Lituania, che condividono con il Paese caucasico lo status di ex repubblica sovietica: all’eventuale approvazione parlamentare farà seguito un referendum su scala nazionale, dopodiché – se Bruxelles darà l’ok – cominceranno le negoziazioni con l’Unione europea e, contemporaneamente, un processo di adeguamento legislativo all’acquis europeo.

L’euroadesione, tra sforzi e ritorsioni

Già nel 2023, intervenendo all’emiciclo di Strasburgo, Pashinyan aveva affermato la disponibilità dell’Armenia a compiere tutti gli sforzi necessari per avvicinarsi all’Ue, pur senza esprimere aspirazioni all’adesione formale. Sostegno che adesso, a distanza di neanche due anni, sembra essere maturato nelle decisioni del governo, intenzionato a intavolare con Bruxelles una discussione quanto mai concreta per definire i prossimi passi.

Le difficoltà, però, non mancano. Con una popolazione che non supera i tre milioni di abitanti, la piccola repubblica è un alleato storico della Russia, tanto che il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha risposto alla volontà di aderire all’Unione europea sottolineando da un lato la libertà di scelta di Yerevan, ma ribadendo dall’altro l’urgenza di estrometterla dall’Unione economica eurasiatica il giorno in cui dovessero spalancarsi definitivamente le porte di Bruxelles.

Intanto lunedì 13 gennaio, proprio dalla capitale belga, il portavoce della Commissione, Anouar El Anouni, è intervenuto in conferenza stampa incalzato da un giornalista che ha domandato chiarimenti sulla posizione europea, proprio in considerazione della celere replica da Mosca. «Le discussioni in corso dimostrano l’attrattività dell’UE e dei nostri valori: Armenia e Europa non sono mai state tanto vicine come adesso, e il 2024 l’ha mostrato in modo evidente, con l’avvio del dialogo per la liberalizzazione dei visti e un’assistenza alle forze armate armene del valore di dieci milioni di euro. L’obiettivo è incrementare il sostegno finanziario attraverso il piano di resilienza e crescita, l’integrazione commerciale e la diversificazione energetica».

La questione del Nagorno-Karabakh

Le nubi che offuscano l’orizzonte europeo dell’Armenia riguardano i rapporti con il vicino Azerbaigian riguardo al Nagorno-Karabakh, la regione contesa fra i due Stati e teatro di ripetute violazioni dei diritti umani, più volte criticate anche da Bruxelles. Ad alimentare la tensione le recenti dichiarazioni del presidente azero Ilham Aliyev, secondo il quale «l’Armenia rappresenta una minaccia fascista che dev’essere annientata»: per il Paese guidato da Pashinyan, parole che suonano come il preludio a una riacutizzazione dello scontro.

Eppure, proprio gli screzi con Baku hanno in un certo senso permesso all’Armenia di sganciarsi dal giogo della Russia, sia pur bruscamente: nell’autunno del 2023, l’esercito di Mosca fallì nel tentativo di difendere l’autoproclamata repubblica di Artsakh, un feudo abitato dalla popolazione armena minacciato dalle truppe di Baku. Persa quell’enclave strategica nel Nagorno-Karabakh, di tutta risposta l’Armenia fuoriuscì dall’alleanza militare che la teneva legata proprio alla Russia.

Via da Mosca, direzione Bruxelles?

Quel gesto, effettuato in aperta polemica col Cremlino, ha dato inizio a un percorso di allontanamento dalla Russia e, contestualmente, ha finito per intensificare proprio il dialogo con l’Europa: visite ufficiali, scambi istituzionali e alcuni piccoli tentativi di riforma a livello normativo, tutti elementi che possono rappresentare oggi un fattore chiave per l’adesione alla famiglia europea.

Presto o tardi, la speranza dalle parti di Bruxelles è che il piccolo Stato caucasico non faccia la fine della vicina Georgia, dilaniata da forti scontri sociali e, per il momento, costretta a mettere da parte gli scenari europei per perseguire il sogno del partito di governo, quel “Sogno Georgiano” che intende continuare a tenere Tbilisi nell’orbita del Cremlino.

Foto: Olivier Delmee (Pixabay)

Chi è Simone Matteis

Giornalista freelance, allievo della Scuola "Giorgio Bocca" di Torino. Project manager di Europhonica, collabora con Linkiesta, La Stampa e Domani. Oltre che con East Journal, naturalmente!

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