Di Senja Mahinić, Klix
Il Parlamento del Montenegro ha di recente adottato una risoluzione sul genocidio di Jasenovac, Dachau e Mauthausen, che ha suscitato shock a Zagabria. Numerose sono state le reazioni dei funzionari e degli analisti croati, secondo i quali il Montenegro sta “affogando sempre più nel mondo serbo“.
Il contenuto della risoluzione in sé non è contestato, anzi, è misurato, ma lo scopo dei suoi sostenitori sarebbe di vendicarsi di Zagabria per aver sostenuto la risoluzione ONU sul genocidio di Srebrenica, e non per rispetto delle vittime. In un tale contesto, la risoluzione montenegrina sarebbe anche una dimostrazione dell’indubbia influenza di Belgrado in Montenegro.
Dopo quasi un decennio in cui ci si è concentrati solo sulla Bosnia ed Erzegovina, il Montenegro è tornato sulla mappa degli interessi della scena politica e mediatica croata. Anni trascorsi a trascurare gli obiettivi della politica serba nella regione, a causa della cooperazione con essa in Bosnia Erzegovina, hanno dato i loro frutti.
Mentre alcune voci dei media invocano un veto al cammino europeo del Montenegro, altre affermano che non bisogna cascarci e spingere ancora di più Podgorica nelle mani di Belgrado. Inoltre si parla del Montenegro come di un potenziale regalo dell’Occidente ad Aleksandar Vučić.
La dichiarazione più drammatica tra i funzionari di Zagabria è stata fatta dal ministro degli esteri, Gordan Grlić Radman, il quale ha affermato che in Montenegro non vi è stata alcuna condanna per la propria aggressione [contro la Croazia].
“Ricordiamo bene le immagini dei riservisti montenegrini e l’aggressione contro Dubrovnik. Il Montenegro deve affrontare ciò perché l’aggressione proveniva anche da lì, e quei ricordi sono freschi. Confrontarsi con il proprio passato e perseguire i criminali di guerra sarebbe la risposta di un vero stato confinante. Qui si tratta invece di fare il lavoro per qualcuno altro, e sappiamo tutti di chi è il lavoro“, ha detto Grlić Radman.
Vista la mancanza di autocritica, il silenzio sulle cause e l’attenzione alle conseguenze sta diventando una costante nella politica croata. Quasi tutte le critiche rivolte a Zagabria nei confronti di Belgrado o Podgorica sono inficiate dalla politica che la Croazia porta avanti ormai da un decennio nei confronti della Bosnia Erzegovina.
Agendo quasi in sincronia con Belgrado, le autorità della Republika Srpska e l’HDZ BiH, le autorità di Zagabria contribuiscono da anni alla legittimazione della politica di Aleksandar Vučić, che ha lavorato alacremente per destabilizzare la situazione politica in Bosnia Erzegovina e Montenegro.
Ciò è avvenuto in primo luogo attraverso la cooperazione di Zagabria con Milorad Dodik e quindi con la Serbia su tutte le questioni politiche importanti, in secondo luogo svalutando il lavoro del Tribunale dell’Aja, cioè negando i crimini di guerra, e in terzo luogo attraverso la cooperazione con la Russia, durata fino all’inizio dell’aggressione russa contro l’Ucraina nel 2022.
In cambio, Belgrado e Banja Luka hanno dato un indiscutibile sostegno alle richieste della politica croata in termini di riforma elettorale, rappresentanza etnica nelle istituzioni statali e nella Federazione della Bosnia-Erzegovina, espulsione dei giudici stranieri dalla Corte costituzionale, svalutazione delle istituzioni statali, cioè in tutto ciò che non metterebbe a repentaglio gli interessi della Republika Srpska.
Quasi tutte le critiche che Zagabria ha rivolto a Belgrado nel senso di ingerenza nelle questioni politiche interne dei paesi vicini sono state precedentemente svalutate dalle sue azioni in Bosnia ed Erzegovina e hanno aperto a Vučić lo spazio per costruire senza esitazione un “mondo serbo”.
Quanto sia incoerente la politica di Zagabria è dimostrato dalla dichiarazione del ministro della Difesa croato Ivan Anušić, rilasciata pochi giorni prima che Grlić Radman ricordasse a Podgorica l’aggressione contro la Croazia.
A Mostar, Anušić si vantava di aver partecipato alla “guerra di Mostar” nel 1993, quando la Croazia occupava parti della Bosnia Erzegovina, compresa la sezione occidentale di Mostar, e conduceva un’impresa criminale congiunta, secondo la sentenza del Tribunale dell’Aja nel caso “Prlić et al”.
Secondo Zagabria i “ricordi di guerra” hanno più significato in Croazia che in Bosnia ed Erzegovina. Mentre Podgorica dovrebbe “affrontare il proprio passato”, la politica croata no.
Indebolendo le istituzioni della Bosnia Erzegovina, negando la responsabilità della guerra e invocando i diritti etnici dei connazionali, Zagabria ha dato a Belgrado un alibi per fare altrettanto in tutti i paesi vicini dove i serbi vivono in misura significativa.
Indubbiamente, la Serbia avrebbe attuato tale politica anche senza il sostegno indiretto di Zagabria, ma il suo effetto distruttivo sarebbe stato molto più visibile se così non fosse stato, e la sua attuazione molto più difficile.
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