Formalmente attiva da oltre trent’anni, la cooperazione tra Italia e Kirghizistan è cresciuta in modo significativo con l’inizio della guerra in Ucraina, da quando il piccolo stato dell’Asia centrale è diventato uno dei principali intermediari per le esportazioni globali verso la Russia colpita dalle sanzioni.
L’Asia centrale non è mai stata così vicina all’Europa come negli ultimi due anni. Con l’inizio della guerra in Ucraina, il progressivo disimpegno russo in una regione da sempre considerata il cortile di casa del Cremlino ha riportato le vicende politiche ed economiche degli stan asiatici al centro dello scacchiere politico internazionale.
Petrolio, gas, terre rare e nuove rotte commerciali a cavallo tra due continenti rappresentano la posta in gioco nella nuova corsa al cuore dell’Eurasia. Una competizione nella quale anche l’Italia non ha alcuna intenzione di farsi trovare impreparata. L’interesse a stabilire nuove intese bilaterali con i paesi dell’Asia centrale è diventato nel tempo un punto dirimente nella programmazione strategica italiana soprattutto dopo i problemi riscontrati nell’approvvigionamento energetico, appaltato fino al febbraio 2022 in via quasi del tutto esclusiva a Mosca.
Sulla base di questo orientamento generale che vede Roma sempre più protesa a beneficiare del “serbatoio” di risorse messo a disposizione dalle economie emergenti delle ex repubbliche sovietiche centroasiatiche, di recente l’Italia ha accolto in visita ufficiale il presidente del Kirghizistan, Sadyr Nurgozhoevich Zhaparov.
Il capo di stato kirghizo ha incontrato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il premier italiano Giorgia Meloni. A margine dell’incontro sono stati firmati accordi di cooperazione in materia di giustizia e cultura ed è stata adottata una dichiarazione congiunta che esplicita la volontà dei due paesi ad approfondire i canali di dialogo e collaborazione negli ambiti di comune interesse, inclusi i principali temi dell’agenda regionale ed internazionale che vedono coinvolte Roma e Biškek.
Il Kirghizistan consente a Mosca di mantenere relazioni commerciali con le nazioni europee compresa l’Italia
Da sempre legato a Mosca, prima come parte dell’impero russo e poi come repubblica sovietica, nel corso dei decenni il Kirghizistan ha avuto non molte alternative per affrancarsi sul piano commerciale ed economico dall’influenza del suo storico partner, nemmeno dopo la sua indipendenza ottenuta nel 1991. Ma la situazione è cambiata in modo decisamente inaspettato dopo il febbraio 2022 quando le truppe del Cremlino hanno invaso l’Ucraina propiziando un brusco riassetto degli equilibri commerciali tra i paesi del vecchio continente e la Russia.
In questo scenario, l’aspro paese montuoso incastonato nel cuore dell’Asia centrale e senza sbocco sul mare è riuscito a trasformare la sua atavica debolezza in un punto di forza aiutando Mosca a destreggiarsi nelle complesse dinamiche commerciali mondiali alterate dal ritorno della guerra in Europa. Come membro dell’Unione Economica Eurasiatica (UEE) e dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO), l‘ex repubblica sovietica ha quindi sostenuto il Cremlino in tutte le strutture multilaterali regionali a guida russa, agevolando il flusso di merci russe verso l’Europa e viceversa.
Nel corso dei due anni di guerra in Ucraina tale cooperazione stretta tra la Russia e le altre repubbliche della regione centroasiatica (Kazakhstan e Uzbekistan) ha fatto da contraltare al blocco dei paesi occidentali alleati di Kiev consentendo al presidente Vladimir Putin di eludere in parte le sanzioni imposte da Ue e Stati Uniti.
L’impennata di scambi economici e commerciali di alcune nazioni europee come Germania, Lituania, Serbia, Repubblica Ceca, Italia verso il Kirghizistan, seguita alla guerra tra Mosca e Kiev, è la dimostrazione plastica del ruolo assunto da Biškek nel confronto-scontro a distanza tra Russia e Europa.
Dal 2022 le esportazioni dell’Ungheria verso il paese centroasiatico hanno toccato il 3100%, quelle della Bulgaria il 3200%, mentre dalla Slovenia c’è stato un rialzo del 3700% nell’interscambio bilaterale. La Serbia si fermata a +1500%, seguita da Romania +1800% e Slovenia +200%. Sempre a partire dallo stesso stesso periodo, le esportazioni dal Kirghizistan verso la Russia hanno superato di tre volte quelle del periodo precedente la guerra in Ucraina. Nonostante il suo profondo isolamento politico, in questi due anni Mosca è quindi riuscita a beneficiare della logistica dei flussi commerciali provenienti dai paesi europei facendo leva sul proprio soft power nella regione centroasiatica.
Gli affari italiani in Kirghizistan
La complessità geopolitica di una regione contesa da due grandi potenze (Cina e Russia), la lontananza dell’Europa, ma soprattutto la sostanziale mancanza di rapporti politici e culturali consolidati, nonché lo scarso interesse dei Paesi membri all’inserimento degli delle repubbliche dell’Asia centrale all’interno delle strutture dell’Unione Europea, hanno limitato fortemente l’azione di Bruxelles con i paesi centroasiatici anche dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
Ma le recenti distrazioni del Cremlino in un’area considerata da sempre di “faglia geopolitica”, insieme ai sistematici tentativi di penetrazione economica e industriale della Cina nella regione, hanno sparigliato le carte sul tavolo. E ora i paesi europei percepiscono la possibilità di implementare i benefici del trasporto continentale attraverso l’Asia Centrale come un’opportunità strategica alla loro portata.
Dal canto suo, l’Italia ha già tratto evidenti benefici dalla cooperazione bilaterale con il Kirghizistan portando l’interscambio bilaterale con il paese centroasiatico a 231,08 milioni di dollari nel 2023, di cui 213,7 di export e 27,4 di import, rispetto ai 69 milioni di euro dell’anno precedente. Lo dimostrano i dati dello Standard Common Format for Transient Data Exchange (COMTRADE) delle Nazioni Unite sul commercio mondiale.
Per rendere più funzionale il programma delle relazioni con Biškek, a margine dell’incontro con il presidente Zhaporov, lo stato italiano ha stipulato un accordo per la cooperazione in materia giudiziaria divenendo il primo Paese europeo ad assumere un impegno simile con il Kirghizistan e replicando la formula già implementata con Kazakhstan e Uzbekistan.
E’ bene ricordare, infatti, che il Kirghizistan non è il solo paese centroasiatico con il quale l’Italia intrattiene rapporti commerciali e diplomatici. Roma ha costruito importanti legami industriali anche in Kazakhstan e in Uzbekistan. Le intese siglate dal premier italiano e dal presidente kirghizo per rafforzare la cooperazione tra Italia e Kirghizistan non costituiscano un accordo internazionale che vincola i due firmatari nel rispetto degli obblighi sanciti dal diritto internazionale come espresso all’ultimo punto della dichiarazione congiunta.
Una formula, questa, pensata sicuramente per provare a completare e rafforzare le relazioni bilaterali con Biškek senza contravvenire in modo evidente alle raccomandazioni di Bruxelles e Washington, preoccupate che i flussi commerciali delle economie europee verso i paesi centroasiatici possano fare il gioco di Mosca e mitigare l’effetto delle sanzioni. Ma anche un tentativo da parte del governo italiano di conservare una certa autonomia nel raggiungimento degli obiettivi di politica estera, data la grande rilevanza assunta negli ultimi tempi dal comparto energetico dei paesi della regione nelle relazioni con l’Ue.