Il fondatore e proprietario di Telegram, Pavel Durov, ha rilasciato, il 5 settembre, la sua prima dichiarazione da quando è stato arrestato da parte delle autorità francesi. L’uomo è accusato di scarsa moderazione dei contenuti diffusi nell’app di messaggistica, contribuendo alla diffusione di materiale illecito.
Durov ha dichiarato che Telegram si sarebbe impegnata nella moderazione dei contenuti in essa diffusi, senza fornire ulteriori dettagli sulle modalità in cui l’avrebbe fatto. “Mentre il 99,999% degli utenti di Telegram non ha nulla a che fare con attività criminali, lo 0,001% coinvolto in attività illecite crea una cattiva immagine per l’intera piattaforma, mettendo a rischio gli interessi del nostro quasi miliardo di utenti”, ha scritto Durov sull’app. Al contempo, il fondatore di Telegram ha posto l’accento sulle modalità con cui le autorità di Parigi hanno agito. “Se un Paese non è soddisfatto di un servizio Internet, la prassi consolidata è quella di avviare una causa contro il servizio stesso. Utilizzare le leggi dell’era pre-smartphone per accusare l’amministratore delegato di crimini commessi da terzi sulla piattaforma che gestisce è un approccio sbagliato”, ha agiunto il fondatore di Telegram. Il 29 agosto, il Tribunale di Parigi ha rilasciato Durov su libertà vigilata, con una cauzione di 5 milioni di euro. L’accusato, con cittadinanza russa per nascita e cittadinanza francese acquisita nel 2021, è obbligato a non lasciare la Francia e a presentarsi in una centrale di polizia due volte alla settimana.
L’arresto
Il 24 agosto, Durov è stato arrestato all’aeroporto Le Bourget di Parigi sulla base di un mandato d’arresto francese – non internazionale – secondo quanto riportato dall’emittente francese TF1/LCI, la prima a rendere noti gli eventi. L’accusa sostiene che i contenuti diffusi sulla piattaforma Telegram non sarebbero soggetti a sufficiente moderazione, contribuendo dunque alla diffusione di contenuti illegali, quali traffico di stupefacenti, terrorismo, frode, nonché abusi sui minori. “Il servizio di messaggistica Telegram, con i suoi gruppi di discussione che accolgono fino a 200.000 persone, è accusato di aumentare il potenziale virale di informazioni false e di diffondere materiali che incitano all’odio, al neonazismo, alla pedofilia, alle teorie del complotto o al terrorismo”, ha riportato il quotidiano Le Parisien, in seguito all’arresto di Durov.
Presente nella base dati governativa francese Fichier des personnes recherchées (FPR), al momento dell’arresto Durov era di ritorno da un viaggio in Azerbaigian. Su di lui pendeva un mandato di perquisizione emesso dall’Office mineurs (OFMIN) del Dipartimento nazionale di investigazione criminale francese, sulla base di un’indagine preliminare, ha sottolineato l’emittente francese TF1. Dopo quattro giorni trascorsi in stato di custodia, il 28 agosto Durov è comparso in Tribunale.
Vale altresì la pena sottolineare che il canale Telegram filo-Cremlino Baza aveva reso noto, il 20 agosto, che anche il presidente della Federaizone Russa, Vladimir Putin, si trovava nel Paese del Caucaso Meridionale nello stesso periodo di Durov. Come ha riportato Baza, “pochi giorni prima della visita, funzionari dell’amministrazione presidenziale hanno offerto a Putin di organizzare un incontro con il capo di Telegram, Pavel Durov, ma Putin ha rifiutato”. “La ragione del rifiuto è sconosciuta (così come è sconosciuto l’argomento previsto per l’incontro)”, ha concluso il canale Telegram.
La reazione della classe dirigente russa all’arresto di Durov
Interessante osservare la reazione della classe dirigente russa, la quale ha preso le difese di Durov, servendosi degli eventi per supportare la narrativa anti-occidentale.
