NATO Romania

ROMANIA: Sempre fedele alla NATO. Sorgerà sul mar Nero la più grande base d’Europa

Nei prossimi anni la Romania ospiterà la più grande base NATO d’Europa, vicino alla città portuale di Costanza. Il progetto si inserisce negli sviluppi della guerra russo-ucraina, e delle tese relazioni tra Washington e Mosca, ricordandoci l’importante ruolo di Bucarest e della Romania, fedelissima alla NATO.

Un bastione sul Mar Nero

Come riportato dalle agenzie di stampa romene, nei prossimi anni il paese, membro NATO dal 2004, ne ospiterà la più grande base militare d’Europa. Il progetto punta ad ampliare le attuali dimensioni della base aerea Mihail Kogălniceanu che, situata a pochi chilometri dal porto di Costanza, già rappresenta uno dei principali bastioni atlantici sulle coste del Mar Nero. Stando al piano iniziale, più che di bastione si tratterà di una vera e propria città pronta a ospitare 10mila tra soldati e civili, in un sistema dotato di case, scuole, asili e altri servizi essenziali. Per capirne la portata basti pensare che la base di Rammstein in Germania – la più grande in Europa finora – occupa 1400 ettari, mentre a Costanza il terreno occupato sarà più del doppio (30 km2).

L’obiettivo principale sarà di aumentare la sicurezza sul fianco orientale dell’Alleanza atlantica, continuamente turbato dagli sviluppi politici, economici e militari del conflitto russo-ucraino. Come già sottolineato da East Journal, il Mar Nero rappresenta uno dei principali teatri di quella guerra – più o meno diretta – che vede coinvolta tanto la Russia quanto l’occidente atlantico. Da una parte Mosca, lungi dal tirarsene indietro, da anni cerca di fare di quest’area il proprio giardino di casa, puntando a un Mar Nero ad appannaggio esclusivo della marina russa. Dall’altra Washington, tramite la NATO, porta avanti politiche di deterrenza fondate proprio su iniziative di questo genere.

Romania, fedele alla linea

La Romania è il perfetto esempio del rapporto di do ut des che intercorre tra i vertici della NATO e quei paesi che, entrati nell’alleanza dopo gli anni ’90 in una situazione di precaria stabilità, oggi vedono nell’Alleanza una imprescindibile fonte di sovranità e credibilità politica.

Come tutte le repubbliche dell’ex Patto di Varsavia infatti, superata la prima fase di transizione post-comunista Bucarest ha dovuto rimodulare la propria posizione nello scacchiere internazionale tenendo a mente tanto la sua geografia politica quanto la sua storia recente. Allo scoccare del nuovo millennio l’incrocio di questi due elementi non ha lasciato spazio ad interpretazione suggerendo una cosa sola: tenere la Russia il più lontano possibile e chiudere per sempre con l’esperienza comunista. Un mantra indiscutibile che avrebbe caratterizzato la politica carpatica durante tutti gli anni a venire.

In quel periodo una tale posizione trovò terreno fertile nel processo di allargamento dell’Alleanza atlantica. Per quest’ultima la Romania rappresentava un bastione fondamentale per fronteggiare le insidie che arrivavano da nord-est, di fatto per assicurare un contenimento al possibile espansionismo russo che proprio in quegli anni iniziava a riprendere piede. Il matrimonio di interessi fu sugellato a Praga nel marzo 2004 e mise tutte quante le parti d’accordo. I governi romeni ricevettero improvvisamente legittimità politica – per lo meno agli occhi di chi osservava da occidente – e soprattutto ottennero un’enorme garanzia sul piano militare – espressa dal principio della difesa collettiva. Alla NATO invece andò un alleato prezioso, a cui assegnare la difesa del proprio fianco orientale.

Negli anni a seguire la Romania ha dimostrato fedeltà totale all’Alleanza atlantica, partecipando massicciamente alle iniziative NATO e accogliendo con entusiasmo la costruzione di basi e centri logistici militari, in un graduale processo che ci porta fino all’istituzione della Mihail Kogalniceanu. Questo sviluppo non ha toccato solo le élite politiche e militari dello stato, ma è arrivato a coinvolgere attivamente ampi strati della società, soprattutto dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Nel 2022 un sondaggio condotto dalla Public Diplomacy Division sottolineò che l’80% dei cittadini considerava la sicurezza della Romania dipendente dalla cooperazione atlantica, ed il 91% si diceva favorevole a rimanere all’interno dell’alleanza. Questo fenomeno si può osservare concretamente camminando per le strade di qualsiasi città romena, ornata di bandiere e vessilli NATO, o addirittura di monumenti che ne elogiano il valore militare. La fedeltà atlantica che si respira in Romania è diventata nel tempo sentimento popolare, andando ben oltre ai meri aspetti strategici.

Di difficile comprensione alle nostre latitudini, dove la legittimità dell’Alleanza è quotidianamente materia di discussione politica, questo fenomeno in Romania si spiega piuttosto semplicemente. Ancora una volta basta osservare la geografia della regione, che consegna a Bucarest confini di terra e di mare con la guerra in Ucraina, o ripensare all’esperienza storica che dai regni di Valacchia e Moldavia arriva al regime di Nicolae Ceausescu.

Lontano dalle acque dell’Oceano Atlantico in cui nacque nel 1949, la NATO sembra aver trovato il suo vello d’oro, con il quale nei prossimi tempi cercherà di curare i mali che spirano dal Mar Nero.

Fonte immagine: Codici Colori

Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Universitá di Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all'Università di Bologna.

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