Gruhonjić

SERBIA: Minacce al prof. Dinko Gruhonjić, l’Università sotto attacco dei nazionalisti

In Serbia, esponenti di estrema destra – tra cui membri del partito di governo – occupano la facoltà di Filosofia di Novi Sad dal 28 marzo scorso, per chiedere il licenziamento del prof. Dinko Gruhonjić.

In Serbia c’è una caccia all’uomo che va avanti da settimane. L’uomo in questione è Dinko Gruhonjić, professore di giornalistica all’Università di Novi Sad e presidente dell’Associazione dei Giornalisti Indipendenti Serbi. Lo scorso giovedì 28 marzo il parlamento studentesco, in mano ai rappresentanti del partito del presidente serbo Aleksandar Vučić e a quelli filo putiniani dell’estrema destra, ha occupato la facoltà di Filosofia e costretto professori e studenti ad abbandonare l’edificio. Gli assedianti chiedevano all’unisono il licenziamento del prof. Gruhonjić, accusato di “incitamento all’odio” per alcune sue dichiarazioni considerate anti-serbe, poi risultate manipolate.

Il discorso incriminato

La mobilitazione dell’estrema destra si sarebbe generata in seguito alla diffusione via social di un discorso tenuto da Gruhonjić durante il festival Rebedu a Dubrovnik dell’anno scorso, nel quale il professore esprimeva alcune considerazioni sul nazionalismo balcanico, dichiarandosi al contempo “yugoslavo e figlio del periodo dell’Unità e della Fratellanza”, come fa da anni.

Il discorso è però stato tagliato e montato per essere poi presentato al pubblico – sui social media e sulle televisioni nazionali – in vesti totalmente storpiate e anti-serbe. Dal montaggio infatti si sentono frasi che il prof. Gruhonjic non avrebbe mai pronunciato. Nel video che circola sui social network, si vede Gruhonjić scherzare sull’omonimia del suo nome con Dinko Šakić, uno dei comandanti ustascia del campo di Jasenovac, in riferimento a una precedente campagna orchestrata dall’estrema destra che lo aveva ribattezzato, dispregiativamente, col nome musulmano di “Sabahudin”, per dimostrare il suo presunto “antiserbismo”. Il presidente Aleksandar Vučić, da sempre strategicamente vicino alla questione Jasenovac, non si è lasciato sfuggire l’occasione per fare propaganda e ha condannato Gruhonjić per le sue parole “vergognose”, dal momento che Dinko Šakić “massacrò migliaia di serbi”.

La solidarietà al professore

Il 29 marzo è stata organizzata una manifestazione di solidarietà per Gruhonjić, a cui ha preso parte gran parte della facoltà. Per l’occasione Ivana Živancevic Sekeruš, preside della facoltà di Filosofia, ha dichiarato che quanto sta accadendo “non riguarda più soltanto un professore, ma tutti i professori e gli studenti”, liquidando al contempo la richiesta di licenziamento di Gruhonjić come un “ultimatum che non troverà risposta”. Di fronte alla porta d’ingresso dell’università, sbarrata e chiusa con un lucchetto, gli studenti hanno lasciato libri sulla libertà di espressione e sui pericoli delle società autoritarie, invitando i facinorosi a leggerli durante il fine settimana.

A sostegno degli studenti anche alcuni politici di opposizione. Non solo: in segno di solidarietà si sono mobilitati studenti e professori della facoltà di Scienze e Matematica di Novi Sad, mentre la facoltà di Filosofia di Belgrado ha condannato gli eventi, invitando le autorità a reagire al più presto. Totalmente assenti invece le forze di polizia e i rappresentanti dei partiti al potere con a capo il presidente Aleksandar Vučić.

Anche il consiglio giovanile Zajedno za Novi Sad (Insieme per Novi Sad) ha condannato l’occupazione, sottolineando che tra i cosiddetti studenti figuravano membri del Partito Progressista Serbo (SNS) al potere, mentre altri tra loro indossavano magliette con l’immagine di Milorad Ulemek Legija, condannato per l’omicidio del primo ministro democratico Zoran Đinđić nel 2003, o del criminale di guerra Ratko Mladić. Anche l’associazione degli scrittori PEN International ha criticato aspramente le minacce di morte nei confronti di Gruhonjić, chiedendo alle autorità serbe di consegnare i colpevoli alla giustizia. Il 2 aprile la vicerettrice dell’Università di Novi Sad, Sabina Halupka Rešetar, ha rassegnato le dimissioni da tale incarico, a causa del mancato sostegno da parte del Rettorato dell’ateneo in questione alla facoltà di Filosofia durante l’occupazione.

La Serbia verso la dittatura

La sera di domenica 31 marzo, dopo aver ricevuto la visita del rettore dell’università Dejan Madić, gli assedianti hanno annunciato che l’occupazione sarebbe proseguita anche dopo il 1° Aprile – giorno in cui inizia la sessione di esami – se Gruhonjić non fosse stato licenziato e rimosso dal suo incarico. Posizioni sostenute pubblicamente dal sindaco di Novi Sad, Milan Đurić, e dallo stesso presidente Vučić. Insomma, la classe politica serba sta deliberatamente e violentemente attaccando l’Accademia, l’unica istituzione ancora libera del paese. Da tempo i mass media sono sotto il controllo del regime di Vučić, come si è visto recentemente con il caso di Slavko Ćuruvija, che ha palesato il buio mediatico in cui sta sprofondando la Serbia, sempre più orientata verso una dittatura molto simile a quella degli anni Novanta.

Il prof. Gruhonjić riceve quotidianamente da giorni minacce di morte, e sta valutando l’ipotesi di lasciare il paese. Non è la prima volta che i nazionalisti storpiano e strumentalizzano le sue dichiarazioni. Da decenni, il professore è sottoposto a pressioni e attacchi di ogni genere a causa delle sue origini jugoslave, che egli rivendica, delle sue posizioni antinazionaliste, ma anche delle sue critiche all’attuale regime politico serbo. Al quotidiano Danas, il professore ha recentemente condensato il suo jugoslavismo spiegando con ironia quello che nei paesi post-Jugoslavia è ancora motivo di scontro e tensioni: l’identità. “Mi chiamo Dinko Gruhonjić. Sono nato a Banja Luka il 15 settembre 1970, in un cosiddetto matrimonio misto: mio padre era un uomo e mia madre era una donna”. 

Foto: Novisad.com

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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