Il vicepresidente della Duma di Stato, Vladislav Davankov, ha inviato, il 25 agosto, un appello al ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, esortando Parigi a rilasciare Durov. “Il suo arresto potrebbe avere motivazioni politiche e servire come strumento per ottenere l’accesso alle informazioni personali degli utenti di Telegram. Questo non può essere permesso”, ha dichiarato Davankov all’agenzia di stampa statale russa TASS. Il medesimo giorno, Ekaterina Mizulina, a capo della cosiddetta “Lega per un Internet Sicuro”, ha descritto l’arresto come “un duro colpo per TON, la criptovaluta utilizzata da Telegram, in cui hanno investito rappresentanti di grandi aziende russe”. Secondo Mizulina, l’arresto rappresenta “in parte una continuazione della politica di sanzioni degli Stati Uniti”. “L’ambasciata russa in Francia ha adottato le misure necessarie per chiarire la situazione riguardante Pavel Durov, nonostante l’assenza di un appello da parte dei suoi rappresentanti”, ha riportato la TASS, citando il Ministero degli Esteri russo. Anche Alexander Dugin, considerato uno dei principali ideologi della guerra in Ucraina, si è espresso in merito. “Questa [la detenzione di Durov] è l’ultima prova che la neutralità durante una guerra mondiale totale è impossibile da mantenere per chiunque”. “Ci sono due mondi inconciliabili in contrasto tra loro: noi e loro. E c’è un abisso tra noi. Doppie cittadinanze, lealtà confuse, manovre tra gli schieramenti: tutto questo fa parte del passato”, ha proseguito Dugin.
L’impegno di Parigi nella lotta alla diffusione di contenuti illegali: un quadro normativo
Nel quadro dell’impegno di Parigi nella lotta alla diffusione di contenuti illeciti tramite Telegram, è rilevante sottolineare la legge LOPMI (French Interior Ministry’s Orientation and Programming law), promulgata nel gennaio del 2023. Si tratta di un un quadro giuridico innovativo progettato per combattere la criminalità informatica, ritenendo gli amministratori delle piattaforme tecnologiche responsabili delle attività illegali condotte attraverso i loro servizi. Questa legislazione pionieristica criminalizza la “complicità nell’amministrazione di una piattaforma online per consentire una transazione illecita, in una banda organizzata,” con pene severe che includono fino a 10 anni di carcere e una multa di 500.000 euro. Unica nel suo approccio e senza analoghi diretti in altri paesi, la legge LOPMI posiziona Parigi come leader tra le nazioni che adottano misure più rigide contro la criminalità informatica. La legge è giunta a seguito di un libro bianco del 2020 del Ministero dell’Interno francese che mette in luce la necessità di misure tecnologiche avanzate per affrontare le crescenti minacce informatiche. Nonostante il suo potenziale, la legge rimane non testata in tribunale, sollevando interrogativi sulla sua applicazione pratica e sulla volontà dei giudici di penalizzare gli esecutivi tecnologici per l’uso improprio delle loro piattaforme. L’indagine in corso sul CEO di Telegram ha messo in evidenza tale incertezza e ha sottolineato l’impegno della Francia nell’utilizzare strumenti legali rigorosi per proteggersi contro le minacce informatiche e le attività illegali online.
In quale cornice è altresì rilevante ricordare la firma del documento Christchurc Call, avvenuta all’Eliseo il 15 maggio 2019, per mano del presidente, Emmanuel Macron, contro la propaganda terroristica su internet. Il documento in questione prende il nome dalla città della Nuova Zelanda dove, due mesi prima, un terrorista aveva perpetrato due attacchi armati presso la Moschea di Al Noor e presso il Centro islamico di Linwood, uccidendo un totale di 51 persone. L’attentatore aveva trasmesso la prima sparatoria in live-streaming su Facebook. L’episodio aveva segnato il primo attacco terroristico di estrema destra trasmesso in live-streaming su una piattaforma social. Risulta importante citare tale documento poiché Telegram, al contrario dei vertici di Facebook, Google, Microsoft, Twitter, Youtube, Daily Motion, Amazon, non ha preso parte alla sottoscrizione del patto.
Dopo la firma del documento, l’Eliseo aveva emesso un comunicato in cui si affermava che Christchurch Call rappresentava “un piano d’azione che impegna i governi, le organizzazioni internazionali e gli attori di Internet ad adottare una serie di misure”. Tra queste, vale la pena menzionare le seguenti:
- Sviluppare strumenti per impedire il download di contenuti terroristici ed estremisti violenti;
- Combattere le cause dell’estremismo violento;
- Aumentare la trasparenza nel rilevamento e nella rimozione dei contenuti;
- Garantire che gli algoritmi sviluppati e utilizzati dalle aziende non indirizzino gli utenti verso contenuti estremisti.
Le autorità francesi sono altresì impegnate nella lotta alla diffusione di contenuti propagandistici e di disinformazione stranieri, in particolare russa. Tale lotta è stata condotta attivamente dal 2017, dopo le interferenze nelle elezioni americane e l’elezione dell’ex capo di Stato, Donald Trump, ma anche dopo che l’allora candidato presidenziale, Emmanuel Macron, e il proprio staff erano diventati bersaglio di attacchi informatici e di propaganda durante le elezioni francesi del 2017.