Lo scorso 16 aprile a Bruxelles il COREPER, ossia il comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, ha aggiornato il Capitolo 35 dei negoziati di adesione all’UE della Serbia, includendovi l’accordo di Ohrid con il Kosovo del 2023. La notizia ha riscosso successo in Europa ma a Belgrado e Pristina gli umori sono differenti.
L’UE forza la mano?
L’intenzione di voler inserire l’accordo con il Kosovo nel Capitolo 35 era già stata espressa all’inizio di febbraio sia dalla Commissione europea che dall’EEAS, il Servizio diplomatico dell’Unione europea, i quali avevano formalmente chiesto al Consiglio UE di procedere con la modifica.
L’Accordo di Ohrid, mediato dall’UE e concordato tra il presidente serbo Aleksandar Vučić e il primo ministro kosovaro Albin Kurti il 18 marzo 2023 ma non firmato, include una roadmap di 11 punti, in cui oltre a impegni concreti per la normalizzazione dei rapporti tra Kosovo e Serbia, c’è anche la questione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba in Kosovo (ASM), uno dei temi sul quale l’Accordo si è di fatto arenato.
Nonostante l’accordo sia del marzo dello scorso anno, l’ok sulla modifica del Capitolo 35 si è concretizzata soltanto alla metà di aprile 2024. Il ritardo sarebbe a causa della volontà stessa del commissario per la Politica di vicinato e l’allargamento dell’UE Olivér Várhelyi: il commissario ungherese, vicino al primo primo ministro Viktor Orbán, avrebbe ostacolato l’avvio della procedura di emendamento vista la nota sintonia tra Orbán e il presidente serbo Vučić. La decisione finale è prevista durante il prossimo Consiglio europeo del 21 maggio: il COREPER è infatti un organo preparatorio, incaricato di stilare l’agenda del prossimo vertice europeo.
Negli ultimi 10 anni sono mancati dei passi decisivi dall’Ue e dalla Serbia stessa per dare nuovo slancio ai negoziati. Alla luce dell’invasione russa su larga scala dell’Ucraina, la sintonia con Mosca da parte di Vučić, dopo alcune tensioni lo scorso anno, ha allontanato in maniera tangibile Belgrado e Bruxelles. Stando ad un sondaggio di IPSOS la maggioranza dei serbi sarebbero contrari all’adesione all’UE e anche gli europei non sarebbero favorevoli ad un ulteriore allargamento dell’Unione.
Un periodo delicato sull’asse Belgrado-Pristina
Gli sviluppi sul Capitolo 35 arrivano in un periodo delicato sul fronte dei rapporti tra Kosovo e Serbia. Nelle ultime settimane Miroslav Lajčak, rappresentante speciale UE per il dialogo tra Belgrado e Pristina, è stato nominato ambasciatore UE in Svizzera e sono cresciute le voci che vedrebbero l’ex presidente sloveno Borut Pahor come nuovo Rappresentante speciale UE al suo posto.
Nel frattempo, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha approvato una raccomandazione per ammettere il Kosovo come nuovo membro dell’organizzazione. In risposta, la Serbia, che ha votato contro l’adesione del Kosovo, agendo contrariamente a quanto previsto dall’accordo di Ohrid in merito all’impegno di Belgrado di non ostacolare il percorso di Pristina verso l’adesione alle organizzazioni internazionali, ha minacciato financo di abbandonare il Consiglio d’Europa. Una decisione definitiva verrà probabilmente presa il prossimo 16 maggio e su questa potrebbe pesare anche l’atteggiamento di Pristina nei confronti della creazione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serbe in Kosovo. Secondo i partner occidentali, il governo kosovaro dovrebbe proporre una bozza di statuto dell’ASM alla Corte Costituzionale al fine di facilitare la decisione del Consiglio d’Europa. Ma il premier Kurti ha ribadito fermamente la sua contrarietà all’ASM, che considera una riproposizione della Republika Srpska bosniaca. Un nodo, dunque, ancora tutto da sciogliere.
Persiste inoltre lo stallo sia sulla questione dell’uso dei dinari serbi in Kosovo, vietato dal governo di Pristina, sia sulla rappresentanza politica dei serbi del nord del Kosovo. Nel referendum dello scorso 22 aprile, soltanto 253 cittadini su 46.556 hanno votato per rimuovere i sindaci albanesi eletti alle scorse elezioni amministrative nei quattro comuni a maggioranza serba del nord del Kosovo. Il referendum è stato boicottato in massa dalla popolazione serba dopo l’invito a non partecipare della Srpska Lista, partito strettamente controllato da Belgrado.
Inutile dire che a fronte di questa situazione, l’attuazione dell’accordo raggiunto a Ohrid è rimasta lettera morta.
Prospettive future
Alla luce di questo stallo, la decisione di incorporare l’accordo di Ohrid nei negoziati è certamente una novità. Senza dubbio vi è una volontà chiara dell’Unione europea di voler rinsaldare il tavolo a tre con Serbia e Kosovo, e di legare il percorso europeo di Belgrado con la normalizzazione dei rapporti con Pristina.
I fallimenti degli ultimi anni e le tante questioni irrisolte lasciano aperti molti interrogativi, nella speranza che questa mossa possa portare ad una svolta nel difficile negoziato tra Kosovo e Serbia mediato dall’Unione europea.
Foto: European Western Balkans