Con il terzo titolo consecutivo i “delfini” hanno eguagliato la serie record di Gran Bretagna e Ungheria. Una partita giocata in totale fair play.
DA PARIGI – La gioia più grande nella partita più sentita. Nell’ultima giornata dei giochi a cinque cerchi, in una Defense Arena gremita da 17.000 spettatori, la Serbia ha vinto il derby balcanico contro la Croazia per 13-11, risultato che non rende il giusto merito alla netta superiorità dimostrata in acqua dagli uomini del C.T. Uros Stevanovic. A Belgrado si celebra cosi un risultato che entra di diritto nella storia della pallanuoto e dello sport serbo, mentre a Zagabria ci si interroga su una sconfitta dolorosa e sulla prestazione scioccante di una squadra che si presentava all’appuntamento da campione del mondo in carica.
Nella leggenda della pallanuoto
Se oggi viene naturale mettere in continuità le tre medaglie d’oro consecutive del ciclo 2016-2024, ripercorrendo i mesi di avvicinamento al torneo parigino nulla o quasi faceva pensare che la Serbia potesse proseguire la sua serie vincente. Il cambio di guida tecnica e di parte della rosa avevano trasformato in profondità la macchina perfetta di Rio e di Tokyo, e le eliminazioni precoci dai campionati europei e mondiali di inizio stagione sembravano dimostrare che le gerarchie erano cambiate. Lo stesso girone olimpico, concluso addirittura con tre sconfitte in cinque partite, aveva lasciato impressioni fortemente negative.
La squadra serba però ha saputo alzare il livello nei momenti chiave, e dopo aver eliminato Grecia e Stati Uniti ha giocato in finale la miglior partita dell’anno. Nonostante lo svantaggio iniziale infatti i ragazzi di Stevanovic hanno sempre controllato l’avversario grazie ad una grande organizzazione difensiva e ad uno spietato cinismo in fase offensiva (soprattutto nelle situazioni di superiorità numerica). Da sottolineare tra i singoli la tripletta di Milos Cuk, miglior marcatore del match, e le dieci parate di Radoslav Filipovic, decisive nei momenti in cui la Croazia sembrava in grado di rientrare.
Grande euforia dopo la sirena con tutto il gruppo prima in vasca e poi in tribuna, a prendere l’abbraccio dei numerosi tifosi serbi accorsi alla Defense Arena. Stevanovic ha rivelato ai microfoni di aver isolato i suoi giocatori dalle voci del mondo esterno nei momenti di difficoltà, e di come questo li abbia aiutati a riprendere il filo vincente lasciato dalla vecchia generazione. Anche in patria, inevitabilmente, la pallanuoto ha dominato tutte le prime pagine della stampa sportiva riscattando l’enorme delusione della semifinale del torneo di pallacanestro, persa pochi giorni prima contro il “Dream team” americano.
Il trionfo di Parigi e il record olimpico eguagliato hanno aperto inoltre il dibattito su quale sia la nazionale di pallanuoto più forte di sempre. Tolta la Gran Bretagna 1908-1920 per ragioni anagrafiche, a Belgrado e dintorni hanno individuato come termine di paragone l’Ungheria degli anni 2000, capace di vincere a Sydney, ad Atene e a Pechino. La testata Mozzartsport ha rivendicato il maggior peso specifico dei tre titoli serbi perché vinti partendo da una base, sul piano delle strutture di allenamento e del numero dei praticanti, inferiore rispetto a quella del paese magiaro, da sempre attrezzato per eccellere negli sport acquatici.
Una rivalità che cambia?
È doveroso però soffermarsi nuovamente sull’immediato post partita della Defense Arena, una bella eccezione nell’epopea dei confronti sportivi tra Serbia e Croazia dove spesso le analisi tecniche e statistiche hanno lasciato spazio a temi di ben altra natura. Nemmeno una disciplina come la pallanuoto infatti, in cui le due nazionali si sfidano abitualmente ad altissimi livelli (basti pensare che Serbia-Croazia è stata due volte finale olimpica, una volta semifinale mondiale e una volta semifinale europea solo negli ultimi 8 anni), è rimasta impermeabile alle contaminazione di carattere politico e militare.
Il caso più eclatante è certamente quello legato ai quarti di finale delle olimpiadi di Atlanta: dopo la vittoria di Seul con la stessa calotta e l’esclusione di tutte le nazionali della federazione balcanica dai giochi di Barcellona 1992 , Jugoslavia-Croazia del 1996 metteva “Delfini” e “Barracuda” per la prima volta a confronto da avversari. In seguito al successo dei secondi per 8-6 il leader della squadra croata Dubravko Simenc dichiarava “abbiamo vinto per Vukovar e Dubrovnik, le città distrutte dalla guerra. È stata una partita corretta, ma ci vorranno dieci o vent’anni prima che una sfida tra noi e loro non abbia implicazioni diverse da quelle sportive” (Settebellissimo, Mastroluca-Pierotti, 2024).
Il grande fair-play di Parigi fa sperare che la profezia di Simenc si stia avverando. Già in vasca, durante gli ultimi secondi di partita, si sono visti saluti e scambi di complimenti tra gli atleti delle due squadre; i festeggiamenti serbi in acqua e sulle tribune non hanno mai superato il limite della provocazione; e anche nelle interviste a caldo i giocatori croati hanno subito riconosciuto il merito dell’avversario, perfino chi come il secondo portiere Toni Popadic ha vissuto la sconfitta come “la peggiore della vita”. Le prossime sfide, che non tarderanno ad arrivare, diranno se davvero si è chiusa la fase in cui la politica influenzava la pallanuoto. Aleksandar Sapic, ex stella della nazionale serba e dallo scorso giugno sindaco di Belgrado, potrebbe affermare che il rapporto tra i due mondi si è già invertito, ma probabilmente è ancora presto per trarre conclusioni definitive.
Nuovi obiettivi
Mentre la squadra serba si gode giustamente la tripletta olimpica e il calore del suo pubblico, Stevanovic sembra aver già messo a fuoco i prossimi obiettivi. Nelle interviste post partita il C.T. ha spronato Dusan Mandic, Sava Randelovic e il capitano Nicola Jaksic, unici reduci di Rio, ad imitare la stella americana NBA Kevin Durant, capace di mettersi al collo la medaglia d’oro per la quarta volta nella finale di Bercy. Vale per tutti l’invece appuntamento a Singapore nel 2025, per inseguire quel titolo mondiale sempre sfuggito nell’ultimo decennio.
Foto dalla pagina Facebook Waterpolo Serbia