Holy Electricity è il debutto registico del già direttore della fotografia Tato Kotetishvili, opera tra documentarismo e finzione.
Nella sezione Cineasti del Presente dell’edizione 2024 del Festival di Locarno sono svariati i film di debutto di cineasti dell’europa orientale che suscitano interesse. Oltre a Lesson Learned va certamente segnalato anche un film georgiano, Holy Elecriticity, opera prima che a impatto immediato sembra un documentario – genere di cui eredita il linguaggio, a partire dalle scelte tecniche, fino alla struttura, che procede per scene in cui i due protagonisti, Bart e Gonga, cugini che vagano per la periferia di Tbilisi cercando di vendere croci illuminate a neon, e che nel loro girovagare fanno vari incontri con figure variopinte.
Di certo Holy Electricity non si disitngue per una trama molto precisa, e proprio qui emerge la peculiarità del film: è talmente intriso di metodi documentaristici, della presenza di attori non professionisti che raccontano esperienze proprie o interagiscono con chiare improvvisazioni, che ne risulta che il quadro finzionale sia solamente un pretesto che permette all’autore di raccontare una faccia di Tbilisi poco nota. Non essendo un documentario, ma un film di finzione con un soggetto fittizio, certo resta il problema di come giudicare l’opera: secondo i canoni del cinema di finzione, nel quale il film viene inserito dall’autore stesso, certe scelte sia nella trama che nella forma non sono coinvolgenti abbastanza; visto invece come un film in cui domina il documentario, per quanto artificiale ne sia il contenuto, con vari quadri in cui vige una gestualità di derivazione Parajanoviana, Holy Electricity diventa un film interessante.
L’opera ha come valore aggiunto la centralità data a un atttore transessuale a cui viene permesso di interpretare un personaggio del proprio genere, dando spunto ad une tematica LGBT semi-inedita in un contesto georgiano ancora molto complicato.
Tato Kotetishvili ha studiato alla scuola di cinema di Lodz, e precedentemente ha collaborato come direttore della fotografia in molte opere di cinema documentario (tra cui Hero of my Time dell’Ucraina Toya Noyabrova) – esperienze che certamente hanno influenzato il suo debutto.