Polonia

POLONIA: Vent’anni d’Europa, tra crescita economica e scetticismo

Dopo quasi sette anni, la Commissione europea mette fine alla procedura per violazione dello stato di diritto avviata nel 2017. Esiste forse modo migliore per celebrare i primi vent’anni dall’ingresso della Polonia nell’Unione europea?

La decisione della Commissaria ai Valori e alla Trasparenza, Věra Jourová, assume contorni politici molto netti: dopo le contestate riforme attuate dal partito conservatore Diritto e Giustizia (PiS), finite sotto accusa perché – secondo la Commissione UE – minavano l’indipendenza dei media e del sistema giudiziario, l’elezione di Donald Tusk ha riportato la Polonia sulla via maestra che conduce dritta all’Europa.

Una strada intrapresa il 1° maggio 2004 e che oggi, a distanza di vent’anni, sembra avere ancora la forza di proseguire con lo stesso entusiasmo di allora. In occasione delle celebrazioni per la ricorrenza dell’ingresso nell’UE, il presidente Andrzej Duda ha definito il primo ventennio europeo un periodo “molto positivo per la Polonia”, durante il quale il Paese ha sviluppato un forte senso di appartenenza globale da cui è scaturito “uno sviluppo estremamente dinamico”.

Un’economia in forte ascesa

Fra i Paesi entrati a far parte dell’Unione europea nel 2004, la Polonia è riuscita più di tutti a capitalizzare la spinta propulsiva dei fondi comunitari così da innescare un’ampia crescita economica. Un rapporto dell’Istituto economico polacco, infatti, mostra come il Pil reale pro capite di Varsavia (28.200 euro), pur ancora al di sotto della media UE (35.500 euro), sia aumentato del 40% rispetto all’incremento stimato senza adesione UE. Un valore superiore a quanto calcolato per l’intero blocco di Paesi entrati a far parte dell’Unione nel 2004 (+27%), a testimonianza dell’impatto che il Mercato Unico ha avuto sull’economia polacca.

A guidare la crescita sono stati specifici ambiti del terziario avanzato come l’informazione, la comunicazione e la finanza, ma è stata l’industria il settore che ha aumentato di più la propria portata rispetto ai valori pre adesione: la trasformazione industriale, infatti, è arrivata a toccare un aumento del +176% in questi vent’anni, in assoluto il valore più alto d’Europa.

Fondi Ue, infrastrutture e mobilità

Un ruolo determinante nella trasformazione economica della Polonia lo hanno svolto i fondi strutturali UE destinati a Varsavia: coesione, sviluppo regionale e riduzione delle disparità socioeconomiche sono state le tre direttrici principali di sviluppo, incentivate dagli oltre 232 miliardi ricevuti tra il 2004 e il 2022, periodo nel quale la Polonia risposto versando più di 77 miliardi in contributi di adesione.

Gli ingenti fondi comunitari che hanno reso possibili importanti interventi infrastrutturali, dalle metropolitane all’implemento della linea stradale e autostradale (+225%), assieme agli investimenti esteri diretti triplicati secondo quanto stimato dalla Banca nazionale polacca, hanno favorito lo sviluppo di un’inedita mobilità di persone e capitali da ogni parte d’Europa.

Una direzione già tracciata?

Per le nuove generazioni figlie dell’Europa, che non hanno mai conosciuto la Polonia pre-adesione ma con in tasca ancora il caro vecchio złoty, le opportunità della mobilità internazionale in termini lavorativi, formativi, economici e privati fanno i conti con le urgenze di un Paese ancora “giovane” sotto il profilo europeo, un gigante inevitabilmente ancora molto fragile.

Dallo scandalo sul tema migratorio, col governo di Mateusz Morawiecki finito sotto accusa per la fornitura di visti d’ingresso nell’UE in cambio di cospicue somme di denaro, fino ai già citati rischi per lo stato di diritto denunciati da Bruxelles, allo scoccare del ventesimo anniversario nell’Europa unita la Polonia si trova davanti a un bivio che, tuttavia, appare marcato a sufficienza.

Proseguire sulla strada dell’integrazione europea partendo dagli indubbi benefici economici che le dodici stelle hanno portato a Varsavia, oppure avventurarsi in una direzione più opaca e indecifrabile, cavalcando le ondate di scetticismo che pure non mancano nel Paese e allontanandosi soprattutto dallo scintillio dei fondi comunitari. A ben guardare, dopo la rielezione di Tusk la via da seguire sembra essere abbastanza definita.

Foto di Karolina Grabowska da Pixabay

Chi è Simone Matteis

Giornalista freelance, allievo della Scuola "Giorgio Bocca" di Torino. Project manager di Europhonica, collabora con Linkiesta, La Stampa e Domani. Oltre che con East Journal, naturalmente!

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