Balcani ONU
FILE PHOTO: Russia's Foreign Minister Sergei Lavrov addresses the 78th Session of the U.N. General Assembly in New York City, U.S., September 23, 2023. REUTERS/Eduardo Munoz/File Photo

BALCANI: I leader parlano all’Assemblea ONU, tra retorica, nazionalismo e nuove proposte

Tra il 23 e il 27 settembre si è tenuta al quartier generale delle Nazioni Unite a New York la settimana di alto livello nell’ambito della 79esima sessione dell’Assemblea generale ONU, in cui tutti i capi di stato o governo dei paesi membri hanno tenuto un discorso.

Per quanto riguarda i paesi dei Balcani occidentali, Serbia e Bosnia-Erzegovina sono stati rappresentati dai propri capi di stato; mentre per conto di Albania, Croazia, Macedonia del Nord e Montenegro sono stati i leader del governo a rivolgersi all’Assemblea generale. Il Kosovo, non essendo uno stato membro ONU, non ha visto né la presidente Vjosa Osmani né il primo ministro Albin Kurti parlare di fronte all’Assemblea, sebbene entrambi si siano recati a New York e abbiano tenuto numerosi incontri bilaterali e partecipato a molteplici eventi a margine del dibattito .

Tra generali e scontati inviti a lavorare per la pace ed un mondo più equo, supporto per i Sustainable Development Goals e la carta ONU, ci sono stati alcuni passaggi particolarmente rilevanti soprattutto nei discorsi di Edi Rama, primo ministro albanese, Aleksandar Vučić, presidente serbo e Denis Bećirović, presidente bosniaco della presidenza tripartita.

Rama tra Israele, Kosovo e il nuovo Vaticano

Rama si è presentato sul palco indossando il fiocco giallo diventato simbolo del dolore delle famiglie degli ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023 da Hamas e della richiesta della loro incondizionata liberazione, confermando la solidarietà ed il supporto dell’Albania nei confronti di Israele. La parola chiave del suo discorso è stata tolleranza, necessaria oggi più che mai, definita non come la mera e passiva accettazione delle diversità ma come la capacità di dialogare con rispetto, di costruire ponti e di ergersi a difesa delle ingiustizie. Come esempio pratico Rama ha portato proprio quello degli albanesi cristiani e musulmani durante la seconda guerra mondiale nei confronti degli ebrei, che hanno trovato un rifugio sicuro nel paese facendo dell’Albania l’unico paese che nel periodo nazista ha visto il numero di ebrei aumentare e non diminuire.

Per quanto riguarda i Balcani, la cui situazione a detta sua non è mai stata migliore di oggi, Rama ha espresso la necessità di guardare al passato con gli occhi del futuro, e non al futuro con gli occhi del passato, per raggiungere una definitiva pace e stabilità. Nel suo discorso, Rama non ha ovviamente mancato la possibilità di parlare della fraterna Repubblica del Kosovo, definita uno Stato con una chiara prospettiva europea e saldamente appartenente alla comunità democratica, smentendo anche ogni parallelo artificialmente creato tra il Kosovo e le aree ucraine sotto occupazione russa.

Da notare anche che, appena cinque giorni prima, parlando al summit ONU per il futuro, Rama aveva annunciato il supporto per la trasformazione dell’Ordine dei Bektashi in uno stato indipendente all’interno di Tirana, seguendo il modello di stato confessionale del Vaticano e diventando quindi un simbolo di moderazione, tolleranza e convivenza pacifica in cui le donne potranno indossare quello che vogliono e non ci saranno regole di derivazione religiosa sullo stile di vita. Nati nell’ex impero Ottomano come un ordine mistico musulmano sufi e poi cacciati da Ataturk, i Bektashi sono arrivati in Albania più di un secolo fa. Si definiscono come i veri depositari dell’Islam e rifiutano l’uso della religione come mezzo politico. La proposta di Rama ha tuttavia suscitato parecchio scalpore in patria, in quanto questo sarebbe uno stato artificialmente creato; ma anche in Kosovo, per il timore di eventuali ricadute negative nel rapporto tra il patriarcato ortodosso di Peć ed il governo.

