ROMANIA: L’eredità del decennio Iohannis

La Romania elegge il nuovo presidente della Repubblica: il punto sull’eredità di Klaus Iohannis dopo dieci anni di presidenza.

A dieci anni dalla sua prima elezione, il 21 dicembre Klaus Iohannis lascerà Palazzo Cotroceni dopo due mandati consecutivi come Presidente della Repubblica di Romania.

Si concludono gli anni della „Romania del lavoro ben fatto” e della „Romania Normale”, come recitavano gli slogan delle sue campagne elettorali, ricordati come gli anni delle proteste di piazza, dalla tragedia del Colectiv, dalla pandemia di Coronavirus e dalle crisi di governo.

Cosa lascia in eredità ai suoi successori Klaus Iohannis –  definito spesso dai media rumeni come “il più pigro dei presidenti” – e cosa è cambiato nei dieci anni in cui è stato in carica potrebbero dircelo i resoconti diplomatici dei suoi numerosi viaggi istituzionali, ma molti di questi dati sono stati segretati per ragioni di “sicurezza di stato”: dei viaggi all’estero per promuovere l’immagine della Romania si conoscono spesso solo i discorsi ufficiali pronunciati alle TV pubbliche, mentre le riforme da lui promosse hanno faticato a trovare attuazione normativa nonostante i grandi annunci e i buoni propositi.

A un anno dalla sua prima elezione a presidente, Iohannis ha subito dovuto confrontarsi con l’ incendio della discoteca Colectiv e con i casi di corruzione del sistema sanitario rumeno che ne seguirono: le forti proteste di piazza costrinsero l’allora primo ministro Victor Ponta alle dimissioni e a nominare un nuovo capo di governo, la prima nomina della carriera di Iohannis in qualità di presidente della repubblica.

Nel 2018, quasi al termine del suo primo mandato, ha poi dovuto confrontarsi con il tentativo del leader del partito di estrema destra AUR George Simion di sfiduciarlo per essersi rifiutato di convalidare la revoca di Laura Codruța Kovesi dalla funzione di capo del Dipartimento Nazionale Anticorruzione (DNA). La procuratrice si era pronunciata pubblicamente in maniera contrariata e molto preoccupata in merito ad alcune riforme legislative del sistema giudiziario e del codice penale rumeno portate avanti dall’allora ministro della giustizia Tudor Toader, il quale ne richiese immediatamente la destituzione dall’incarico.

Dato il parere negativo del Consiglio Superiore della Magistratura a riguardo, Iohannis aveva dunque annunciato di non voler proseguire con le procedure di revoca di Codruța Kovesi. Simion aveva quindi fatto ricorso alla Corte Costituzionale avanzando la proposta di sospendere Iohannis per il mancato adempimento dei suoi doveri istituzionali.

Seguendo l’iter previsto dalla Costituzione rumena, per ottenere la sospensione del presidente è necessario raccogliere il sostegno di almeno un terzo di senatori e deputati del parlamento e, se raggiunto, organizzare un referendum popolare entro trenta giorni dalla votazione delle camere.

Ma il silenzioso ed efficace lavoro politico di Iohannis è riuscito a risparmiargli la sospensione e l’anno dopo, anzi, annunciava di candidarsi per un secondo mandato da presidente della repubblica: Iohannis ha vinto le elezioni del 2019 con il 65% dei voti contro il 34% della sua sfidante Viorica Dăncilă.

Il secondo mandato

Il suo secondo quinquennio a Cotroceni è cominciato con il programma di riforme da lui stesso chiamato “Romania Educata”, mirato a migliorare le condizioni del sistema educativo rumeno attraverso una lunga consultazione pubblica, la prima del genere in Romania, che ha coinvolto la società e le associazioni del settore ma che non ha avuto alcun interlocutore politico fino alla nomina di Ligia Deca come ministro dell’educazione del governo Ciucă. Iniziato nel 2019, il progetto “Romania Educata” è stato trasformato in legislazione solo quest’anno, tra le critiche di studenti e professori.

Negli ultimi anni di quest’ultimo mandato, Iohannis è quasi scomparso dalla scena pubblica rumena, preferendo lunghi viaggi all’estero a bordo di costosi jet privati pagati con denaro pubblico. Le spese di viaggio e l’agenda politica delle trasferte presidenziali non sono mai state rese pubbliche: dal 2013, infatti, è possibile mantenere il segreto di stato sulle spese sostenute dal presidente per i suoi viaggi istituzionali, nonostante la crescente insofferenza dell’opinione pubblica nei confronti di Iohannis abbia addirittura portato la società civile a una petizione per desegretarli.

Impossibilitato a correre per un terzo mandato da presidente, visto che la legislazione rumena vieta di mantenere la carica oltre i due mandati anche nel caso questi non siano consecutivi nel tempo, nel 2023 Iohannis ha tentato la carriera internazionale candidandosi a segretario generale della NATO, senza però avere successo se non nel rafforzare l’impegno militare della Romania attraverso la costruzione della più grande base militare NATO d’Europa: la base “Mihail Kogalniceanu”  di Costanza, sulla costa del Mar Nero.

Iohannis, inoltre, a partire già dagli anni del suo primo mandato, ha ampliato il concetto di “sicurezza nazionale” includendone all’interno diversi settori d’interesse pubblico, come quelli della cultura e della sanità, rendendo così più facile normarli attraverso decreti d’urgenza piuttosto che con i normali iter di discussione parlamentare, mettendo così a rischio la giovane democrazia rumena.

Si conclude quindi un decennio di presidenza che lascia parecchia amarezza, soprattutto tra i rumeni della diaspora, che di Iohannis sono stati forti sostenitori già alle elezioni del 2014.

Foto: Profimedia

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