E’ stata inaugurata a Tirana la più grande moschea dei Balcani, un investimento politico e culturale della Turchia. In parallelo, il presidente turco Erdoğan ha promesso al premier albanese Rama anche numerosi droni kamikaze.
Nei giorni scorsi a Tirana è stata inaugurata una nuova moschea, la più grande nei Balcani e denominata Namazgah. Il nuovo edificio può ospitare fino a 10.000 fedeli, è composto da quattro minareti alti 50 metri e una cupola alta 30, e include un centro culturale, una biblioteca, una sala per conferenze, uno spazio per esposizioni e una scuola coranica.
Si trova nei quartieri centrali della capitale albanese, ma la sua costruzione è stata finanziata completamente dalla Turchia tramite il Direttorato per gli affari religiosi (Diyanet), una antica amministrazione con ruolo di supervisione religiosa che negli ultimi anni il governo turco ha utilizzato soprattutto per progetti che potessero promuovere l’Islam sunnita nel mondo.
I lavori, iniziati nel 2015, sono costati circa 30 milioni di euro ed il progetto è volto a rafforzare i legami bilaterali tra i due paesi che sono storici partner strategici e commerciali e nel 2023 hanno festeggiato 100 anni di relazioni diplomatiche. Ankara nel tempo ha contribuito notevolmente al potenziamento delle infrastrutture albanesi in molti settori economici e ad oggi le aziende turche nel paese sono oltre 600.
L’inaugurazione della moschea e la collaborazione militare
All’evento di presentazione, in una città riempita di bandiere bianco-rosse, ha preso parte anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il quale si è detto convinto della necessità di raddoppiare il commercio annuale tra i due paesi portandolo a circa 2 miliardi di euro.
I due paesi, entrambi membri NATO, sono anche partner militari. Erdoğan difatti donerà all’Albania anche numerosi droni kamikaze, i famosi Bayraktar. Il gesto secondo il primo ministro albanese Edi Rama è da interpretare in questo senso: “Nessuno dovrà preoccuparsi di chi colpirà l’Albania, ma rappresenta per tutti un chiaro messaggio, l’Albania è inattaccabile».
Se dal lato economico e commerciale Erdoğan e Rama hanno mostrato una certa sintonia, questa è invece mancata quando si è toccato il tema legato alla questione mediorientale e in particolare al conflitto israelo-palestinese. Entrambi i leader si sono detti a favore di un cessate il fuoco a Gaza, ma su Hamas Rama ha tenuto una posizione più dura condannando qualsiasi fonte di terrorismo «che non ha posto in un futuro pacifico di due Stati sovrani». Erdoğan ha invece concentrato la sua attenzione su Israele accusato di genocidio e di essere una «minaccia per l’ordine globale».
Successivamente il presidente turco ha avuto un incontro anche con Edmond Brahimaj, noto come Baba Mundi, e leader della confraternita islamica di ispirazione sciita dei bektashi. Nata nel XIII secolo in Turchia, questa particolare setta musulmana – considerata la quarta confessione religiosa ufficiale in Albania – si è imposta come promotrice di un Islam moderato e tollerante. Con questi valori ha attirato l’attenzione anche dello stesso Rama che negli scorsi giorni ha annunciato un progetto per la nascita di uno “Stato sovrano dell’Ordine Bektashi” ovvero un microstato (più piccolo anche del Vaticano) all’interno della capitale Tirana e dove poter seguire e promuovere i valori dell’ordine sufi.
La Turchia di Erdoğan e la dottrina della “profondità strategica”
Gli investimenti fatti dal governo di Erdoğan nei paesi balcanici, in Bosnia e Albania su tutte, ma anche in Serbia, fanno parte di una strategia economica, politica e culturale iniziata negli anni ’90 e ideata dall’ex primo ministro Ahmet Davutoğlu. Si tratta della cosiddetta dottrina della “profondità strategica” che prevede di mantenere una politica attiva in tutte quelle zone confinanti o vicine e che in passato hanno fatto parte dell’Impero Ottomano. Tra queste i paesi balcanici con cui i buoni rapporti, i legami storici, culturali e sociali possono diventare un mezzo per promuovere gli interessi economici della Turchia.
La costruzione di una così importante moschea a Tirana rientra perfettamente in questa strategia che rivolge notevole attenzione a tutti quei paesi dove sono presenti forti comunità di religione musulmana, ma che non si limita soltanto ad essi ed è infatti arrivata anche in Serbia. Sebbene nel 2008 Ankara abbia riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, il rapporto con Belgrado è poi andato sempre migliorando anche per via del forte impegno turco nel promuovere lo sviluppo economico della regione del Sangiaccato di Novi Pazar, a maggioranza bosgnacca musulmana.
L’aspirazione della Turchia è di potersi presentare come attore capace di stabilizzare la penisola balcanica rimanendo mediatore neutrale nelle frequenti dispute bilaterali e allo stesso tempo rivolgere attenzioni e investimenti in quei paesi con forte presenza musulmana. Anche la politica estera ed economica portata avanti da Rama sembra essere ormai molto chiara e l’obbiettivo è quello di attrarre in Albania la più grande quantità possibile di investimenti stranieri con uno sguardo sia all’Europa (è il caso dell’Italia) sia al mondo musulmano rappresentato in questo caso dalla Turchia.
Foto: AGI