Inizia la 74ma edizione del festival del cinema di Berlino, con una consueta solida presenza est europea, seppur non nel concorso principale.

CINEMA: Berlinale 2024, l’est ai margini

Inizia la 74ma edizione del Berlinale, il festival del cinema di Berlino, con una consueta solida presenza est europea, seppur non nel concorso principale.

Storicamente, il Berlinale è sempre stato molto legato all’Est Europa: Béla Tarr, Krzysztof Kieslowski, più recentemente Agnieszka Holland, Radu Jude, Cristi Puiu erano solo alcune delle presenze regolari al festival, accompagnati da decine di nuove scoperte a ciascun edizione. Nell’ultimo paio d’anni, la tendenza che ha visto il calo delle presenze e marginalizzazione in sezioni collaterali di film dell’Europa centro-orientale anche nelle selezioni a Cannes e Venezia ha colpito in modo ancora più duro Berlino.  Guardando i numeri del 2024, la tendenza sembra essersi invertita, perlomeno in parte.

Dopo due anni di assenza di nomi est europei, in concorso arriva Viktor Kossakovsky, documentarista russo in esilio, con il suo film Architecton, di produzione franco-tedesca. Nelle proiezioni speciali invece, va segnalata la presenza del film statunitense originale netflix Spaceman di Johan Renck, già regista di Chernobyl, che qui adatta il romanzo dell’autore fantascientifico ceco Jaroslav Kalfar, “Spaceman of Bohemia”, libro che ragiona molto sull’eredità dell’era sovietica in Repubblica Ceca.

Per trovare altre opere rilevanti bisogna spostarsi nelle sezioni Panorama, con Crossing di Levan Akin, il regista georgiano-svedese che ha conquistato la fama mondiale con And then we danced nel 2019 e misteriosamente non si trova in concorso, o perlomeno nel concorso secondario Encounters (il corrispettivo berlinese di Orizzonti e Un Certain Regard). In Forum, generalmente dedicato alle opere sperimentali, si possono trovare gli altri due lungometraggi di finzione est europei:  The Editorial Office di Roman Bondarchuk, cinesta ucraino che con Vulkan ha già dimostrato dimestichezza con un cinema che sborda tra il mainstream ed il surreale, e Holy Week di Andrei Cohn, film incentrato su una famiglia ebraica nella Romania rurale del XIX secolo.

Molti i documentari: accanto a due opere che tornano sulla guerra in Ucraina – Intercepted di Oksana Karpovych e A Bit of a Stranger di Svitlana Lishchynska – si affiancano altri film che vertono sul tema della guerra all’Est: Afterwar di Brigitta Stærmose presenta le testimonianze di persone che hanno vissuto i conflitti in Kosovo, per esempio. Tra le opere sperimentali si segnala Through the graves the wind is blowing, un film che si presenta apparentemente come noir-crime ambientato in Croazia.

La presenza non in concorso di un film alla Berlinale non significa per forza un passaggio in secondo piano: La sala dei professori, film tedesco del regista di origini turche Ilker Catak, è stato presentato in Panorama, ed attualmente fa parte della cinquina dei candidati all’Oscar per il miglior film internazionale.

Come l’anno scorso, East Journal seguirà il festival da vicino, proponendo le opere migliori est europee che verrano presentate.

 

Chi è Viktor Toth

Cinefilo focalizzato in particolare sul cinema dell'est, di cui scrive per East Journal, prima testata a cui collabora, aspirante regista. Recentemente laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Trieste, ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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