In concorso a Karlovy Vary The Hungarian Dressmaker, il film slovacco di Iveta Grofová, con protagonista Alexandra Borbély.
Un film di produzione slovacca che racconta le persecuzioni delle minoranze ungheresi durante il regime della seconda guerra mondiale può essere un film davvero difficile da fare e da comprendere. Non a caso, la scena di apertura di The Hungarian Dressmaker vede l’uso di quattro lingue, un découpage intenzionalmente caotico, a trasmettere l’atmosfera difficile dell’epoca.
Il film di Iveta Grofová riesce in qualche modo a trasmettere le complessità di questo contesto storico ed al contempo non cadere in un’eccessivo didascalismo – anche se in alcuni casi, forse una maggiore presa di posizione si rende necessaria vista la strumentalizzazione di questi eventi da parte degli ambienti irredentistici ungheresi e slovacchi.
Nonostante ciò, il film presenta una propria visione, chiara e distinta dall’ondata di opere sulla seconda guerra mondiale e la shoah in cui irrimediabilmente si colloca: a scene girate con un senso di realismo si accompagnano metafore visive, distorsioni di lenti occasionali, ed altri stratagemmi visivi che rendono l’opera abbastanza a sè stante.
Valore aggiunto è costituito dalla presenza di Alexandra Borbély, la magnetica protagonista del film nominato agli oscar Corpo e Anima di Ildikó Enyedi, qui in un ruolo molto diverso ma che si lega molto alle proprie orgini – lei stessa fa parte della minoranza ungherese in slovacchia – e dalla forte emotività.
Certo, The Hungarian Dressmaker non è un capolavoro assoluto, ma è un film che, nel proprio microcosmo cinematografico, sa distinguersi.
Come purtroppo per moltissimi dei film del Karlovy Vary Film Festival, non ha ancora una distribuzione italiana, e bisognerà aspettare l’arrivo sul territorio nazionale attraverso i festival.