RUSSIA: Il Cremlino e la stretta sui migranti

In una conferenza stampa tenuta il 26 luglio del 2024, la presidente della Banca Centrale russa Elvira Nabiullina è stata molto netta nell’affermare che la maggioranza delle aziende stanno denunciando con sempre più forza la mancanza di manodopera creata dalla guerra e dalla mobilitazione. In poche parole, in Russia mancano lavoratori. Questa mancanza è stata in parte tamponata dall’arrivo di migranti provenienti dall’Asia Centrale e sarebbe logico creare le condizioni per una immigrazione ben strutturata e regolata da accordi bilaterali con i paesi di provenienza per riempire il vuoto di manodopera. Tuttavia, i vertici politici russi vogliono prendere una direzione diametralmente opposta. 

L’attentato al Crocus City Hall di Mosca è stato uno spartiacque

Storicamente, la Federazione Russa è stata la principale meta per i migranti provenienti dall’Asia Centrale, anche dopo l’invasione dell’Ucraina e il conseguente reclutamento di molti di loro nelle forze armate. Questi migranti rappresentano una componente significativa dei soldati inviati a combattere in Ucraina e, negli ultimi due anni, le autorità russe avevano semplificato l’ingresso e la permanenza di tagiki, uzbeki e kirghisi per favorire il reclutamento.

Tuttavia, l’attentato terroristico al Crocus City Hall di Mosca, costato la vita a circa 140 persone, ha segnato una svolta. Dopo l’attacco, in tutta la Russia si sono intensificati episodi di violenza contro migranti, in particolare contro quelli provenienti dall’Asia Centrale. Il giornale indipendente Mediazona ha denunciato arresti arbitrari e casi di tortura da parte delle autorità, mentre le aggressioni fisiche e verbali si sono moltiplicate. L’avvocata Valentina Chupik ha riferito, in un’intervista, di aver ricevuto oltre 2500 segnalazioni di atti di violenza contro migranti nei soli due giorni successivi all’attentato.

Questa crescente ondata di psicosi anti-immigrazione ha alimentato campagne d’odio e discriminazione online, con gruppi Telegram filogovernativi che invocano politiche più restrittive nei confronti dei migranti e che rilanciano slogan come “Russia per russi!”. Già la guerra in Ucraina aveva ampiamente sdoganato l’odio e la violenza, ma adesso la xenofobia sembra essere diventata una vera e propria questione di stato. Il capo della polizia di Mosca, ad esempio, ha detto pubblicamente che il suo compito è quello di “illuminare la regione di Mosca, in modo che non venga oscurata, per così dire, dagli stranieri.” Oppure il patriarca Kirill ha affermato che gli immigrati “cambiano il volto delle città russe” e che rappresentano una “minaccia alla cultura tradizionale [Russa]”. In un clima così teso, e così ostile nei confronti dei migranti, i vertici politici russi al Cremlino o alla Duma daranno comunque ascolto alla presidente della Banca Centrale che pubblicamente ha dichiarato che serve più manodopera straniera?

“Se venite, avrete una vita infernale”

La domanda è retorica e presuppone una risposta negativa. La Duma di Stato ha già approvato una legge che provocherà una crisi migratoria senza precedenti e i cui effetti si faranno sentire anche al di fuori dei confini della Federazione Russa. Secondo la legge, il Ministero degli Interni prevede di rilasciare ai migranti un documento che certifica la loro identità al posto dei personali passaporti nazionali, probabilmente confiscati.

Questo documento conterrà i dati personali del migrante, mentre ulteriori informazioni, tra cui il suo stato giuridico in Russia, saranno contenute in un database e accessibili solo dalla polizia. In questo modo il migrante non saprà mai se si trova in Russia legalmente e la polizia potrebbe tranquillamente ingannarlo sul suo status. In teoria la polizia avrebbe il diritto di detenere i documenti solo di migranti ricercati per reati penali, ma ora potrà trattenere chiunque, confiscare i documenti e perseguirli per violazioni inesistenti e totalmente inventate. Uno studio ha già dimostrato che basta non avere un aspetto slavo per vedersi aumentata di venti volte la possibilità di essere fermato dalle autorità. In altre parole, se sei bianco puoi stare più o meno tranquillo, altrimenti no. In Russia ci sono circa un milione di tagiki e circa 10 milioni di migranti provenienti dai paesi dell’Asia centrale, secondo le cifre del ministero dell’Interno russo, ed è realistico immaginare che questa legge andrà a colpire in modo particolare loro.

Gli aspetti controversi ovviamente non finiscono qui. Ad esempio, in caso di espulsione (decisa senza ordine di un tribunale) al migrante non verrebbe data nessuna spiegazione e non ci sarebbe modo di evitarla. Non a caso nel 2024 sono stati espulsi più di 80 mila stranieri e apolidi dalla Federazione Russa, il doppio rispetto al 2023, come riferisce l’agenzia di stampa TASS. A chi dovesse decidere di migrare in Russia verrà fatto firmare un “accordo di lealtà” per rispettare le “leggi e le tradizioni della Russia” e l’impegno prevede anche di non “abusare contro le autorità”. Nella pratica, ciò significa che l’individuo deve accettare qualsiasi cosa gli venga detta senza possibilità di ricorso. Gli effetti di questa legge si sono già rivelati devastanti e hanno prodotto un paradosso: meglio essere illegali che legali.

Questo avrà delle evidenti ripercussioni economiche in quanto settori chiave dell’economia russa verranno travolti, mentre aumenteranno a dismisura fenomeni come corruzione e lavoro nero che porteranno ad un aumento dei costi, inflazione e malcontento sociale. L’approvazione della legge aggraverebbe la povertà e l’instabilità in Asia Centrale, interrompendo le rimesse dei migranti e costringendo i regimi locali a cercare nuove strade, anche con paesi ostili alla Russia. La recente visita del Cancelliere tedesco in Uzbekistan è da inquadrarsi proprio in questo contesto in quanto hanno discusso proprio di immigrazione. Bloccare la legge sarebbe nell’interesse economico, sociale e geopolitico di Mosca, sia per evitare di creare una bomba sociale, sia per migliorare le relazioni coi vicini centro asiatici.

Dal punto di vista economico, il patto di fiducia tra Banca Centrale e Cremlino sembra essere saltato. I vertici politici russi che di fatto sconfessano il ruolo di Elvira Nabiullina, che avrebbe preferito misure opposte vista la crisi di manodopera, può essere un passaggio chiave per leggere le future mosse di Mosca. Una Russia consegnata all’economia di guerra, senza una visione strategica di politica industriale, avrebbe una sola possibilità di sopravvivenza con Putin al potere. Fare la guerra a tutti i costi. D’altronde lo zar ha già dichiarato che “la guerra fa bene all’economia”.

Foto: Elvira Nabiulina, WikimediaCommons

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