Il 26 giugno a Bruxelles si è concluso il sedicesimo incontro dedicato ai negoziati di accesso del Montenegro nell’Unione Europea. Il vertice è stato molto positivo e il Montenegro ha ottenuto pareri favorevoli sui capitoli 23 e 24. Ciò è stato accolto come un risultato storico, ma la successiva approvazione di una risoluzione di condanna del genocidio nel campo di concentramento di Jasenovac ha provocato una crisi diplomatica con la vicina Croazia.
I negoziati Montenegro-Ue
Lo scorso mese a Bruxelles il primo ministro montenegrino Milojko Spajić ha incassato il parere positivo da parte dell’Ue sui capitoli 23 e 24 dei negoziati di adesione. È un risultato importante, che è arrivato alla fine della presidenza belga nel Consiglio dell’Ue. La ministra degli Esteri del Belgio Hadja Lahbib ha definito il vertice “un messaggio di speranza che il Monentegro lancia alla regione dei Balcani e oltre”. Inoltre, il commissario per l’Allargamento Olivér Várhelyi ha espresso grande soddisfazione, sottolineando come la presidenza ungherese, insediatasi lo scorso primo luglio, darà un ulteriore slancio alla politica di allagramento dell’Unione.
Il cammino del Montenegro verso l’Unione Europea è iniziato nel 2008 quando il Paese ha presentato la sua richiesta di adesione. In seguito, nel 2010 l’Ue ha concesso lo status di Paese candidato e nel 2012 sono stati aperti i negoziati di adesione. Negli ultimi anni i progressi erano stati pochi e gli analisti hanno individuato nella fine del dominio politico dell’ex presidente Milo Djukanović un possibile punto di svolta verso l’integrazione europea.
Dal 2012 i capitoli aperti tra Bruxelles e Podgorica sono 33, di cui tre sono da considerarsi provvisoriamente chiusi. I capitoli 23 e 24 riguardano il campo della giustizia: il ventitreesimo capitolo si intitola “Sistema giudiziario e diritti fondamentali” mentre il ventiquattresimo riguarda “Giustizia, libertà e sicurezza”. Tali capitoli esaminano nello specifico la solidità del sistema giuridico del Paese e il rispetto dei diritti al suo interno. Durante i negoziati di adesione con l’Ue questi sono i primi capitoli ad essere aperti e gli ultimi ad essere chiusi definitivamente.
Ventottesimo stato entro il 2028?
È importante sottolineare come finora il premier Spajić abbia puntato molto sul rilanciare i negoziati di adesione. Fin dalla sua formazione nel novembre 2023, il governo Spajić ha posto come priorità la riforma del sistema giudiziario e la lotta al crimine organizzato, i due nodi principali da affrontare in un’ipotesi di futuro ingresso nell’Ue.
Il successo incassato è notevole, tuttavia nel Paese è diffusa l’idea che ci sia ancora molto da fare in merito alla trasparenza del sistema giudiziario e alla lotta contro la criminalità organizzata. Un rapporto pubblicato dall’OSCE restituisce un quadro di generale miglioramento delle istituzioni montenegrine, ma mancano ancora delle riforme incisive che garantiscano una maggiore trasparenza sull’operato delle corti e del sistema giudiziario in generale.
Nonostante ciò, il premier montenegrino è convinto che, grazie al nuovo corso politico di stampo filo-europeo inaugurato dal governo di coalizione guidato dal partito moderato Evropa Sad, il Montenegro diventerà il ventottesimo stato dell’Unione entro il 2028, guidando il processo di allargamento nei Balcani Occidentali.
Le tensioni con Zagabria su Jasenovac
L’idillio di Spajić è stato immediatamente oscurato dall’approvazione il 28 giugno da parte del parlamento montenegrino di una risoluzione sul campo di sterminio di Jasenovac. Da sempre, il campo di sterminio di Jasenovac è un nervo scoperto per il governo croato: durante la Seconda Guerra Mondiale, più di centomila persone, tra cui serbi, rom ed ebrei, vennero uccise dai collaborazionisti fascisti croati dello Stato Indipendente di Croazia governato da Ante Pavelić.
A provocare tensioni tra Podgorica e Zagabria è la possibile strumentalizzazione della vicenda. A promuoverne la stesura e l’approvazione è stato l’attuale presidente del parlamento Andrija Mandić del partito filo-serbo Nuova Democrazia Serba (NSD). Immediatamente dopo il voto in parlamento, il governo croato ha inviato una nota in cui la risoluzione veniva definita come inappropriata e inaccettabile vista la natura strumentale dietro la sua stesura.
La risoluzione su Jasenovac è stata annunciata in concomitanza con quella promossa dalle Nazioni Unite sul genocidio di Srebrenica, approvata nonostante il boicottaggio del presidente serbo Aleksandar Vučić. L’idea è che Vučić abbia approfittato della propria influenza all’interno dei partiti montenegrini filo-serbi per cercare di rispondere alla risoluzione di Srebrenica e dimostrare ancora una volta la sua presenza ingombrante nella politica locale.
Spajić ha espresso rammarico per l’accaduto, e la situazione di tensione tra Montenegro e Croazia ha portato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel a posticipare la sua visita in Montenegro. In più, il timore condiviso da vari osservatori politici è che tali scaramucce diplomatiche potrebbero portare la Croazia ad apporre un veto sul Montenegro in Ue.
Rimpasto di governo e toni accesi con la Croazia
Lo scorso 23 luglio, la tensione con Zagabria è tornata a salire a causa dell’ingresso nella maggioranza di Spajić proprio dell’NSD di Mandić e di un altro partito considerato filo-serbo, il Partito Popolare Socialista (SNP) di Milan Knežević, oltre al partito rappresentante la comunita’ bosgnacca.
L’allargamento della maggioranza ha portato l’attuale governo ad ottenere 32 seggi in Parlamento, il numero più alto nella storia democratica del Montenegro. Tuttavia, l’SNP e l’NSD sono entrambi ampiamente criticati per le loro posizioni filo-russe. L’Ue e gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazione per la decisione di Spajić, che ha invece presentato il rimpasto come un rafforzamento positivo dell’esecutivo.
L’apertura ai partiti filo-serbi ha immediatamente portato nuovi attriti con la Croazia. Il 25 luglio Milan Knežević e Andrija Mandić sono stati dichiarati persone non grate dalla Croazia, dimostrando come la crisi diplomatica tra Podgorica e Zagabria non sia affatto conclusa.
Ciò che è chiaro nella vicenda è che la strumentalizzazione della memoria storica è uno degli strumenti di pressione e di interferenza diplomatica più forte nella regione. In questo momento, il rischio è che i nazionalisti possano imporre nel dibattito politico una sorta di “guerra delle memorie“, creando fratture nei paesi dove convivono diversi gruppi nazionali, come quella del Montenegro.
Foto: eunews