Negli ultimi anni in Moldavia la giornata del 9 maggio ha acquisito un doppio significato. Da una parte le celebrazioni per il “Giorno della vittoria”, in memoria della vittoria sovietica sul nazifascismo e delle vittime della Seconda guerra mondiale; dall’altra i festeggiamenti per la “Giornata dell’Europa”, in onore della Dichiarazione Schuman del 1950. Due eredità provenienti dallo stesso passato, la guerra fredda, ma da geografie diverse della cortina di ferro.
La posizione del governo
Il 9 maggio scorso, la Presidente Maia Sandu e il Commissario Johannes Hahn hanno guidato le celebrazioni e i festeggiamenti ufficiali nella capitale moldava. La giornata è iniziata simbolicamente al Memoriale ai caduti di Chişinău, istituito dalle autorità sovietiche per ricordare i caduti della Seconda Guerra Mondiale (Grande Guerra Patriottica). I due rappresentanti hanno omaggiato la tradizione consegnando corone e mazzi di fiori. Il percorso è poi continuato nelle aule del Parlamento e nelle strade della città, dove è stata festeggiata la “Giornata dell’Europa”. In particolare, nella centralissima Piata Marii Adunari Nationale (Piazza della Grande Assemblea Nazionale) in cui migliaia di persone hanno sfilato fino a tarda sera. Nella stessa piazza, da un palco appositamente adibito e addobbato di bandiere gialloblù, hanno parlato i rappresentanti del governo e delle istituzioni europee, enfatizzando le calde relazioni tra la Moldavia e l’UE.
Il governo Sandu ha cercato di creare una sintesi tra i due significati del 9 maggio, muovendosi tra la tradizione sovietica e il presente europeo. Lo ha fatto in ragione della situazione interna al paese, dove il “Giorno dell’Europa” non potrà mai sostituirsi del tutto, per lo meno in questa fase di transizione, alla memoria storica della Seconda Guerra Mondiale. Così facendo, il 9 maggio 1945 diventa una data cruciale ma laica, perchè spogliata dell’ideologia comunista; una festa nazionale che, in armonia con il resto d’Europa, segna l’inizio di una storia condivisa della quale anche la Moldavia vuole pensarsi partecipe. In questo senso, il percorso che dal Memoriale è arrivato al centro città, e la scelta di includere un rappresentante europeo nella celebrazione ai caduti di guerra, sembrano essere una metafora della storia recente moldava, che dal periodo post-bellico arriva al processo di integrazione europea.
L’altra metà della luna
Mentre la Presidente Maia Sandu cercava di affermare la propria linea politica, già di per sé complessa e spigolosa, la storia continuava a fare il suo corso. Sullo sfondo sempre le strade e le piazze di Chişinău ma questa volta, oltre ai tricolori moldavi, ci sono delle bandiere sovietiche, dei signori in divisa militare, dei bouquet di fiori rossi, e centinaia di ritratti e fotografie di persone decedute. È la “marcia della vittoria”, organizzata dai partiti di opposizione e dall’organizzazione filorussa Victorie/Pobeda, accolta da oltre 10mila persone. Tra di loro ci sono anche i grandi volti della politica moldava (post) comunista, come gli ex Presidenti Igor Dodon e Vladimir Voronin, fautori del ritorno di questa tradizione nei primi anni del 2000; e l’attuale vice-presidente del parlamento moldavo Vlad Batrincea. Il tutto sembra una riproduzione in piccola scala di ciò che sta avvenendo a Mosca nelle stesse ore, dove alle celebrazioni nella Piazza Rossa prendono parte altri volti noti dell’opposizione moldava, come l’oligarca Ilan Shor e la governatrice della Gaugazia Eugenia Gutsol.
Le caratteristiche della manifestazione sono quelle tipiche del 9 Maggio sovietico, che per 46 anni scandì la vita dei cittadini moldavi nella Repubblica. Anche in questo caso il Memoriale è una tappa obbligata per i manifestanti, ma in questo caso la visita assume tutto un altro significato. Alla celebrazione delle vittime si unisce infatti quella del passato sovietico, che prende vita in un enorme telo rosso agitato al grido di “hurrà, hurrà”. Al di sopra del telo una falce e martello accompagna una scritta in cirillico, “150ª Divisione fucilieri, Ordine di Kutuzov di II classe Idrickaja 79º Corpo fucilieri, 3ª Armata d’assalto, 1º Fronte bielorusso”. È il vessillo alzato sul Reichstag di Berlino dai soldati dell’Armata Rossa all’alba del 1 maggio 1945, poche ore dopo il suicidio di Adolf Hitler e pochi giorni prima della resa definitiva del Reich, avvenuta appunto il 9 di Maggio.
Quali prospettive?
Nonostante gli anni passino, e l’esperienza comunista si allontani sempre di più, le lotte intestine alla società moldava non sembrano affievolirsi, come dimostrato dalla disputa per il 9 maggio. Le stesse piazze, strade, e monumenti, in poche ore sono state attraversate da bandiere e vessilli di colori e forme diversi, in un processo di appropriazione degli spazi che sarebbe incomprensibile se visto dall’alto. Quest’anno infatti è sembrata ancora più evidente, più plastica, la polarizzazione tra filo-russi e filo-europei; come se per marcare la propria identità fosse necessario marcare le differenze con l’altro. Differenze che ad oggi sono quasi inesistenti da un punto di vista linguistico e culturale, e che per questo rendono necessario il ricorso a simbolismi, tradizioni, e folklore.
In questo contesto la promessa di Bruxelles è costantemente messa in discussione e traballa, non rendendo possibili previsioni di lungo periodo. Tuttavia, questa volta l’integrazione europea sembra essere iniziata davvero e appare decisamente più credibile che in passato, soprattutto alla luce dell’indomata questione ucraina. Di certo, il successo della transizione dipenderà anche dalla capacità del governo di definire l’identità nazionale e la memoria collettiva moldava; una battaglia delicatissima, ma che Maia Sandu sembra avere ormai cominciato.
Fonte immagine: IPN press agency