L’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca avrà ripercussioni anche sui paesi balcanici e sulle scelte dei vari leader nazionali. Dodik ha platealmente festeggiato il risultato, Vučić aspetta di raccogliere i frutti soprattutto nei confronti del Kosovo dove invece la posizione del primo ministro Kurti sembra essere adesso più difficile.
“Donald Trump non è estraneo ai Balcani occidentali. Le loro storie si intrecciano e hanno già gettato le basi per un rapporto imprevedibile”. Questa breve analisi di Radio Free Europe in lingua albanese sintetizza al meglio l’attuale rapporto tra i paesi della regione balcanica e il neo eletto 47° Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump.
Il rapporto è nato durante il suo primo mandato alla Casa Bianca, dal 2016 al 2020. Le attuali aspettative dei vari leader balcanici sull’operato del Tycoon nei prossimi quattro anni hanno dunque preso forma a partire dall’esperienza passata, tuttavia, soprattutto in politica estera, Trump ha sempre fatto dell’imprevedibilità la sua caratteristica prevalente.
L’entusiasmo di Dodik
Quasi tutti i capi di stato della regione si sono congratulati con Trump per la “straordinaria vittoria”, ma tra i più entusiasti della notizia c’è sicuramente il presidente della Republika Srpska, l’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina, Milorad Dodik, secondo cui la vittoria di Trump è “anche la nostra vittoria perché significa una migliore situazione geopolitica per la Republika Srpska”. Il leader dei serbo-bosniaci è convinto che la RS possa ottenere qualcosa dalla prossima amministrazione Trump, ad esempio carta bianca da Washington verso mosse volte ad una maggiore autonomia da Sarajevo o addirittura la totale indipendenza dell’entità serba rispetto alla Bosnia.
Il leader serbo-bosniaco è stato immortalato la sera delle elezioni mentre brindava con il suo staff per festeggiare i risultati delle elezioni in USA, arrivando ad illuminare il palazzo governativo di Banja Luka con i colori della bandiera americana. L’ottimismo di Dodik potrebbe essere legato anche alla speranza che il nuovo Presidente decida di ritirare le sanzioni emesse verso di lui e verso altri membri del suo partito nel 2022 da parte del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti d’America.
Le aspettative di Belgrado
Il presidente serbo Aleksandar Vučić si è invece trattenuto nei festeggiamenti, ma anche lui ha accolto con favore l’elezione di Trump e pochi giorni dopo lo ha chiamato per congratularsi personalmente ed esprimergli la speranza che le relazioni tra i due paesi possano continuare a migliorare in tutti i settori. Nei rapporti tra Stati Uniti e Serbia ha sempre contato anche le relazioni di entrambi i paesi con la Russia e la guerra in Ucraina ha esacerbato questa situazione. In campagna elettorale, Trump ha più volte promesso di voler riportare la pace a Kiev e se questo dovesse passare dal fare concessioni a Vladimir Putin, la Serbia spera di trarne vantaggio nei rapporti di forza nei Balcani.
Le speranze di Vučić sulla seconda presidenza Trump riguardano in particolare la questione Kosovo che il Tycoon affrontò in maniera parziale già durante il suo primo governo. Nel 2018 nacque l’ipotesi di uno scambio di territori tra Serbia e Kosovo. La proposta, nata dai due leader dell’epoca Vučić e Hashim Thaçi, prevedeva una revisione dei confini in senso etnico. La valle di Preševo nella Serbia meridionale, ma a maggioranza albanese, sarebbe passata sotto il controllo di Pristina e i quattro comuni serbi a nord del fiume Ibar invece avrebbero fatto il percorso inverso. Il piano avrebbe dovuto porre la parola fine alla questione dell’indipendenza del Kosovo, ma non venne mai messo in atto anche perché nella realtà molto più complicato rispetto a come veniva raccontato dalla politica. Secche condanne al progetto, per esempio, arrivarono dalla Germania, all’epoca governata dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, e dalla Gran Bretagna.
Nel 2020 Trump tornò ad occuparsi di “normalizzazione” dei rapporti tra Serbia e Kosovo e a questo giro riuscì anche a far firmare un documento ai due leader Vučić e dall’allora premier kosovaro Avdullah Hoti. L’accordo firmato alla Casa Bianca venne subito definito come “storico”. In realtà però ha cambiato ben poco nelle relazioni tra i due paesi ed è invece stato una vittoria per Washington e Israele, con quest’ultimo che ha visto il Kosovo aprire la propria ambasciata a Gerusalemme in cambio del riconoscimento dell’indipendenza. Riguardo i rapporti tra Belgrado e Pristina il testo si limitò a promuovere la realizzazione di collegamenti stradali e ferroviari tra le due capitali e la regolarizzazione del passaggio di frontiera, progetti mai portati effettivamente avanti.
Le paure del Kosovo
Anche l’attuale primo ministro kosovaro Albin Kurti si è complimentato con Trump, ma per il Kosovo il presidente ideale sarebbe stato probabilmente Kamala Harris. A Pristina, vi sono timori su un possibile disimpegno degli USA rispetto alla forza NATO presente in Kosovo, che gioca un ruolo importante nell’evitare il riaccendersi di un conflitto. La sensazione a Pristina è che la presidenza di Joe Biden sia stata per il Kosovo una grande occasione persa per migliorare il proprio status nella regione balcanica e in Europa. In questi anni, invece, Kurti ha portato avanti una politica spesso poco apprezzata da Stati Uniti e UE e ciò potrebbe non essere di aiuto nel costruire un rapporto proficuo con la prossima amministrazione statunitense.
Problema che si aggraverebbe nel caso in cui Trump dovesse riportare nella sua squadra di governo Richard Grenell, che già nel 2020 si è occupato di Balcani e che è notoriamente ostile al governo Kurti ed è invece considerato molto vicino a Belgrado. Lo stesso Grenell sembra abbia avuto un ruolo nello sviluppare i rapporti economici della famiglia Trump nei Balcani, in particolare i grandi investimenti immobiliari e turistici portati avanti dal genero del neo-presidente americano Jared Kushner in Serbia e in Albania, con il benestare dei rispettivi governi e con seri rischi di pericolosi conflitti di interesse.
In generale il probabile disinteresse del nuovo presidente americano verso l’Europa, e quindi anche verso i Balcani, potrebbe favorire i vari leader nazionalisti, che sperano di avere mano libera, con conseguenti rischi di tensioni.
Foto: ISPI