Il Premio Nobel Abdulrazak Gurnah, messaggero di tolleranza ed inclusione, ha ricevuto il 28 giugno scorso il Premio Andrić 2024 nella cittadina bosniaca di Višegrad, da una giuria che sembra non aver compreso al meglio il messaggio universale dell’autore
Višegrad, 28 giugno. Il direttore dell’Istituto Andrić, Emir Kosturica, ha consegnato l’undicesimo Premio Ivo Andrić all’autore britannico Abdulrazak Gurnah, insignito alla carriera, e al poeta serbo Saša Radojičić per la sua raccolta di poesie Tobogan.
Alla premiazione hanno partecipato esponenti del mondo politico e religioso serbo-bosniaco, tra cui il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik e il patriarca della Chiesa ortodossa serba Porfirije.
Luogo e data: i simboli del nazionalismo serbo
Una platea ideologicamente ben definita, in un luogo – Andrićgrad – carico di significati politici, in una data, il 28 giugno, altrettanto cruciale.
Il 28 giugno, secondo il calendario gregoriano, si festeggia il Vidovdan, ricorrenza del martirio di San Vito. Un giorno fondamentale per la storia serba, che lega la battaglia della Piana dei Merli del 1389 alle pistolettate di Sarajevo del 28 giugno 1914 ad opera di Gavrilo Princip, fino ad approdare ai presidenti serbi Slobodan Milošević e Aleksandar Vučić.
Emir (Nemanja) Kusturica, iniziatore del Premio Andrić, ha da tempo concluso la sua parabola di avvicinamento al nazionalismo serbo con la nomina nel 2019 a consigliere di Dodik, fervente nazionalista e separatista che si presenta come referente di Putin nei Balcani.
Infine il luogo: Andrićgrad, villaggio-modello costruito sulla sponda della Drina, a Višegrad, voluto dallo stesso Kusturica, già al centro di uno scandalo per abusivismo e evasione nel 2015, e simbolo vagamente kitsch dell’etno-nazionalismo serbo. Il villaggio vuole reinterpretare l’opera di Ivo Andrić, il più famoso scrittore jugoslavo, secondo un prisma nazionalista serbo, in una regione in cui la pulizia etnica contro i bosgnacchi fu particolarmente violenta negli anni ’90.
Proprio a Višegrad, dieci anni fa, le autorità cittadine cancellarono la parola “genocidio” dal monumento alle vittime bosgnacche, tra cui le 60 persone arse vive -proprio il 27 giugno 1992, la vigilia di Vidovdan – dopo essere state imprigionate dai miliziani serbo-bosniaci in due case del quartiere di Bikavac. Un crimine di guerra per il quale il tribunale dell’Aja ha condannato Sredoje e Milan Lukić, il primo a 30 anni e il secondo al carcere a vita.
Sulla scia della recente cancellazione del festival culturale serbo-kosovaro “Mirëdita, dobar dan!” a Belgrado, il luogo, la data e i protagonisti del Premio Andrić sembrano veicolare in un evento culturale un messaggio politico preciso, che strizza l’occhio al nazionalismo conclamato della classe dirigente in Serbia. Secondo Jasmin Mujanović, il premio Andrić è un tentativo di insabbiare le tracce dei crimini di guerra a Višegrad, promosso dagli stessi che li perpetrarono: “Gurnah e Handke potrebbero lanciare una Nobel Laureate Genocide Appreciation Society“.
Le parole di Kusturica
Gurnah, cittadino britannico nato a Zanzibar, ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura nel 2021. Kusturica ha sottolineato che Gurnah merita di ricevere il Premio Andrić come “uno dei dieci migliori scrittori del mondo”, e perché la sua prosa ricorda quello del compianto scrittore bosniaco. Secondo Kusturica i romanzi di Gurnah hanno il pregio di descrivere al meglio “i sentimenti intimi degli oppressi“.
Il regista si è poi lanciato in un’invettiva contro il presunto colonialismo che affliggerebbe la Republika di Dodik (e tutto il mondo), affermando che la RS ha il “diritto di opporsi alla sua trasformazione in una colonia”.
Collegando le opere di Gurnah e quelle di Andrić, il regista ha evidenziato quello che lui chiama “l’aspetto morboso della coscienza europea” culminato con Hitler nel 1945 e poi dimenticato durante il regime di Tito: “ci siamo dimenticati di essere una colonia perché la Jugoslavia diede alla Serbia l’idea che fosse la più grande Serbia possibile all’interno dello Stato per il quale abbiamo combattuto in entrambe le guerre”.
Kusturica sembra aver preso spunto dalle motivazioni addotte dalla giuria del Nobel al premio consegnato a Gurnah: “una penetrazione intransigente e compassionevole negli effetti del colonialismo e nel destino dei rifugiati nel divario tra culture e continenti”. Dimostrando di non averne capito il senso.
Appartenenza e scelta per Gurnah, agli antipodi dell’etno-nazionalismo
Per Gurnah è inquietante che l’umanità non impari nulla dal proprio passato, ma che anzi ripeta costantemente certe dinamiche della Storia, perpetuando su altre generazioni lo stesso dolore che ha afflitto le precedenti. Presentando il romanzo L’ultimo dono, lo scrittore ha recentemente dichiarato che l’Europa “non è umana” con i migranti, affrontando una questione delicatissima che in questa parte d’Europa si traduce oggi nella martoriata rotta balcanica.
Se i personaggi presenti alla cerimonia di Andrićgrad spingono molto sul patriottismo e su un unico senso di appartenenza, quello serbo, secondo Gurnah i modi di “appartenere” sono molti: dalla nascita, alla famiglia, al diritto di rifiutare la propria appartenenza per sceglierne una nuova. Ed è questo il nocciolo della questione che sembra stridere con l’ideologia imperante ad Andrićgrad: la scelta.
Dai romanzi di Gurnah, elogiati dallo stesso Kusturica, emerge con forza il fatto che per milioni di persone abbandonare il proprio luogo di nascita e la propria famiglia non è una scelta libera. Lo scrittore Premio Nobel nei suoi scritti si interroga su cosa voglia dire “appartenere” quando qualcuno è costretto a lasciare il proprio posto per cercare una vita più sicura. Esattamente come è accaduto trent’anni fa in Jugoslavia, con milioni di profughi senza scelta, in fuga dalla propria terra in fiamme.
Nella cornice etno-nazionalista di Andrićgrad, in una data simbolo del martirio serbo, la presenza di Gurnah è quantomeno curiosa. Resta il dubbio se lo scrittore britannico abbia compreso il senso politico del premio che si è prestato a ricevere.
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