Da quando esiste l’umanità, esistono i tappeti. Tanto che i resti più antichi giunti fino a noi, risalgono al tempo dei sumeri. Il tappeto non è solo un oggetto di uso comune, ma anche uno strumento attraverso cui leggere le epoche storiche, rivelando importanti dettagli sulle persone che l’hanno realizzato, su quelle che l’hanno comprato ma anche sui culti e le vicende del tempo. Viene spontaneo pensare al “tappeto” forse più famoso del mondo: l’arazzo di Bayeux.
Asia Centrale e tappeti
Questo è tanto più vero in una regione come l’Asia Centrale, dove il tappeto ha un ruolo importante nella cultura locale. La forma, i colori, i disegni del tappeto sono delle tracce che permettono di districarsi nella babele di clan, etnie e tribù centro asiatiche. Sebbene non fossero certo tra le merci più maneggevoli, i tappeti percorrevano le rotte commerciali come la Via della seta. Come il tappeto sogdiano ritrovato nella regione oggi cinese del Xinjiang.
Il tappeto è un elemento sovranazionale, che unisce le cinque repubbliche dell’Asia Centrale nonostante queste siano a volte in contrasto tra loro. I più famosi sono i tappeti detti Buchara, che in realtà sono turkmeni. Il nome è infatti stato dato utilizzando non il luogo di produzione, ma quello della città in cui sorgeva il più grande mercato di tappeti del tempo, ossia proprio Buchara, una delle più conosciute e rinomate città uzbeke… in origine tagika!
La produzione
Un tempo i tappeti erano sia un oggetto necessario per isolare dal freddo che un vero e proprio status symbol per la famiglia. Solo la lana migliore veniva utilizzata per la filatura, in modo da mantenere una qualità così alta che il tappeto poteva restare nella famiglia per secoli, tramandandosi di generazione in generazione. Presso le corti esistevano veri e propri laboratori dediti alla produzione di tappeti, destinati a diventare un omaggio per i sovrani stranieri.
Questo tipo di produzione d’élite andò sempre più declinando, tanto da scomparire nel XVII secolo. A recuperarne la tradizione, nonché le tecniche ormai dimenticate, è stato recentemente Muhammad Avaz che, nella città vecchia di Samarcanda, ha aperto un laboratorio dove quattrocento artigiani tessono ogni mese solo trenta o quaranta tappeti. Molti dei tappeti oggi in commercio sono di natura industriale, destinati all’esportazione in paesi come Pakistan o Iran.
Il caso turkmeno
Parlando di tappeti dell’Asia Centrale, spicca il Turkmenistan dove questo oggetto è parte del patrimonio culturale. In questo paese c’è addirittura un ministero per i tappeti, una giornata di festa dedicata a loro ed un tappeto è rappresentato anche sulla bandiera nazionale. Da notare come il disegno più comunemente utilizzato per i tappeti turkmeni simboleggi le cinque principali tribù che ne costituiscono la popolazione: Teke, Yomut, Arsary, Chowdur e Saryk.
I Tappeti di guerra
Infine, parlando di tappeti come testimoni delle vicende storiche, non si possono non citare i war rugs afghani. In questo paese, stupendo ma senza pace, a partire dall’invasione sovietica del 1979 si è diffusa la tradizione, viva ancora oggi, di rappresentare sui tappeti scene della contemporaneità. Abbiamo quindi tappeti con carri armati, aerei che sganciano bombe, piantagioni d’oppio e tutto quello che la popolazione afghana vive nel suo quotidiano; la Storia in casa.