Tra i tanti soprusi che le donne sono costrette a subire nella zona del Caucaso ce n’è uno particolarmente aberrante: il delitto d’onore. Seda Sulejmanova è probabilmente l’ennesima vittima di questa “pratica” neotradizionalista.
Cos’è successo a Seda Sulejmanova?
Seda Sulejmanova nasce nel 1997 nella capitale cecena di Groznyj, cresce in un ambiente familiare piuttosto conservatore, e, quando compie 18 anni, paradossalmente, trova ancora più difficoltà a liberarsi dalla morsa della sua famiglia. Il fratello, lo zio, la madre fanno di tutto per limitare la sua libertà, vogliono controllarla costantemente, farla sposare.
Sulejmanova si ribella a queste imposizioni e, grazie all’aiuto di un’associazione per i diritti umani (SK SOS), nel 2022 riesce a lasciare la Cecenia e a trasferirsi a San Pietroburgo per iniziare una nuova vita. La sua libertà è piuttosto effimera: nel febbraio del 2023 un cugino la rintraccia mentre è a lavoro, ma Sulejmanova riesce a fuggire scappando da un’uscita secondaria. Sotto consiglio di SK SOS, Sulejmanova cambia occupazione e alloggio, ma non riesce comunque a sottrarsi al suo destino. Nell’agosto del 2023 viene arrestata dalla polizia di San Pietroburgo e dalle forze speciali cecene, e, accusata di aver rubato alcuni gioielli della madre (per un valore di 150 mila rubli), viene riportata a Groznyj.
Dopo essere stata costretta a firmare una rinuncia a essere interrogata senza la presenza di un legale, è stata consegnata ai parenti che l’attendevano all’uscita della stazione di polizia. Nei mesi scorsi SK SOS ha provato a mettersi in contatto con Sulejmanova, ma la famiglia ha sempre rifiutato con veemenza. A quel punto SOS ha iniziato a dubitare che Sulejmanova fosse ancora viva. Ad oggi non abbiamo prove sulla sua morte, non sono presenti certificati. Nessuno, però, l’ha più vista da oltre 150 giorni, quando è apparsa in un video pubblicato da Mansur Soltaev, difensore dei diritti umani in Cecenia, in cui, in realtà, Sulejmanova non dice una parola e sembra piuttosto turbata, ha un ematoma in viso.
La protesta di un’amica diventa internazionale
Quando nel 2022, Sulejmanova è fuggita a San Pietroburgo ha fatto amicizia con Lena Patjaeva. Entrambe cercavano un appartamento e hanno deciso di andare a vivere insieme. All’inizio Sulejmanova era molto riservata, ma poi è riuscita a confessare all’amica il motivo che l’aveva portata a San Pietroburgo.
Nonostante il legame che si era creato tra di loro, la convivenza in realtà è durata molto poco: Sulejmanova è stata costretta a trasferirsi quasi subito, dopo che il cugino era riuscito a rintracciarla nel febbraio del 2023. Ma erano comunque rimaste amiche e si frequentavano durante il tempo libero.
In un’intervista rilasciata a Kavkaz.Realii, Patjaeva ha raccontato che il rapporto tra Sulejmanova e la madre era quasi ambiguo, la ragazza era convinta dell’affetto che sia sua madre che suo fratello nutrivano nei suoi confronti, ma lei stessa aveva ammesso che non ci avrebbero pensato due volte a ucciderla: “Non importa con quanta intensità vieni amato, puoi pensare di essere amato, però alla fine ti uccidono lo stesso”.
Il 1° febbraio 2024, Patjaeva ha tenuto un picchetto solitario davanti all’ufficio del procuratore di San Pietroburgo per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla scomparsa dell’amica e per ottenere i risultati delle indagini, disposte dalla Procura a novembre, quando circa 900 persone ne hanno richiesto l’avviamento.
Il 27 febbraio, attivisti di diversi paesi si sono mobilitati per chiedere alle autorità russe di trovare Seda Sujlemanova. Gli attivisti hanno picchettato le sedi diplomatiche russe a Buenos Aires, Berlino, Bonn, Varsavia, in Messico e a Tbilisi, esponendo manifesti con su scritto “Fateci vedere Seda”, “No ai delitti d’onore”, “Dov’è Seda?”
Azioni simili si sono svolte in cinque città italiane: Torino, Milano, Borgoricco, Rovato e Savona.
I Kadyrov vassalli di Putin
La pratica dei delitti d’onore, e la violenza domestica in generale, sono un problema particolarmente radicato nella zona del nord del Caucaso, perlopiù in Inguscezia, Dagestan e Cecenia. Le donne colpite da questo tipo di abusi sono di età differente, ma la fascia maggiormente interessata è quella delle under 30.
In Cecenia, i diritti delle donne vengono violati sistematicamente: le autorità spesso coprono i crimini commessi o addirittura partecipano alle violazioni. Il governo ceceno, infatti, ha più volte accettato senza riserbo il ricorso a diverse pratiche neotradizionaliste, ritenendo giusto punire le donne che vengono meno ai loro doveri e che macchiano di disonore la propria famiglia. Il presidente Ramzan Kadyrov (o, se vogliamo, il vassallo di Putin) durante diversi incontri pubblici, ha ripetutamente condannato i delitti d’onore, ma anche affermato che “se le donne si comportano male, cos’altro dovrebbero fare il marito e i fratelli?”. In questo modo Kadyrov non fa altro che creare e perpetuare un clima di impunità, incoraggiando i delitti d’onore.
Tanto è vero, che, nonostante il decennale lavoro di repressione svolto dal regime sovietico, questa Repubblica russa continua ad abbracciare l’interpretazione fondamentalista islamica. Del resto, non si possono pretendere grandi slanci democratici quando l’unica donna nominata nel Consiglio per i diritti delle donne in Cecenia, recentemente istituito, è Aishat Kadyrova, figlia del Presidente Kadyrov.
A maggio 2023, l’agenzia di stampa statale russa TASS ha scritto che il governo ha approvato una strategia nazionale a favore delle donne per il periodo 2023-2030. Il piano riguarda la salute delle donne, le questioni sociali, l’aumento del ruolo delle donne nella società, l’espansione della partecipazione delle donne allo sviluppo socioeconomico della Russia e il rafforzamento delle “posizioni socio-politiche” delle donne.
Quanto può far sperare una notizia simile, in un Paese in cui le misure realmente rispettate sono quelle che ledono i cittadini?