Il Cremlino crea nuovi nemici ogni giorno in Russia. Questa volta è toccato al “movimento separatista anti-russo”, che le autorità vorrebbero classificare come estremista. Un’organizzazione con tale nome, però, non esiste.
Il 17 aprile, come riportato dall’ONG russa OVD-Info, il Ministero della Giustizia ha intentato una causa alla Corte Suprema della Federazione affinché il “movimento separatista anti-russo” sia riconosciuto come organizzazione estremista.
L’udienza, che si dovrebbe tenere il prossimo 7 giugno, sarà presieduta dal giudice Oleg Nefedov. Tutto nell’ordine delle cose nella Russia del 2024, dove il numero di individui, testate, organizzazioni e piattaforme etichettate come “estremiste”, “indesiderate”, o “terroristiche” cresce ogni giorno.
Se non fosse che – come nel caso del “movimento internazionale LGBT”, anch’essa riconosciuta come organizzazione “estremista” nel novembre 2023 con pronunciamento del medesimo giudice – un’associazione chiamata “movimento separatista anti-russo” non esiste. Secondo quanto riportato sul sito del Ministero della Giustizia, lo scopo di tale organizzazione “internazionale” sarebbe quello di “distruggere l’unità multinazionale e l’integrità territoriale della Russia”.
Organizzazioni fantasma
Il fatto che un’organizzazione con questo nome non esista, che non siano indicati dei leader o una chiara simbologia non è sufficiente affinché la Corte Suprema e il Ministero della Giustizia desistano dai loro propositi. Quello della messa al bando di organizzazioni inesistenti sembra un sistema ormai collaudato, che permette la creazione di atti di accusa formulati come termini ombrello in cui inserire, di volta in volta, questo o quell’attivista.
L’esempio di come funzioni questo meccanismo, ancora una volta, viene dal caso analogo della sentenza che da novembre ha bollato la comunità LGBT come “estremista”. A marzo 2024, Alexander Klimov e Diana Kamilyanova, direttore e impiegata di un locale queer nella città di Orenburg, sono stati arrestati per “aver agito in premeditazione con un gruppo di persone […] i quali supportano la causa e le attività del movimento internazionale LGBT”. Si è trattato del primo caso di “estremismo LGBT”.
Repubbliche nel mirino
La comunità LGBT russa, da tempo vittima dei progetti ultraconservatori e tradizionalisti di Putin, è un nemico dichiarato ed esplicito, la cui persecuzione, purtroppo, non è una peculiarità di Mosca. Capire chi si vuole colpire con l’invenzione di questa nuova organizzazione potrebbe non essere immediato.
Appurato che un “movimento separatista anti-russo” non esista e non sia mai esistito, esistono gruppi di attivisti che reinterpretano la lotta a Putin e al Cremlino come una lotta di tipo indipendentista e anticoloniale. Per inquadrare il fenomeno occorre ricordare che la Federazione Russa è, per l’appunto, un ente federativo, al cui interno trovano spazio 21 repubbliche, soggetti ufficialmente autonomi ma concretamente soggetti alle politiche fortemente accentratrici promulgate da Putin durante i suoi anni al Cremlino.
In alcune repubbliche le istanze autonomiste hanno più mordente (si tratta principalmente di territori dalla forte identità nazionale, con un territorio abbastanza ampio e una popolazione consistente, come la Baschiria, il Tatarstan, o territori del Caucaso del nord), ma ad oggi il fenomeno non sembra quantitativamente rilevante (pur non esistendo dati in merito); complice una grande frammentazione e una certa difficoltà nel trovare alleati all’interno dell’opposizione “sistemica”. Tuttavia i concetti di indipendentismo, anticolonialismo, rifederalizzazione e separatismo sono vettori attraverso i quali si struttura la lotta politica – e militare, in alcuni casi – al Cremlino. Le manovre del Ministero della Giustizia (che presumibilmente faciliteranno l’arresto di questi attivisti, offrendo un impianto giudiziario precostituito) confermano la crescente importanza di questi gruppi.