Ungheria

UNGHERIA: Quando la politica estera prevale sui destini delle minoranze linguistiche

In nome delle proprie alleanze politiche, l’Ungheria sta dimostrando un doppio standard sulle nuove normative in Slovacchia e in Ucraina.

Nelle scorse settimane due delle storiche minoranze magiare d’oltreconfine sono state coinvolte da discussi disegni di legge, potenzialmente pericolosi per le loro libertà linguistiche. Da Budapest però sono arrivate reazioni contraddittorie che tradiscono la volontà di sacrificare, almeno momentaneamente, il principio della fratellanza ungherese all’altare di delicate contingenze internazionali, come la guerra russo-ucraina e il semestre di presidenza del Consiglio UE.

Indulgenza per il disegno di legge slovacco

Alla fine di ottobre il quotidiano slovacco in lingua ungherese Napunk ha ricevuto dal Ministero della Cultura la bozza di un nuovo progetto di legge sulla lingua nazionale. Da quanto si apprende la norma, se approvata dal parlamento, potrebbe comportare significative restrizioni sull’utilizzo dell’ungherese (parlato da quasi 500.000 persone) e un aumento delle multe per i trasgressori. Gli ambiti più coinvolti sarebbero i trasporti pubblici, gli uffici postali, i manifesti pubblicitari e gli esercizi turistici, come bar e ristoranti. In questi contesti il testo in slovacco dovrà precedere o perfino sostituire tutti gli altri, e non sembrano previste eccezioni per i distretti meridionali del paese, dove la componente magiarofona costituisce la maggioranza.

Critiche e perplessità sono state subito sollevate sia dall’opposizione interna sia da osservatori esterni. Il governo di Robert Fico è stato accusato di nazionalismo retrivo, di affinità con le politiche di Vladimir Meciar, premier anti-ungherese degli anni novanta, e di aver messo in pericolo, oltre alla libertà linguistica, anche quella di iniziativa economica. La ministra Martina Simkovicova, iniziatrice del disegno di legge, ha precisato però che questo non è diretto contro le minoranze, ma si limiterebbe a proteggere la lingua slovacca dalle influenze esterne e a chiarire alcune ambiguità presenti nel testo in vigore, in modo tale da rendere più agevole e più efficace la sua applicazione.

Contro ogni pronostico, tra le reazioni più indulgenti alla proposta di Simkovicova figura proprio quella del governo ungherese. Nonostante le rassicurazioni di rito sul monitoraggio dell’iter legislativo e della tutela dei suoi destinatari, troppo importante per i due paesi mantenere le migliori relazioni possibili in questa fase di grandi trasformazioni internazionali. Così lo scorso 11 novembre, in occasione dell’incontro tra il Ministro degli esteri magiaro Peter Szijjarto e il presidente del parlamento slovacco Peter Ziga presso il castello di Bratislava, la simbiosi è stata ribadita ancora una volta. Nella conferenza stampa congiunta Szijjarto ha espresso totale fiducia sui reali obiettivi della nuova norma e sul rapporto personale con i suoi interlocutori.

Intransigenza per la Transcarpazia ucraina

Sullo stesso tema Budapest sta però mostrando un atteggiamento decisamente diverso nei confronti dell’Ucraina, citata più volte da Szijjarto come esempio negativo di tutela delle minoranze proprio in contrapposizione al caso slovacco. Nell’Oblast della Transcarpazia, l’estremo occidentale del paese, vivono oltre 100.000 ungheresi e le allusioni del ministro hanno con ogni probabilità un obiettivo preciso: il disegno di legge 12086, proposto in ottobre alla Verkhovna Rada dall’onorevole Nataliya Pipa.

Si tratta di un provvedimento restrittivo sull’utilizzo scolastico delle altre lingue oltre all’ucraino, con particolare riferimento alle situazioni private, durante le pause all’interno e nei dintorni degli edifici preposti. Il ministro dell’Istruzione Oksen Lisovyi ha garantito pubblicamente che la legge sarà indirizzata soprattutto contro la lingua russa, ma la minoranza magiara si è fatta comunque sentire con una dichiarazione di protesta firmata congiuntamente dalle sue associazioni politiche, culturali e professionali.

Il caso si inserisce in una dinamica conflittuale di lungo periodo tra Ungheria e Ucraina, che ha vissuto un primo picco dopo la riforma dell’istruzione approvata nel 2017 dall’allora presidente Petro Poroshenko, e un secondo nell’ultimo biennio, conseguente alla postura filo-russa assunta dal governo Orban sulla guerra in corso. Contestualmente l’ostruzionismo dell’Ungheria sull’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea fa leva sulle stesse questioni etnico-linguistiche. Forte del semestre di presidenza del Consiglio UE, Budapest ha recapitato a Kiev un elenco di undici nuove richieste in favore dei magiari della Transcarpazia inerenti a svariati temi tra cui scuola, amministrazione, politica e reclutamento militare.

La “Grande Ungheria” sullo sfondo

Detto delle contingenze internazionali e delle loro ricadute sull’agenda di Budapest, alcuni segnali, seppur meno visibili, permettono di ritrovare coerenza nella prospettiva del governo Orban, da sempre impegnato nella fidelizzazione della comunità etnica magiara nella sua totalità. Se i propositi di annessione della Transcarpazia recentemente manifestati dal partito di estrema destra Mi Haznak (Nostra Patria) vanno considerati una fuga in avanti, lo stesso Szijjarto, prima della sua missione a Bratislava, aveva tenuto a specificare che i confini dell’Ungheria non coincidono con i confini della nazione.

I dati riportati dal ministro sugli investimenti pubblici del 2024 in favore delle minoranze all’estero parlano chiaro: centinaia di milioni di euro sono stati devoluti in favore di aziende, borse di studio, siti memoriali e programmi culturali. Ad essi va aggiunto il piano per l’apertura di 10 nuovi valichi di frontiera con i paesi confinanti entro i prossimi due anni, per rendere la “Grande Ungheria” sempre più connessa.

Foto: Hungary Today

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