In Lituania si accentuano le tensioni ideologiche interne, con i diritti LGBTQ e l’influenza russa al centro del dibattito.
Diritti civili e censura: le tendenze politiche lituane
Alla ribalta sulla scena mondiale per il suo spiccato euro-atlantismo, da anni la Lituania fa parlare di sé anche per una legge molto simile all’infima legge russa sulla propaganda LGBTQ, nota come “legge anti-gay“. Si tratta della sezione 4(20)(16) della Legge sulla protezione dei minori contro gli effetti dannosi dell’informazione pubblica, la quale vieta la circolazione di informazioni riguardanti relazioni omosessuali, di fatto censurandole.
Tale legge è stata applicata in occasione dei primi Gay Pride all’inizio degli anni ’10, così come nel 2014 per confiscare dalle librerie il libro per bambini “Cuore di ambra” (Gintarinė širdis), della scrittrice Neringa Macatė. Il libro, i cui protagonisti provengono da vari gruppi sociali stigmatizzati, è stato censurato perché contiene due racconti di storie d’amore tra persone dello stesso sesso. Sulla base della Legge sulla protezione dei minori – l’equivalente lituano della nota legge russa “sulla protezione dei minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia” – il libro era stato ritirato dagli scaffali e bollato come pericoloso per i bambini. Le favole sono state ritenute un tentativo di diffondere “l’ideologia di genere” e di incoraggiare i bambini a intraprendere relazioni omosessuali.
Durante gli anni, la legge-censura è stata oggetto di intense critiche sia in Lituania che a livello internazionale: a gennaio 2023, la Corte Europea dei Diritti Umani ha emesso una sentenza sul caso “Macatė vs Lithuania“, dichiarando che la restrizione delle informazioni sulle relazioni tra persone dello stesso sesso è “incompatibile con i principi di uguaglianza, pluralismo e tolleranza propri di una società democratica”, e che la legge viola il diritto alla libertà di espressione sancito dalla Convenzione europea sui diritti umani.
Tuttavia, a novembre 2023 il parlamento, appoggiato dalla Chiesa cattolica che in Lituania è nota per portare avanti una propaganda omofobica contro le persone queer, ha respinto le proposte di modifica della legge, scatenando scandali e proteste da parte della comunità LGBTQ locale, rappresentata dalla Lega gay lituana (LGL), ad oggi l’unica organizzazione non governativa lituana dedicata esclusivamente ai diritti e alla protezione degli individui queer.
Le proteste in difesa dei diritti civili
Lo scorso 28 settembre, i rappresentanti della LGL, insieme a poche decine di sostenitori, si sono radunati davanti al parlamento per promuovere l’abolizione della legge “anti-gay”, sostenendo che essa diffonda disinformazione e mini al benessere dei bambini LGBTQ. Vladimir Simonko, leader di LGL, ha evidenziato gli effetti dannosi di tale legislazione nelle scuole, sottolineando come essa favorisca la discriminazione e ostacoli gli sforzi volti a sostenere ed educare gli individui LGBTQ all’interno del sistema scolastico. Posizioni avallate tra l’altro da alcuni studi condotti da LGL che dimostrano il deterioramento della salute mentale degli studenti LGBTQ nelle scuole. Ma i manifestanti hanno anche contestato la proposta – introdotta sempre a settembre – di rimuovere dal nuovo programma scolastico le lezioni di educazione sessuale, che il governo vorrebbe sostituire con nozioni di educazione morale.
Le proteste del 28 settembre sono state contestate da un gruppo di oppositori ultranazionalisti che sostenevano la difesa dei bambini dalla presunta pedofilia associata all’ideologia LGBTQ, e che, calpestando la bandiera arcobaleno, hanno costretto i manifestanti a lasciare la piazza. Il tutto si è svolto con la complicità della polizia, che ha permesso agli oppositori di interrompere con violenza la manifestazione, negando alla LGL il diritto di protestare pacificamente.
Queste controproteste denotano l’alto livello di disinformazione dell’opinione pubblica del paese riguardo il movimento LGBTQ, alimentato dalla circolazione di diverse fake news sui social network. All’inizio di settembre, infatti, era stato diffuso un documento che descriveva il nuovo programma scolastico come “lezioni di sessualità secondo gli standard dell’ideologia LGBTQ”. Recentemente, inoltre, è stato lanciato un nuovo sito web omofobico e ultracattolico, che ha lo scopo di diffondere informazioni sui danni provocati dall'”ideologia” LGBTQ, descritta come “un pericolo per la sicurezza nazionale, perché attacca l’ordine morale della società e della famiglia naturale, ossia le fondamenta della nazione”. Il sito accusa la comunità LGBTQ lituana di pedofilia e di negazione della libertà di espressione delle persone che sono contro l’omosessualità, dipingendola come una minaccia esistenziale alla sicurezza nazionale non diversa dalla minaccia russa.
