Transnistria annessione

Transnistria: siamo davvero alla resa dei conti?

Secondo le voci che arrivano da Tiraspol il governo della Transnistria sarebbe pronto a chiedere l’annessione alla Federazione Russa. Un tale sviluppo avrebbe conseguenze di enorme portata in tutta l’area danubiano-carpatica e rischierebbe di aprire l’ennesimo fronte alle porte dell’Europa. Proviamo a fare chiarezza.

Il 19 febbraio il Presidente della autoproclamata Repubblica Autonoma della Transnistria Vadim Krasnoselsky ha accolto la richiesta proveniente dal Consiglio Supremo per la convocazione straordinaria del “congresso dei deputati di tutti i livelli”. Nella trentennale storia della Repubblica questo congresso si è riunito solo sei volte ed è sempre stato causa, o conseguenza, di eventi significativi. Come ad esempio il referendum per l’annessione alla Federazione russa del settembre 2006 – conclusosi in un nulla di fatto.

Questa volta, stando a quanto riportato dall’agenzia statale Novosti Pridnestrovya, il motivo dietro alla convocazione del congresso starebbe nella “pressione portata avanti dal governo moldavo che sta violando i diritti dei cittadini transnistriani aggravandone le condizioni economiche”. I nefasti precedenti storici, uniti alla precaria condizione politica della Moldavia, hanno subito messo in allerta le opinioni pubbliche locali.

Pochi giorni dopo poi, la situazione è degenerata. Il deputato dell’opposizione Gennady Chorba ha dichiarato che il 28 febbraio, giorno in cui si dovrebbe tenere il congresso, la Transnistria si appellerà ufficialmente al Cremlino per entrare a far parte della Federazione Russa. Nel giro di poche ore la portata della crisi si è allargata ben oltre i Carpazi e la notizia è finita sulle pagine dei giornali di tutto il mondo. Da parte russa invece, per il momento, non sono arrivate dichiarazioni.

Stando così le cose dunque, nei prossimi giorni potremmo assistere a degli sviluppi storici per tutta la regione e ad un possibile allargamento della guerra russo-ucraina. I precedenti nel Donbass, Lugansk e Crimea ci dicono che difficilmente la transizione politica della Transnistria avverrebbe in maniera pacifica; e di certo porterebbe l’esercito russo ad un centinaio di metri dalla Moldavia con il fiume Dnestr a fare da ultimo confine naturale. Inoltre, con un tale sviluppo, Vladimir Putin otterrebbe anche un exclave nel fianco sud-occidentale della Repubblica Ucraina, a pochi chilometri dal delta del Danubio e dalla città portuale di Odessa.

Tuttavia, è bene sottolineare che nessun esponente di nessuno stato dell’area (la Transnistria non è considerabile tale in quanto priva di alcun riconoscimento internazionale) ha confermato l’ipotesi dell’annessione e anzi, i governi e le intelligence di Ucraina e Moldavia hanno prontamente smentito tutto. Inoltre, dobbiamo tenere a mente le conseguenze che un intervento del genere porterebbe con sé: il Cremlino rischierebbe di aprire un secondo fronte a quasi 1000 kilometri di distanza dai confini russi, in un territorio estremamente frammentato dal quale sarebbe difficile uscire.

Ciò che abbiamo in mano in questo momento quindi, sono dichiarazioni e supposizioni provenienti da una Repubblica-fantoccio priva di qualsiasi credibilità politica e all’interno della quale l’informazione è affidata ad un quotidiano di proprietà “statale”. La nostra storia recente ci insegna a non sottovalutare nessuna mossa di Vladimir Putin, ma allo stesso tempo ci chiede oggettività di fronte a sviluppi così delicati. Le politiche del terrore e del panico non portano a nulla, se non ad aumentare il rischio di caos e destabilizzazione.

Fonte immagine: Reuters

Chi è Livio Maone

Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali a Roma Tre. Attualmente è studente magistrale all’Università di Bologna.

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