A mezzanotte del 12 febbraio 2024 è scaduto in Macedonia del Nord il periodo transitorio di cinque anni, ovvero la disposizione dell’Accordo di Prespa siglato con la Grecia secondo cui i documenti di viaggio e per uso internazionale contenenti il vecchio nome del paese (Repubblica di Macedonia) cessano di essere validi.
Il problema
L’accordo di Prespa del 2018 con la Grecia prevedeva cinque anni di transizione per il cambio di documenti d’identità, passaporti, patenti di guida e targhe automobilistiche in una nuova versione contenente la dicitura Macedonia del Nord. Ad oggi, sono in migliaia i cittadini e le cittadine che non dispongono dei nuovi documenti. Una frattura burocratica e organizzativa – si direbbe patologica, in un paese che conta meno di due milioni di abitanti. Che succede?
Come riportato da BIRN, nonostante l’accordo del 2018 e l’adozione ufficiale del nome l’anno successivo, la Macedonia del Nord ha iniziato a rilasciare documenti solo a metà del 2021. Processo che ha subito numerosi ritardi: diversi mesi sono andati perduti a causa del blocco dell’opposizione, altri a causa dei rallentamenti nell’arrivo dei modelli e altri ancora a causa delle complicazioni derivanti dalla pandemia di Covid-19.
Il risultato è che il tempo è passato, fino all’autunno scorso, quando è partito il boom di prenotazioni per fissare un appuntamento. Secondo i media locali, avviare la procedura e completarla, ma anche ottenere il rilascio dei documenti, sembra essere un’impresa. Le testimonianze dei cittadini raccontano di linee bloccate e di attese prolungate. Sui social media, palcoscenico per ogni polemica, sono emerse le accuse di errori nella consegna di passaporti, fotografie sbagliate, nomi riportati in maniera errata.
Una settimana prima della scadenza del 12 febbraio, il Ministero dell’Interno ha dichiarato di aver rilasciato oltre 1,2 milioni di nuovi passaporti, più di 1,1 milioni di nuove carte d’identità e quasi 550.000 nuove patenti di guida. In un Paese di 1,8 milioni di abitanti ciò significa che almeno un terzo dei cittadini, oltre 600.000, non hanno ancora passaporti o carte d’identità con il nuovo nome del Paese.
Disagi sostanziali per coloro che devono viaggiare o rientrare nel paese. Nei mesi scorsi ci sono state iniziative per prolungare la scadenza, ma in quanto obbligo derivante da un accordo mediato a livello internazionale, la Macedonia del Nord non può autonomamente modificarla. Com’è prevedibile, la Grecia ha voluto attenersi ai tempi concordati, abbassando subito la rampa delle frontiere per chi non dispone di nuovi documenti.
Le risposte
Il Ministero dell’Interno si è affrettato ad aprire punti paralleli per accelerare i tempi. Oltre al sistema elettronico, sono stati attivati dei punti fisici dove poter avviare la procedura attendendo in lunghe code davanti agli uffici. Il ministro Panče Toškovski ha di recente annunciato l’attivazione di un sistema di controllo sullo stato dei passaporti in rilascio. Con questa funzione, pare, si contribuirà notevolmente a ridurre l’affollamento che si creava perché i cittadini erano costretti ad aspettare diverse ore solo per sapere se il loro passaporto fosse stato preparato.
Il problema è tuttavia a monte, nella macchina burocratica e nella creazione fisica dei documenti. Lo stesso Toškovski afferma che ad oggi le macchine a disposizione hanno una capacità produttiva di circa tremila passaporti al giorno: «Entro il nuovo anno potremo rinnovare quei 650mila passaporti con il vecchio nome, ma solo se aumenterà la capienza e se avremo i moduli. Non è possibile acquisire un’altra macchina perché la procedura richiede molto tempo e ora ci sono le elezioni. Se lavoriamo 25 giorni al mese, con tremila passaporti al giorno, fanno 75mila al mese. Di questo passo i passaporti verranno rinnovati».
Il significato del problema
Tanti numeri e tante condizioni per contenere i disagi – moduli mancanti, ritardi amministrativi, tempistiche pressanti. Il Ministero dell’Interno ha fatto appello a Bruxelles, che sembra essersi espressa tramite il Comitato per i documenti di viaggio della Commissione europea. Comprendendo il problema, il comitato si è esposto a favore di un’intesa tra i paesi membri. Uno stimolo che non frena tuttavia i blocchi alla frontiera, come nel caso della Grecia.
Il significato del problema sembra tradursi facilmente. Nel linguaggio sostanziale, si tratta di una mancata organizzazione in un apparato burocratico rallentato, che deve lavorare ancora su un’efficace digitalizzazione per permettere alla popolazione l’accesso a servizi fondamentali, come quello per il rilascio dei documenti.
Nel linguaggio formale, come ricorda l’0mbudsman Naser Ziberi, si tratta in fondo della privazione del diritto costituzionale delle persone alla libertà di movimento, arrivando a sottolineare che ogni cittadino può presentare reclamo al Garante e al Ministero, fino ad arrivare in tribunale. Una situazione paradossale, inevitabilmente al centro delle polemiche in un paese che si sta avvicinando a cruciali elezioni politiche, in programma a maggio.
Foto: Nova Makedonija