Dopo la votazione favorevole del 16 aprile dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa (APCE) che aveva dato il via libera all’adesione al Consiglio d’Europa, il Kosovo sembrava davvero ad un passo dal raggiungere un traguardo che avrebbe ripagato anni di sforzi diplomatici. Questo era infatti il penultimo step necessario perché il Kosovo potesse diventare il 48esimo membro della principale organizzazione per la difesa dei diritti umani sul continente europeo, e nel mese di maggio l’assemblea dei ministri degli Esteri avrebbe dovuto confermare – o ribaltare – la votazione in seno all’assemblea parlamentare, ma così non è stato. Infatti, non c’è stata alcuna votazione da parte dei ministri in quanto l’adesione del Kosovo non è stata inserita tra i punti in agenda nella riunione del 17 maggio.
Il processo di adesione
In seguito al rapporto presentato dall’incaricata speciale per conto del Consiglio d’Europa Dora Bakoyannis che, anche alla luce dei numerosi impegni assunti dal governo kosovaro, invitava l’assemblea parlamentare e gli stati membri ad accogliere favorevolmente la richiesta di adesione del Kosovo, era arrivata una prima votazione positiva dalla commissione affari politici e democrazia dell’APCE il 27 marzo. Questa era stata seguita da due importanti votazioni il 16 aprile, quando in mattinata anche la Commissione affari legali e diritti umani dell’APCE aveva dato parere favorevole all’unanimità, ribadito a grande maggioranza nel pomeriggio dall’Assemblea parlamentare stessa con 131 voti favorevoli, 29 contrati e 11 astensioni. In quel caso, le delegazioni di Serbia, Spagna, Cipro e Ungheria avevano votato unitariamente in modo contrario, mentre i deputati greci, sebbene la Grecia non riconosca il Kosovo, avevano in larga maggioranza votato a favore. La delegazione italiana si era invece spaccata: infatti, Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Alleanza Verdi e Sinistra hanno votato a favore, mentre Lega e Fratelli d’Italia si sono astenuti, con un deputato leghista che ha addirittura votato contro, in dissenso dal gruppo.
A questo punto per il Kosovo sarebbe bastato ottenere un voto positivo da almeno i due terzi dell’assemblea dei ministri degli esteri per concludere il processo di adesione, ma ciò non è ancora avvenuto.
Lo sforzo diplomatico serbo e l’AMS
Nonostante l’accordo di Ohrid, sul quale il presidente serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro kosovaro Albin Kurti avevano raggiunto un accordo verbale – e non scritto per la non volontà di Vučić di firmare – che di fatto vieterebbe alla Serbia di portare avanti attività diplomatiche volte ad ostacolare l’adesione del Kosovo ad organizzazioni internazionali, questa previsione è stata ampiamente disattesa, con Vučić che è arrivato a minacciare l’uscita della Serbia dall’organizzazione qualora il Kosovo avesse aderito. Inoltre, all’indomani della votazione del 16 aprile si erano riaccese le tensioni con la polizia che aveva trattenuto circa trecento kosovari che viaggiavano su alcuni pullman al confine con la Croazia ed aveva arrestato alcuni poliziotti kosovari, tra cui il vicecapo Dejan Jankovic, kosovaro di etnia serba.
Una delle richieste della Serbia, portata sul tavolo sia nel dialogo mediato dall’Unione europea che in ogni altra occasione, è quella della creazione di un’associazione delle municipalità a maggioranza serba del Kosovo (ASM), che garantirebbe una maggiore autonomia ai serbi del in Kosovo e che per la Serbia costituisce il prerequisito per l’avanzamento di ogni altro negoziato. Nonostante il governo kosovaro abbia confermato più volte la volontà di crearla, anche se con un’impostazione diversa dalle richieste serbe, questa associazione non è ancora diventata realtà per il timore espresso da Pristina che possa diventare un’altra Republika Srpska, sul modello dell’entità a maggiornza serbo-bosniaca della Bosnia Erzegovina, che di fatto ostacolerebbe lo sviluppo del paese.
L’ostruzionismo di Francia e Germania
È proprio questa la questione su cui si è arenato il processo di adesione del Kosovo al Consiglio d’Europa. Infatti, l’iniziale entusiasmo che si era diffuso tra gli ufficiali kosovari in seguito al voto di metà aprile è stato lentamente sostituito da preoccupazione, che è poi diventata delusione quando è diventato chiaro che l’assemblea dei ministri non avrebbe messo in agenda l’adesione del Kosovo per venerdì 17 maggio. Questo è principalmente dovuto alla scelta di Francia e Germania, poco convinte che il Kosovo avesse fatto abbastanza passi in avanti per la creazione dell’ASM e che ne chiedevano la propria istituzione come prerequisito per l’adesione al Consiglio d’Europa. Se da un lato l’ostruzionismo francese non sorprende più di tanto visto lo storico rapporto positivo con la Serbia, quello tedesco risulta essere più inaspettato visto che la Germania è sempre stata uno dei maggiori alleati del Kosovo insieme a Stati Uniti e Regno Unito.
L’ultimo tentativo del governo kosovaro di ottenere una votazione già lo scorso maggio era avvenuto nella serata di giovedì 16, quando la ministra degli Esteri Donika Gërvalla-Schwarz aveva mandato una lettera al presidente dell’APCE Theodoros Rousopoulos, offrendo un progetto di ASM su cui il governo sta lavorando, che però non ha ottenuto i risultati sperati.
Nei prossimi mesi, seguendo gli sviluppi post-elettorali in Francia e tenendo in considerazione i non pochi malumori tra la classe politica tedesca per la posizione assunta dalla Germania, sarà possibile capire come e quando lo stallo verrà superato. L’adesione del Kosovo sembra infatti essere stata soltanto posticipata, e la speranza di governo e cittadini è quello di entrare a far parte del Consiglio d’Europa il prima possibile, permettendo così al paese di progredire nel proprio percorso di adesione alle organizzazioni internazionali, tenendo sempre all’orizzonte il sogno europeo.
Foto: Council of Europe