Andrey Gniot potrebbe presto essere estradato da Belgrado a Minsk. E’ arrivato settimana scorsa il nuovo ok del tribunale di Belgrado. In patria, il regista e dissidente bielorusso, attivista per la democrazia, potrebbe dover affrontare il carcere e la tortura, denunciano i suoi avvocati e sostenitori, che annunciano un nuovo ricorso in appello.
La nuova decisione della corte superiore di Belgrado
Arrestato lo scorso 30 ottobre all’aeroporto di Belgrado sulla base di un mandato Interpol emesso dal regime bielorusso per presunta evasione fiscale, Gnyot è stato detenuto per oltre sette mesi nella prigione centrale di Belgrado, e da settimana scorsa si trova agli arresti domiciliari.
Gniot, che non sapeva che nei suoi confronti era stato emesso un mandato di cattura, era arrivato in Serbia per lavoro dalla Thailandia, dove viveva. Le accuse di evasioni fiscale sono un tipico stratagemma del regime di Minsk, poiché l’Interpol non collabora in caso di richieste di arresto di dissidenti politici.
All’inizio di marzo una corte d’appello ha annullato la decisione della Corte superiore di Belgrado, che aveva stabilito che erano soddisfatti i prerequisiti legali per la sua estradizione in Bielorussia. Ma la corte d’appello ha rinviato il caso alla Corte superiore per un riesame, affermando che vi erano state violazioni procedurali.
In suo sostegno si sono espresse organizzazioni come il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), la Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH), ma anche la leader dell’opposizione in esilio ed ex candidata presidenziale Sviatlana Tsikhanouskaya e l’associazione Viasna’96.
Gniot, dissidente bielorusso in esilio
Gniot ha lasciato la Bielorussia nel 2020 dopo aver criticato la dittatura di Aliaksandr Lukashenko, al potere dal 1994, e aver partecipato alle proteste in seguito alle contestate elezioni presidenziali. In tribunale, il dissidente ha affermato che il regime di Lukshenko vuole punirlo per il suo attivismo. “Ci siamo apertamente opposti alla dittatura, alle violazioni dei diritti umani e alle frodi elettorali in Bielorussia nel 2020”, ha affermato.
Lo scorso febbraio, all’udienza di ricorso a Belgrado, Gnyot ha negato ogni accusa e affermato di temere per la propria vita: “Tre giorni fa, Navalny è morto in prigione. Lui, come me, ha combattuto contro il terribile regime del suo paese e non vorrei condividere il suo destino. Come lui, il regime mi incolpa di crimini economici. Sono minacciato di persecuzione e tortura”, ha detto Gnyot in aula.
La mobilitazione degli sportivi bielorussi contro Lukashenko
Andrey Gniot è tra i fondatori, nell’agosto 2020, del movimento di opposizione “Libera associazione degli sportivi (SOS BY)“. In una lettera aperta, firmata da centinaia di atleti e sportivi, l’associazione chiedeva l’annullamento delle elezioni, le dimissioni di Lukashenko e la libertà per tutti coloro che sono stati arrestati durante le manifestazioni di massa. Diversi atleti bielorussi sono stati condannati a pene detentive da 10 a 15 giorni per aver sostenuto apertamente le proteste. Tra loro, anche la famosa giocatrice di basket Alena Leučanka, tra i leader di SOS BY.
La mobilitazione degli sportivi ha contribuito a far escludere la Bielorussia dall’ospitare i Campionati mondiali di hockey su ghiaccio. Il Comitato Olimpico Internazionale ha inoltre sospeso i finanziamenti al Comitato bielorusso, guidato da Lukashenko. “Siamo riusciti in quello che nemmeno i politici sono riusciti a fare: abbiamo tolto una poltrona al dittatore“, ha detto Gniot.
Nel 2022, i servizi segreti bielorussi hanno etichettato SOS BY come associazione estremista, come strumento di pressione politica e persecuzione dei dissidenti. “Due mesi dopo hanno presentato un atto d’accusa anche contro di me. Nella richiesta di estradizione non c’è alcuna prova. Sono un regista pubblicitario professionista, ho dedicato 21 anni al lavoro artistico“, aveva detto Gniot al tribunale di Belgrado.
La detenzione a Belgrado e il rischio di estradizione
Gniot si era anche lamentato anche delle condizioni di detenzione a Belgrado, affermando che il servizio medico ignora le sue richieste e che la sua terapia è stata interrotta più volte. “Non ho fatto nulla di male. La dittatura in Bielorussia è coperta di sangue fino ai gomiti e la mia vita è nelle vostre mani. La Serbia non dovrebbe sporcarsi le mani di sangue per conto delle autorità bielorusse“, aveva detto Gniot alla fine del suo discorso.
L’avvocato di Gniot, Filip Sofijanić, ha ricordato come il suo cliente è accusato di evasione fiscale tra 2012 e 2018, sulla base di una legge bielorussa entrata in vigore solamente nel 2019, e ha di nuovo chiesto almeno la detenzione ai domiciliari.
Un altro rappresentante legale di Gniot, Vadim Drozdov, ha chiesto la cancellazione del suo nome dal registro Interpol, e ricordato che l’eventuale estradizione di Gniot in Bielorussia sarebbe in violazione della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, di cui la Serbia è firmataria. I legali hanno contattato la Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo, che per lettera ha ricordato alle autorità serbe che Gniot deve avere il tempo necessario per far ricorso alla Corte europea prima di una eventuale estradizione.
Le relazioni sempre più strette tra Belgrado e Minsk
Da anni Serbia e Bielorussia coltivano buoni rapporti, che si riflettono principalmente nella cooperazione militare e nella gratitudine verso Minsk per non aver riconosciuto il Kosovo. Non mancano gli affari commerciali, oliati da figure come quelle dei fratelli Karić.
Nel 2019, in visita a Belgrado, Lukashenko affermò che le due nazioni erano “unite da legami secolari e visioni comuni”. Allo stesso tempo, il presidente serbo Vučić descrisse Lukashenko come un grande amico della Serbia. Vučić ha parlato l’ultima volta con Lukashenko all’inizio di dicembre 2023 a Dubai a margine del vertice sui cambiamenti climatici. Un altro incontro è previsto nel 2024.
Lukashenko è uno dei pochi alleati del presidente russo Vladimir Putin e la Bielorussia è soggetta a sanzioni UE per la repressione delle proteste democratiche nel 2020 e per il suo ruolo nell’invasione russa dell’Ucraina. La Serbia ha aderito selettivamente alle sanzioni contro la Bielorussia, insistendo nel rifiutarsi di imporre sanzioni alla Russia.
La Bielorussia non è un paese membro del Consiglio d’Europa e continua a praticare la pena di morte. Le carceri di Minsk accolgono oltre 1.500 prigionieri politici, tra cui giornalisti, attivisti per i diritti umani e politici. La Serbia ha aperto i negotiati di adesione all’UE dieci anni fa, ma il governo Vučić ha portato il paese sempre più nell’orbita russa.
Foto: Andrej Gniot, via JURIST