Pur conclusosi da settimane, continuiamo con Tiny Lights di Beata Parkanová l’approfondimento dei migliori film dell’Europa Centro-Orientale presentati al festival di Karlovy Vary quest’anno.
Già premiata nel 2022 al Karlovy Vary con il riconoscimento alla miglior regia per Slovo (vincitore anche del premio al miglior attore, Martin Finger), la cineasta ceca Beata Parkanová è tornata al festival con un film che, pur non avendo ottenuto premi, va ricordato: Tiny Lights. Effettivamente, è un film che nella sue premesse non promette nulla che non si sia visto prima: un dramma familiare, con al centro una bambina, ambientato in una giornata d’estate.
Eppure, Tiny Lights gioca in economia visiva e tematica con una tenacia non indifferente: nella breve durata del film, 76 minuti, la macchina da presa si abbassa, e segue in un campo medio la piccola protagonista, mantenendo con lei un contatto serrato. La scena iniziale del film è un’eccellente metafora che riassume l’effetto che ne segue: l’opera si apre infatti su una porta dal vetro opaco, dietro il quale si vede lentamente l’ombra della protagonista che si avvicina per origliare una conversazione. Nel resto del film, lo spettatore rimane sempre sul lato opposto del vetro, a fianco alla protagonista. Così, si sentono solamente stralci delle conversazioni dei “grandi”, intervallati da allontanamenti da parte dei nonni, o da giochi per distrarsi, anche se, così come diventa evidente per la protagonista, è facile intuire cosa stia succedendo.
Un effetto che è molto simile ad un film che è radicalmente diverso, Il Figlio di Saul di László Nemes – Tiny Lights di certo non ha a che fare nulla con la Shoah, o con fatti di una crudezza minimamente comparabile, anzi: uno dei vantaggi del film di Beata Parkanová è il potenziale di fruizione a pressoché tutte le età: è uno dei pochi film che concede una maturità alla propria protagonista bambina e non cerca di addolcire la pillola, ma al contempo affronta le questioni dei problemi coniugali con accortezza e tatto. Non per questo viene a meno la similitudine di startegemma narrativo col film premio oscar ungherese, una tecnica che si mantiene su un livello ermetico, in cui vengono forniti solo indizi, pezzi sparsi di un puzzle di dettagli, mezze frasi, gesti intravisti sullo sfondo. Così un filo rosso, quello riguardante i rapporti familiari e coniugali sembra esplicitarsi in quasi ogni dialogo del film, senza la pesantezza di un’esplicito riferimento alla tematica sociale – per esempio, si può notare una sorta di rapporto di parallelismi ed opposti nei rapporti coniugali tra madre e padre e nonna e nonno della protagonista.
Tiny Lights insomma si aggiunge a alla lunga lista di film del Karlovy Vary Film Festival più interessanti, e che speriamo possano arrivare in Italia mediante festival e riprese di selezioni.