La retorica di Vučić 

Il presidente serbo Vučić ha esordito nel suo discorso definendo la Serbia come un paese di libertà e giustizia, impegnato da sempre a difendere i principi della carta ONU e del diritto internazionale. Citando Kennedy, Obama e Mandela, ha poi evidenziato come la pace perpetua possa esistere soltanto se viene fatta giustizia ed ha invitato il mondo al dialogo. Il suo intervento ha messo l’accento sulla resilienza del popolo serbo e può essere simbolicamente rappresentato con il mito di Davide contro Golia, ovvero la piccola Serbia contro le grandi potenze occidentali.

Al centro del discorso di Vučić vi è stata infatti la questione del Kosovo, in cui, secondo lui, i giganti dell’Occidente, screditando carta ONU e diritto internazionale, hanno abbracciato la violenza portando alla distruzione della Serbia stessa, la quale è rinata contro tutto e tutti grazie alla forza del suo popolo. È proprio sul rispetto del diritto internazionale che il presidente serbo ha posto il suo accento, riconoscendo da un lato l’integrità territoriale dell’Ucraina, e criticando dall’altro le potenze occidentali per il loro doppio standard. Infine, dopo aver affermato che la Serbia non sia né serva della Russia né degli USA, ed abbia i propri interessi e la propria politica, ha ribadito l’inevitabilità del futuro serbo all’interno dell’UE.

La Bosnia-Erzegovina e il principio di integrità territoriale

Denis Bećirović, presidente della Presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina, ha anch’egli iniziato il suo discorso sottolineando la forza del popolo del suo paese e dicendosi orgoglioso di servire “l’invincibile Bosnia-Erzegovina”, esempio di resilienza e coraggio le cui fondamenta sono salde nel principio di unità nella diversità. Il suo intervento ha avuto come il valore di integrità territoriale la propria linea guida, attaccando in modo frontale l’attuale leadership serba che rischia di mettere a rischio la stabilità del suo paese e della regione intera tramite la minaccia dell’uso della forza. Tra gli esempi portati vi è stato quello della risoluzione adottata dall’Assemblea pan-serba lo scorso giugno che ha definito contraria ad ogni principio contenuto nel diritto internazionale, europeo e nella carta ONU. Bećirović ha infine ringraziato l’Assemblea generale per aver adottato la risoluzione che ha istituito l’11 luglio come giorno internazionale per il ricordo del genocidio di Srebrenica, fortemente criticata invece da Vučić, e ne ha sottolineato l’importanza per preservare la verità storica.

Questi tre discorsi rappresentano in modo molto preciso l’attuale realtà dei Balcani. Da un lato infatti c’è Rama, che ormai da tempo ha cercato di assumere una posizione di primo piano nella regione cercando di avvicinare le parti tramite il dialogo ed iniziative comuni come Open Balkan; mentre dall’altra ci sono le forti tensioni inter-etniche causate da populismi, minacce secessioniste e letture della storia completamente diverse che rendono la riconciliazione estremamente difficile. L‘ONU dal canto non ha un record positivo nella regione, visto il precedente di Srebrenica e l’attuale presenza in Kosovo in attuazione della risoluzione 1244 con la missione UNMIK, la quale si è progressivamente svuotata delle sue funzioni e poteri e che è vista dalla popolazione kosovara come un ostacolo al progresso del paese. In questo senso, non sembra l’ONU la sede in cui passi avanti nella regione e soprattutto nelle relazioni tra Kosovo e Serbia potrebbero avvenire, e maggiori speranza sono riposte nel dialogo mediato dall’UE che potrebbe essere rivitalizzato dalla nuova Alta rappresentante UE per la politica estera e sicurezza comune, l’ex premier estone Kaja Kallas.

Immagine: Reuters

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