In Un Certain Regard, Flow, il secondo lungiometraggio di animazione di Gints Zilbadolis acclamato alla premiere di Cannes.
Nel presentare Flow, Gints Zilbadolis fa riferimento alla propria esperienza con il lungometraggio di animazione di debutto, Away, che aveva intermente animato, diretto da solo, fino a curarne colonna sonora e montaggio. Con Flow, sul palco si è presentata una troupe numerosa. “Il film precedente era sulla solitudine, questo sull’essere parte di una squadra” sono le parole di Zilbadolis per introdurre l’opera.
La storia di Flow è semplice: all’arrivo di una catastrofica inondazione, un gatto nero deve unirsi ad un gruppo di altri animali per salvarsi. Una semplicità sconvolgente che però incanta, stupisce – e lo fa senza una sola parola detta dai protagonisti – appunto, animali. In Flow viene costruito un mondo fantastico, misterioso, che nulla ha da invidiare al Laputa di Miyazaki di Castello nel Cielo o ad altre opere che come Flow riescono a sospendere ogni logica e ragione per sostituirle interamente con una fantasia senza eguali.
La tecnica di animazione utilizza la computer grafica (nello specifico il programma gratuito open source Blender, di cui il film dimostra la validità), ma l’uso di textures proprie più di un’animazione bidimensionale rendono il film esteticamente unico, con uno sfruttamento di riflessi e di superfici d’acqua unico. A livello di messinscena, l’uso della computer grafica permette di implementare tecniche proprie del cinema “live action”, come piani sequenza, spesso usati dal film – che presto diventa talmente coinvolgente che i tecnicalismi poco si notano.
Flow è, molto semplicemente, un film toccante, stupendo, divertente che dimostra ancora una volta la forza del cinema d’animazione. Flow è cinema puro, dimostrazione che il cinema d’animazione non è una forma minore, illusione catartica sullo schermo.