Il 7 maggio, 24 anni dopo il suo primo insediamento come presidente, Putin ha dato il via al suo quinto mandato, che durerà fino al 2030. Gli ultimi giorni hanno quindi visto la creazione di un nuovo governo al Cremlino, tra riconferme, promozioni e rimozioni.
Via Shouigu, dentro Belousov
Il cambiamento più grande è quello che ha interessato il Ministero della Difesa. Putin ha voluto sostituire Sergei Shouigu, al centro delle lotte del comparto militare, con l’economista Andrei Belousov, già ministro dello sviluppo economico e assistente presidenziale.
La mossa di Putin mostra una doppia volontà: innanzitutto quella di ripulire il ministero dalla corruzione dilagante (basti ricordare, a questo proposito, l’arresto dell’ex viceministro Timur Ivanov e del tenente Yuri Kuznetsov) e dalle inimicizie tra i diversi gruppi di potere del comparto militare. Shouigu era inviso ad una parte dell’amministrazione della difesa e dell’esercito, come ricorda il celebre video di Yevgeny Prigozhin, ripreso mentre inveisce contro l’ormai ex ministro – ma a questi si potrebbero aggiungere i meno noti Čemezov, a capo dell’azienda Rostekh, e Zolotov, direttore della Rosvgardija. La nomina di un технократ, un tecnocrate molto vicino a Putin senza particolari gruppi di influenza (quantomeno all’interno dell’esercito), sembra quasi un commissariamento del settore, che impedisce la nascita di élite militari troppo potenti (vedi, per l’appunto, il sopracitato Prigozhin).
In secondo luogo, la designazione di un amministratore ed economista per il Ministero della Difesa va nella direzione di un allineamento dell’economia russa ad un’economia di guerra. Con una mobilitazione che rimane largamente impopolare, i crescenti costi di un esercito “commerciale” (i cui stipendi, per essere appetibili, continueranno a salire) cominciano a pesare sul bilancio statale, pur essendo questo ormai largamente votato alla guerra in Ucraina. A questo si aggiunge la tendenza ad una sorta di “keynesismo militare”, cioè – molto sinteticamente – una situazione in cui il governo investe ingentemente nel settore della difesa per aumentare la domanda generale e far crescere l’economia, in particolare garantendo posti di lavoro. Ciò ha permesso all’economia russa di far fronte alle sanzioni occidentali e a molte delle implicazioni derivate dall’invasione (la diminuzione degli investimenti nel paese, la fuga di capitali stranieri ecc.). Tuttavia, i conti devono tornare in qualche modo e la nomina di Belousov sembra essere la risposta di Putin.
Pur essendo stato rimosso da un Ministero importante come quello della difesa, Shoigu non è stato espulso dagli ambienti del Cremlino, anzi. Putin ha riservato per lui un posto come segretario del Consiglio di Sicurezza, un organo consultivo dall’alto prestigio. L’ex ministro, insomma, non cade molto lontano.
Altri cambiamenti
Ad essere veramente spodestato – per altro dallo stesso Shoigu – è stato Nikolai Patrushev, nel Consiglio di Sicurezza per gli ultimi 16 anni e ora nominato consigliere nell’amministrazione presidenziale con delega alla supervisione dell’industria navale. Settantunenne, già direttore della sezione dell’FSB di San Pietroburgo, Patrushev rimarrà all’interno del Cremlino e vicino a Putin, ma in un ruolo che, per quanto sia stato definito “strategico”, è certamente meno influente.
Un altro nuovo nome per l’amministrazione presidenziale è quello di Alexei Dyumin, prima bodyguard di Putin e poi governatore della regione di Tula – incarico da cui si dimetterà per il posto al Cremlino.
Riconfermato invece il Primo Ministro Mikhail Mishustin (in carica dal 2020, tecnocrate non appartenente al gruppo dei силовики, siloviki, gli uomini con un background nell’apparato di sicurezza) così come le altre figure chiave del governo e del Consiglio di Sicurezza: Lavrov, ministro degli esteri; Vajno, capo dello staff; Bortnikov, direttore dell’FSB; Peskov, portavoce di Putin.
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Foto: Andrei Belousov, WikimediaCommons