Pochi giorni dopo l’eliminazione della Repubblica Ceca da Euro 2024, il calendario riporta alla mente una sconfitta ancora più dolorosa.
Da Portogallo a Portogallo, nel segno della delusione. Lo scorso 18 giugno il team di Cristiano Ronaldo ha reso indigesto l’esordio all’europeo tedesco, mentre vent’anni fa nel paese lusitano si è probabilmente consumato il più grande rimpianto della storia della nazionale ceca. Sempre presente alla fase finale dei campionati europei, addirittura finalista a sorpresa nel 1996 (sconfitta a Wembley dalla Germania al golden gol), ma mai competitiva come in quel maledetto 2004.
La generazione d’oro
Se la squadra che sfiorò il titolo in Inghilterra si era distinta per organizzazione e capacità di soffrire, la generazione più talentuosa del calcio ceco sbocciò poco dopo, a cavallo del nuovo millennio. L’uomo che rese possibile quell’epopea bella e sfortunata fu Karel Bruckner da Olomouc, una vita spesa in patria da calciatore e da allenatore senza grandi acuti, fino all’approdo sulla panchina della nazionale under-21 nel 1998.
In Slovacchia, agli europei di categoria del 2000, Bruckner portò per la prima volta la Repubblica Ceca in finale, poi persa 1-2 contro l’Italia di Marco Tardelli. Due anni dopo però, nell’edizione successiva in Svizzera, con il suo successore Miroslav Beranek arrivò finalmente il successo, ai rigori contro la Francia della vecchia conoscenza Raymond Domenech. Oltre al trofeo in bacheca le due vetrine continentali misero in mostra talenti come il portiere Petr Cech, il difensore Zdenek Grygera, l’ala Marek Jankulovski e l’attaccante Milan Baros, tutti destinati ad un futuro illustre nei top club internazionali. Brucker invece aveva già ricevuto nell’autunno del 2001 l’incarico di commissario tecnico della nazionale maggiore, con il grande obiettivo all’orizzonte degli europei in terra iberica.
A partire dalle qualificazioni il c.t. cominciò a lavorare su un mix di gioventù ed esperienza, comprendendo numerosi elementi promossi dall’under-21, alcuni veterani della campagna 1996, su tutti Pavel Nedved e Karel Poborsky, e una serie di calciatori nel pieno della maturità, punti fermi dei loro club nei più quotati campionati europei: tra questi il difensore Tomas Ujfalusi dell’Amburgo, il mediano Tomas Galasek dell’Ajax, ma soprattutto l’altissimo centravanti Jan Koller (202 centimetri) e il fantasista Tomas Rosicky, entrambi in forza al Borussia Dortmund.
La nuova Repubblica Ceca diede subito prova della sua forza nel girone eliminatorio battendo due volte Austria, Moldavia e Bielorussia. Poi alla penultima giornata si impose a Praga per 3-1 contro la blasonata Olanda di Dick Advocaat (già bloccata sul pareggio a Rotterdam nella sfida di andata), assicurandosi così primo posto e qualificazione diretta. Poche settimane dopo Pavel Nedved, complici anche le grandi prestazioni con la Juventus, vinse il pallone d’oro 2003, l’unico assegnato ad un calciatore ceco dall’indipendenza del paese. Nel maggio successivo infine Bruckner diramò la lista dei 23 nomi per la spedizione portoghese, poche le sorprese ma moltissime le aspettative su un gruppo considerato all’altezza dei migliori.
La cavalcata quasi perfetta
Ad Euro 2004 la Repubblica Ceca venne inserita nel gruppo D con Lettonia, Olanda (di nuovo) e Germania, un girone di ferro che la squadra di Brucker, forse schiacciata dalla pressione, approcciò male. Nell’esordio contro la cenerentola baltica infatti passò in svantaggio nel primo tempo, rimontando solo nel finale con Baros e Heinz per uno striminzito 2-1. Le sensazioni negative sembrarono trovare ulteriore conferma contro l’Olanda, nella seconda partita, con gli arancioni subito avanti di due reti grazie a Bouma e Van Nistelrooy.
