Il film fantascientifico ucraino U are the Universe di Pavlo Ostrikov è stato presentato nella sua anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival.
Il Trieste Science+Fiction Festival, evento dedicato al cinema fantascientifico internazionale, è il quadro perfetto per l’opera di Pavlo Ostrikov, che ha debuttato al Toronto International Film Festival lo scorso Settembre, una delle due sole opere est europee ad avere l’anteprima mondiale al prestigioso festival (l’altro film – di cui tratteremo presto – è Under the Volcano di Damian Kocur, che, curiosamente, ha in comune con U are the Universe il direttore della fotografia, Nikita Kuzmenko, che si è già distinto in passato per il suo lavoro in Pamfir).
La premessa di U are the Universe non può essere più catastrofica: in un futuro in cui lo spazio è all’inizio di un processo di colonizzazione, un conflitto fa letteralmente esplodere il pianeta Terra. Andriy, alla guida di quello che la produzione del film descrive come un “camion spaziale”, un’astronave adibita al trasporto con il solo conducente a bordo, si ritrova improvvisamente ad essere l’ultimo essere umano in vita, almeno così pare inizialmente. Ad accompagnare questo personaggio è Max, un’intelligenza artificiale di bordo, dal design che ricorderà ai più grandi appassionati del cinema fantascientifico il computer GERTY dal film Moon del 2009 – con il quale il film di Ostrikov condivide molte similitudini estetiche o di trama.
U are the Universe ha le premesse per essere un film interessante – e ne ha anche le capacità tecniche, dato che gli effetti speciali, sviluppati da un’azienda ucraina, rivaleggiano con gli equivalenti hollywoodiani – ma che condivide i diffetti che spesso hanno le produzioni fatnascientifiche di paesi europei. Spesso, anziché creare un proprio linguaggio visivo o tecnico, il cinema fantascientifico guarda allo scenario anglofono e tenta di imitarlo, e così fa largamente anche U are the Universe. Certo, gli studios hollywoodiani difficilmente avrebbero scelto di approvare un soggetto che parte da una premessa talmente oscura come il film di Ostrikov, ma è difficile non percepire nel senso più estetico del film, nel design della navicella o nelle scelte di rappresentazione una costante derivazione.
Nonostante questa lacuna, il lungometraggio compie alcune scelte coraggiose, che rendono il film un’opera che coniuga in modo stranamente armonioso un senso di satira, di disperazione ma anche romanticità.