Il cineasta slovacco-ungherese Peter Kerekes torna al lido con Wishing on a Star, di coproduzione italiana.
Kerekes, dal documentario alla finzione
107 Mothers fu il debutto di Kerekes, fino ad allora esclusivamente documentarista, che con quest’opera co-sceneggiata insieme ad Ivan Ostrochovsky riguardo le detenute di un carcere femminile di Odessa ha ottenuto il premio Orizzonti alla miglior sceneggiatura. Il film si era distinto per la commistione di elementi documentaristici in un quadro finzionale: pur essendo un film dalla trama predeterminata, scritta appositamente, implementava continuamente testimonianze ed esperienze personali delle protagoniste, autentiche detenute. Kerekes aveva in precedenza diretto documentari “puri”, come 66 Sezon o Cooking History, i quali si distinguevano spesso per un coinvolgimento performativo degli intervistati, spesso collocati in situazioni particolari o ai quali veniva richiesto di reinterpretare un evento a cui hanno partecipato. Kerekes ha illustrato gli aspetti salienti del suo modo di fare cinema in una masterclass tenuta al Trieste Film Festival nel 2022.
Wishing on a Star
Wishing on a Star si focalizza su Luciana, veggente napoletana residente in Friuli Venezia Giulia, che fornisce un servizio di astrologia particolare, basato sullo studio geografico dei movimenti astrali, l’astrocartografia: in base al movimento dei pianeti, lei indica ai suoi clienti il posto migliore in cui recarsi in vacanza al compleanno, per “rinascere” sotto una buona stella. Il film introduce una serie di clienti di Luciana, per poi seguirli nel loro percorso successivo alla seduta, con momenti comici perfetti, caratteristica che emerge in varie opere di Kerekes (meno proprio nel suo film precedente). Si possono notare però parallelismi di contenuto con 107 Mothers, in quanto emerge di nuovo il tema della maternità, ed un rapporto tra figlio adulto e madre anziana simile a quello di uno dei personaggi del film del 2021, ma l’aspetto più importante è forse l’effetto di psicoterapia che ha l’astrologia su questi personaggi, ai quali Luciana spesso pone domande non dissimili da quelle che si sentono durante una seduta con uno psicologo.
Ritorno alle radici?
Sebbene il film è presentato come un documentario, a questo punto, nell’immaginario cinematografico del regista di 107 Mothers, è difficile percepire una tale distinzione: la messinscena ed il montaggio, che costruiscono vere e proprie scene in cui i protagonisti interagiscono senza la percezione di un intervento esterno, permettono la fruizione del film quasi come se fosse un’opera di finzione, anche se finzione non è, almeno non nel senso tradizionale del termine. Non conoscendo la lingua italiana, Kerekes non ha potuto intervenire sulle “performance”, e la sua manipolazione è emersa solo a posteriori. Certamente si percepisce l’influenza dell’esperienza con 107 Mothers, ma a maggior ragione si denota piuttosto un film che mette profondamente in discussione la consolidata distinzione tra documentario e finzione, che spesso vede nel primo dei due un genere “minore”: Wishing on a Star nulla ha a invidiare alla commedia di finzione, eppure la fonte dell’effetto comico ha origine nella registrazione di una situazione osservazionale, o perlomeno meno costruita. Kerekes è uno dei cineasti che si dimostra di nuovo pioniere in una forma di cinema che è sempre più abbracciata nel mondo dell’Europa Centro-Orientale, tra cui Maryna Vroda con Stepne (co-prodotto da Kerekes stesso), Damian Kocur e svariati altri.
Wishing on a Star è prodotto da Erica Barbiani, e uscirà nelle sale italiane.