Ma nel momento di massima difficoltà il torneo dei cechi si sbloccò all’improvviso. Prima un’azione travolgente di Baros permise a Koller di accorciare le distanze, poi nella ripresa il clamoroso ribaltone: i due attaccanti invertirono i ruoli per il gol del pareggio, e a pochi istanti dal novantesimo minuto arrivò anche il 2-3, confezionato dai senatori Karel Poborsky e Vladimir Smicer (un altro reduce di Wembley). Fu una vittoria che, oltre a valere il passaggio ai quarti di finale, svelò all’Europa intera potenziale e ambizioni della squadra. Bruckner però preferì nascondersi dietro dichiarazioni ecumeniche, “è stato meraviglioso da guardare, una notte fantastica per il nostro paese”.
Le due partite successive furono quasi una formalità. Nell’ultimo impegno del girone una Repubblica Ceca imbottita di riserve eliminò addirittura la Germania, sconfiggendola per 2-1. Ai quarti la Danimarca, qualificata dopo il celeberrimo “biscotto” ai danni dell’Italia di Trapattoni, venne schiantata per 3-0 con Baros e Koller ancora a segno. Ma le buone notizie non finirono qui perchè la caduta dei francesi campioni in carica contro la sorpresa Grecia aprì nel tabellone un’autostrada verso la finale. Nelle dichiarazioni di Bruckner questa volta si mescolarono scaramanzia (“non sono d’accordo con chi dice che [la Grecia] è una squadra che bada solo a distruggere il gioco”) e un pizzico di polemica (“hanno avuto più tempo per riposarsi, è un chiaro vantaggio”). Alla vigilia della semifinale però, in programma giovedì 1 luglio all’Estadio do Dragao di Oporto, tutti i pronostici si orientarono inevitabilmente dalla parte dei cechi.
Il match si giocò da subito in una sola metà-campo, ma cominciò presto ad emanare segnali inquietanti. Il primo tentativo di Rosicky si stampò sulla traversa mentre poco dopo il portiere ellenico Nikopolidis compì un grande intervento su Jankulovski; nella stessa azione uno scontro in area costrinse Nedved, leader indiscusso della squadra durante tutto il torneo, ad abbandonare il campo per infortunio. Nella ripresa invece fu la coppia delle meraviglie Baros-Koller a tradire con ripetuti errori sotto porta.
Si andò cosi ai supplementari con la strana formula del silver gol, che prevedeva la fine della partita dopo il primo tempo in caso di realizzazione di una delle due squadre. E proprio al minuto 105, l’ultimo, l’epilogo più crudele si compì: la Grecia battè un corner dalla destra, sul primo palo sbucò la testa del difensore della Roma Traianos Dellas per il gol dell’incredibile 0-1. Cechi gelati ed eliminati, a un passo da un’occasione sportiva praticamente irripetibile. Bruckner incredulo, “in tre anni e trenta partite questo è il primo gol che subiamo da calcio d’angolo”. Gli ellenici completarono tre giorni dopo il loro miracoloso percorso laureandosi campioni d’Europa; i cechi, dopo quella notte stregata, non hanno più raggiunto le semifinali di un grande torneo.
In Germania da comparsa
La sconfitta del 26 giugno contro la Turchia ha sancito l’eliminazione dei ragazzi del c.t. Ivan Hasek dal girone F di Euro 2024, destino condiviso con molte delle nazionali dell’est presenti in Germania. Una campagna conclusa con un solo punto in tre partite, che conferma la difficoltà di riproporsi oggi ad alti livelli, oltre ad aumentare il rimpianto per ciò che in passato poteva essere e non è stato.
Foto da thesefootballtimes.co