La co-produzione polacca-danese The Girl with the Needle sbarca a Cannes, sulle orme di Pawlikowski.
Il cineasta svedese Magnus von Horn, formatosi a Lodz e da sempre stabile in Polonia, si sposta in Danimarca, nello scenario dell’immediato primo dopoguerra. Rivelare maggiormente il soggetto del film sarebbe controproducente, dato che la trama tocca un topos cinematografico molto codificato, che crea delle aspettative. Così fa la scena iniziale del film, tra le più belle viste in opere d’autore nell’ultimo decennio, un gioco di luci ed immagini sperimentale, alla Francis Bacon, inquietante e affascinante. Ciò che segue, purtroppo, tiene testa solo in parte all’incipit.
Utilizzare il bianco e nero nel cinema contemporaneo è sempre rischioso: non sempre l’illuminotecnica avvalora le potenzialità di contrasto del formato, spesso sembra solo un’escamotage per dare un “effetto artistico” senza ulteriori ragionamenti. La fotografia di Michal Dymek riesce però a valorizzare questa scelta, gioca con le ombre ed i rilievi, con i riflessi e le linee dei volti, occasionalmente riprendendo i lavori di Lukasz Zal nei film di Pawel Pawlikowski – Ida e Cold War, ma senza cadere troppo in citazionismi.
Per quanto il tema del film è oscuro, tra i più cupi temi che poteva un film avere, sorprendentemente questo senso perturbante resta abbastanza limitato. Il grigiore del bianco e nero non basta, l’occasionale colonna sonora minacciosa aggiunge tono in parte, ma la sensazione finale è che manca un senso di atmosfera più incombente. Il tetro di The Girl with the Needle scaturisce quasi unicamente dalla storia, e non abbastanza dalla forma.
Ciò nonostante, il film è una dimostrazione molto robusta dell’operato del cineasta, Magnus Von Horn – già selezionato nel 2020 con il film polacco Sweat, nella Cannes saltata durante il COVID, ma che con The Girl with the Needle si supera ulteriormente.