Il leader serbo-bosniaco Dodik è stato ospite di Vladimir Putin a Kazan e di Andrija Mandić, presidente del parlamento montenegrino, a Podgorica. Incontri volti a sottolineare la diversa linea di politica estera dell’entità serbo-bosniaca.
Durante il mese di febbraio, Milorad Dodik, presidente dell’entità a maggioranza serba della Bosnia Erzegovina – la Republika Srpska – ha incontrato diversi leader stranieri. Dopo essere stato ospite di Recep Tayyip Erdoğan al vertice di Antalya, Dodik ha visitato il dittatore bielorusso Aleksander Lukashenko a Minsk, e quello russo Vladimir Putin a Kazan, e sulla via del ritorno si è fermato a Podgorica, ospite del presidente del parlamento montenegrino Andrija Mandić, del partito Nuova Democrazia Serba (NSD).
Dodik incontra Putin, attacchi all’Occidente
L’incontro con il leader russo si è tenuto a Kazan, 800 km a est di Mosca, dove si teneva la prima edizione dei Games of Future, nuovo torneo sportivo che unisce discipline fisiche e digitali.
Dalla Russia, Dodik ha ripetuto i principali punti della propaganda russa sull’invasione dell’Ucraina, affermando che Putin sarebbe stato costretto ad intervenire per difendere i propri interessi. Il leader serbo bosniaco si è lamentato delle pressioni occidentali perchè anche la Bosnia attui sanzioni contro Russia e Bielorussia. Tenere stretti legami con il regime russo è infatti considerato incompatibile con il percorso nell’UE.
Dodik ha affermato che la Bosnia Erzegovina non aderirà mai alla Nato, ed è anche tornato ad attaccare Christian Schmidt, cui non riconosce il ruolo legittimo di Alto Rappresentante per la Bosnia Erzegovina.
Dodik in Montenegro, tra contestazioni e una politica instabile
La visita a Podgorica è stata per Dodik meno agevole. Davanti al palazzo del parlamento il leader serbo-bosniaco è stato contestato e fischiato da manifestanti che lo hanno accusato di essere fascista e “amico di Putin”. Il presidente montenegrino Jakov Milatović e il primo ministro Milojko Spajić hanno dichiarato di non essere stati informati della sua visita e hanno scaricato la responsabilità sul presidente del parlamento.
Dietro tale contrasto tra istituzioni e partiti montenegrini c’è una situazione politica instabile e complessa. Il governo Spajić è sostenuto dal suo partito Europa Adesso (PES), ma necessita per governare anche dell’appoggio esterno della forza politica filo-serba guidata da Mandić. L’incontro con Dodik ha sollevato il dubbio che Mandić non voglia rispettare gli accordi di governo e stia invece portando avanti, in parallelo, la sua politica filo serba e filo russa.
Dodik avrebbe proposto a Mandić la partecipazione del Montenegro al progetto di costruzione della centrale idroelettrica di Buk Bijela sul fiume Drina, al confine con la Serbia. Ma nei giorni successivi il Ministero per l’energia ha confermato che il progetto sarebbe contrario alla dichiarazione parlamentare del 2004 sulla protezione del fiume Tara.
Il “mondo serbo” di Dodik, Vulin e Mandić
Incontrando Mandić, Dodik è tornato ad elogiare l’idea di Srpski Mir, “mondo serbo”. Una visione teorizzata già nel 2020 dall’ex ministro della difesa serbo Aleksandar Vulin con l’idea di proteggere tutti i serbi ovunque essi vivano, incluso in Montenegro, Bosnia e Kosovo – questi ultimi secondo Dodik “perseguitati e senza diritti fondamentali”.
Quella del Srpska Mir è una idea che si lega al sogno nazionalista della Grande Serbia e alla nozione di Russki Mir (mondo russo o pace russa) utilizzata da Putin per giustificare l’operazione militare contro Kiev. Un concetto visto come grave pericolo dai governi dei paesi vicini alla Serbia, che temono il ritorno all’ideologia nazionalista della Grande Serbia che giustificò le guerre degli anni ’90 con l’obiettivo dell’unificazione di tutti i serbi.
Gli incontri di Dodik in Bielorussia, Russia e Montenegro mostrano la ricerca di appoggi finanziari e politici che possano rendere l’entità a maggioranza serba sempre più indipendente rispetto a Sarajevo. Ma strette di mano a parte, la Republika Srpska ha finora raccolto ben poco. L’unico effettivo sostegno finanziario alle casse di Banja Luka è venuto dall’Ungheria di Viktor Orbán.
Foto: Eunews