L’influenza russa
I recenti avvenimenti mettono in evidenza le sfide più ampie affrontate dalla comunità LGBTQ in Lituania, sottolineando l’impatto dannoso delle leggi discriminatorie sulle persone queer e l’urgente necessità di azioni governative. Nonostante i progressi legislativi nel decriminalizzare l’attività omosessuale e vietare la discriminazione, le coppie dello stesso sesso mancano ancora di riconoscimento legale e alle persone transgender viene negato il diritto di cambiare il marcatore di genere sui documenti ufficiali, mentre resta diffusa la discriminazione e la violenza sulla base dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale, evidenziando la necessità di riforme legislative comprensive e di accettazione sociale.
Il pericolo è che, finché la sezione 4 (2)(16) della Legge sulla Protezione dei Minori continuerà ad esistere, essa possa essere usata come uno strumento di censura dei messaggi pro-LGBTQ: è quanto avvenuto ad esempio in Russia (dove oggi il movimento LGBTQ è sulla lista dei terroristi ed estremisti), dopo l’approvazione della legge federale sulla “propaganda gay” nel 2013, che proibisce di fatto le informazioni sulle “relazioni non tradizionali” tra i minorenni. Questa formulazione astratta è stata creata appositamente per includere qualsiasi aspetto vagamente correlato all’attivismo e all’educazione LGBTQ, evitando accuratamente di menzionare in modo esplicito i termini queer, in modo da apparire in linea con gli standard dei diritti umani internazionali.
In Russia, l’intensificazione dell’omofobia politica è stata fondamentale per il ritorno di Putin al potere dopo la crisi economica del 2008-2009. La repressione di presunti nemici occidentali, accusati di aver diffuso idee come l'”ideologia di genere” e la “propaganda gay”, mirava a ristabilire la moralità nazionale, una strategia che, unita al crescente ruolo della Chiesa ortodossa nella politica russa, ha sancito Putin come difensore della “civiltà cristiana”.
Questi sviluppi non sono stati confinati alla Russia: tutti i Paesi dell’Unione economica eurasiatica, all’inizio degli anni ’10, hanno introdotto leggi simili alla legge russa sulla “propaganda gay”. Nel 2017, Amnesty International ha segnalato che l’influenza russa, esercitata e diffusa tramite i media in lingua russa, abbia contribuito all’aumento dei crimini d’odio contro le persone LGBTQ e alla soppressione dell’attivismo delle minoranze sessuali in questi Paesi.
In Lituania, la legge sulla protezione dei minori si inserisce quindi in un contesto più ampio di omofobia statale nella regione post-sovietica, in netto contrasto con il chiaro orientamento filoccidentale del paese. Come avvenuto in Russia, la versione iniziale della legge sulla protezione dei minori proponeva chiaramente di limitare la divulgazione di informazioni riguardanti le “relazioni omosessuali, bisessuali e poligame”, ma, a seguito delle proteste pubbliche e delle critiche provenienti dall’Unione Europea, il testo è stato rivisto. Nonostante l’esplicita menzione dell’omosessualità sia stata sostituta con “i valori della famiglia tradizionale”, proprio come avvenuto per l’omologa legge russa, è evidente che l’emendamento sia stato progettato per combattere la “propaganda gay”, e che venga applicato per ostacolare le informazioni sulle relazioni omosessuali, limitando di fatto i diritti umani delle persone LGBTQ e la loro libertà di espressione, marciando contro i principi di inclusività europei. Per questo motivo, la legge lituana (e quella simile approvata in Ungheria nel 2021) è stata criticata ripetutamente da varie istituzioni dell’UE, inclusa la Corte europea dei diritti umani.
La lotta per i diritti LGBTQ in Lituania rappresenta un momento cruciale nella storia del paese: mentre i gruppi di attivisti continuano ad auspicare riforme legislative che guardino all’uguaglianza, la Lituania si trova a dover scegliere tra la difesa dei diritti degli individui o al cedimento all’influenza delle forze conservative.