A poche settimane dall’attentato al premer Fico, in Slovacchia il tema dell’informazione si radicalizza a causa di una discutibile riforma che porterà il servizio radiotelevisivo pubblico sotto il controllo del governo…
Lo scorso 20 giugno, a Bratislava, il parlamento unicamerale ha approvato la riforma del servizio pubblico radiotelevisivo (RTVS) proposta dal ministro della Cultura Martina Simkovicova, grazie al parere favorevole dei 78 deputati della maggioranza. Le opposizioni non hanno partecipato alla votazione per protesta. In un clima politico già polarizzato dalle ultime vicende elettorali e di cronaca, il presidente Peter Pellegrini dovrà prendere nei prossimi giorni una decisione definitiva sul disegno di legge.
Il contesto e la norma
Le premesse della contestata riforma hanno coinvolto in questi mesi tutte le componenti della società slovacca. Alla base c’è senza dubbio il rapporto ormai logoro tra il governo Fico e i media di Stato, a cui il Premier ha spesso rivolto critiche durissime in termini di obiettività e di decoro. Un problema che l’esecutivo ha ritenuto prioritario fin dal suo insediamento, come dimostrato dal primo tentativo di riforma di marzo, respinto però dal presidente allora in carica Zuzanna Caputova. Il ruolo di Simkovicova inoltre testimonia l’influenza all’interno della coalizione del Partito Nazionale Slovacco (SNS – Slovenská národná strana), già promotore nelle scorse settimane di un altro discusso emendamento: quello sulla normativa riguardante le ONG.
Un altro elemento di cui tenere conto infine è la crescente sfiducia dell’opinione pubblica verso i media, terreno fertile per un intervento legislativo su questa materia. Un’indagine del Reuter Institute for the study of journalism infatti aveva rilevato dati allarmanti già all’inizio del 2024, i peggiori degli ultimi otto anni.
La legge appena votata prevede prima di tutto che la vecchia RTVS (Radio e televisione della Slovacchia) cambi nome in STVR (Radio e televisione slovacca), con una sfumatura semantica lieve ma non indifferente; in seguito l’entrata in vigore porrà fine al mandato dell’attuale direttore generale, il drammaturgo Lubos Machaj. Il suo successore verrà eletto da un nuovo consiglio di amministrazione di nove membri: quattro nominati dal ministro della Cultura sulla base di una procedura di selezione e cinque dal parlamento, vagliando profili esperti in svariati campi, dalla comunicazione alle nuove tecnologie, dalla giurisprudenza al marketing.
Il consiglio così costituito valuterà i candidati alla direzione attraverso audizioni pubbliche e assegnerà l’incarico, riservandosi anche la facoltà di rimuoverlo in corso d’opera. Il passaggio più delicato del testo di legge però è quello sull’introduzione di una commissione etica all’interno dell’STVR, organo dai poteri ancora indefiniti, ma a cui molti addetti ai lavori hanno risposto preventivamente con lo sciopero, un atto inedito per la categoria in Slovacchia.
Le reazioni
L’approvazione della riforma ha scatenato veementi reazioni e ha esasperato ulteriormente lo scontro tra fazioni nel paese. Le opposizioni temono che la ristrutturazione del servizio, di fatto ora più legato alla leadership politica, possa compromettere la pluralità e l’indipendenza dell’informazione. Il leader di Slovacchia Progressista (PS – Progresívne Slovensko) Michal Simecka ha parlato di vergogna sul governo e ha annunciato che impugnerà il provvedimento di fronte alla Corte costituzionale.
Anche Lubos Machaj, direttore della RTVS ormai con le valigie in mano, ha preso una posizione molto netta definendo quella del voto in parlamento una giornata nera per la società civile slovacca. Non solo, in una nota consegnata al quotidiano Aktuality, una delegazione del personale ha espresso preoccupazione sulle condizioni di lavoro nel periodo di transizione che l’emittente sta per affrontare, carico di incertezze dal punto di vista gestionale, amministrativo e finanziario.
Commenti negativi arrivano poi dall’Unione Europea, in particolare sulle contraddizioni fra la normativa di Bratislava e il Media Freedom Act emanato in marzo dal parlamento di Strasburgo. La Federazione Europea dei Giornalisti, in una dichiarazione congiunta con altre organizzazioni del settore, ha inserito invece la sua critica nel contesto più ampio della politicizzazione dello spazio mediatico, e dei pericoli che ne derivano per la comunità.
Sollecitati dall’ampia mobilitazione, alcuni esponenti dell’ala governativa si sono espressi sul testo di legge e sulle sue criticità. Il ministro proponente Marina Simkovicova ha ribadito che la riforma, contrariamente al pensiero di molti, favorirà l’equilibrio e l’imparzialità dell’informazione pubblica, oltre ad agevolare gli operatori nello svolgimento della loro professione. Anche il Presidente della Repubblica Pellegrini, certamente più vicino a Robert Fico rispetto a Zuzanna Caputova, ha parlato a Kosice garantendo un’analisi fredda e lucida della norma, libera da condizionamenti mediatici e senza dubitare della buona fede del governo, con la Costituzione come unico punto di riferimento. Ha dichiarato inoltre l’auspicio che il servizio radiotelevisivo possa modernizzarsi, liberandosi dei residui tecnici e strutturali di epoca socialista.
Senza pace
Il dibattito intorno alla liquidazione della RTVS è solo l’ultimo di una lunga serie di passaggi delicati che la politica slovacca ha dovuto affrontare negli ultimi mesi. Ma se al vertice gli schieramenti si radicalizzano e si combattono senza esclusione di colpi, alla base gli umori appaiono incostanti, come hanno dimostrato in rapida successione i risultati delle elezioni presidenziali ed europee. Il paese che uscirà da questa fase turbolenta è ancora molto difficile da immaginare.
Foto dalla pagina Facebook Visit Bratislava