E’ morto venerdì 9 febbraio 2024, a 95 anni, l’ex ministro della giustizia francese Robert Badinter. Ebbe un importante ruolo nel definire gli aspetti giuridici della dissoluzione jugoslava.
La fine della pena di morte in Francia
Robert Badinter era nato a Parigi nel 1928 da genitori ebrei moldavi in fuga dai pogrom. Suo padre Simon fu catturato dai nazisti a Lione nel 1943 e deportato al lager di Sobibor, dove morì. Robert studiò legge a Parigi (Sorbona) e New York (Columbia), e divenne avvocato, difensore dei diritti umani e attivista per l’abolizione della pena di morte.
Nel 1981 Badinter fu nominato ministro della giustizia dal nuovo presidente socialista François Mitterrand. Portano la sua firma la legge che mandò per sempre in pensione il boia di stato, a pochi mesi dall’ultima esecuzione capitale, e quella che mise fine alla criminazzazione dell’omosessualità. Dal 1986 al 1995 fu presidente del Conseil Constitutionnel, quindi senatore fino al 2011.
La Commissione Badinter sugli aspetti giuridici della dissoluzione della Jugoslavia
Badinter è a capo della corte costituzionale francese da cinque anni quando, nel 1991, il Consiglio dei Ministri della Comunità Europea lo sceglie per la Commissione arbitrale della Conferenza di pace sulla Jugoslavia. Con lui ne fanno parte i presidenti di altre quattro corti costituzionali: il tedesco Roman Herzog, l’italiano Aldo Corasaniti, lo spagnolo Francisco Tomás y Valiente, e la belga Irène Pétry.
Il loro ruolo è di fornire pareri giuridici alla Conferenza di pace sulle questioni aperte dalla dissoluzione jugoslava. Nel giro di tre anni, la “Commissione Badinter” fornisce 15 opinioni che fondano la base giuridica della risposta internazionale alla dissoluzione jugoslava, e permettono l’evoluzione di importanti punti del diritto internazionale su confini, autodeterminazione dei popoli e riconoscimento degli Stati,
Dissoluzione della Jugoslavia, autodeterminazione e confini
La prima questione riguarda lo statuto giuridico della Jugoslavia, a seguito della secessione di Slovenia e Croazia. Il 20 novembre 1991 Lord Carrington chiese alla Commissione arbitrale se la Repubblika Federale Jugoslava (Serbia e Montenegro) dovesse essere considerata lo stato successore della Jugoslavia, o se invece, come in caso di dissoluzione, tutti gli stati post-jugoslavi dovessero essere considerati ugualmente eredi della SFRJ. Il 29 novembre la Commissione Badinter risposte che “la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia è in corso di dissoluzione”
La seconda domanda di Lord Carrington concerneva se la popolazione serba in Croazia e Bosnia ed Erzegovina, in quanto uno dei popoli costituenti della Jugoslavia, avesse diritto all’autodeterminazione. L’11 gennaio 1992 la Commissione Badinter rispose che “il diritto all’autodeterminazione non è ben definito dal diritto internazionale; allo stato attuale, tale diritto non può incidere sull’ubicazione dei confini”. I serbi in Bosnia e in Croazia avevano quindi “diritto a tutti i diritti spettanti alle minoranze”, incluso quello di scegliere la propria nazionalità – ma non il diritto di secedere sulla base del principio di autodeterminazione dei popoli.
Come corollario, nel suo terzo parere sui confini, lo stesso giorno la Commissione Badinter stabilì che i confini amministrativi tra le repubbliche jugoslave “non possono essere modificati se non mediante un accordo liberamente raggiunto… i vecchi confini diventano frontiere protette dal diritto internazionale”. Per la prima volta, il principio dell’uti possidetis si applicava al contesto interno jugoslavo – una decisione a lungo contestata dalla Serbia.
Il riconoscimento internazionale degli stati post-jugoslavi
Nei successivi pareri, la Commissione arbitrale della Conferenza di pace si pronunciò sul quesito se fosse appropriato il riconoscimento internazionale degli stati post-jugoslavi.
Per quanto riguarda la Bosnia Erzegovina, la Commissione Badinter consigliò di attendere, poiché non vi era ancora stato indetto un referendum sull’indipendenza – poi tenutosi il 1° marzo 1992.
Anche per quanto riguarda la Croazia, la Commissione Badinter consigliò prudenza, poiché la nuova Costituzione croata non prevedeva la protezione delle minoranze richiesta dalla Comunità europea. Il presidente croato Tudjman scrisse a Badinter garantendo che tale questione sarebbe stata sanata, e la Comunità europea procedette a riconoscere l’indipendenza del governo di Zagabria.
La Commissione Badinter raccomandò invece di accogliere la richiesta di riconoscimento della Slovenia e dell’allora Repubblica di Macedonia, che aveva fornito le necessarie garanzie di rispetto dei diritti umani e della pace e sicurezza internazionali. Ma l’opposizione della Grecia a Skopje rendeva la Comunità europea titubante.
Il completamento della dissoluzione giuridica della Jugoslavia
Nella sua ottava opinione, il 4 luglio 1992, la Commissione Badinter stabilì che il processo giuridico di dissoluzione della Jugoslavia era completato e che la SFRJ non esisteva più.
L’opinione successiva stabilì che le questioni di successione statale dovessero essere risolte di comune accordo, con equa divisione dei beni, debiti e obblighi internazionali della Jugoslavia.
Come corollario, ogni stato post-jugoslavo avrebbe dovuto presentare nuova domanda di adesione alle organizzazioni internazionali, dall’ONU all’OSCE e al Consiglio d’Europa, poiché nessuno di essi era considerato erede naturale della Jugoslavia.
Per la stessa ragione, nella sua decima opinione, la Commissione Badinter stabilì che anche il riconoscimento internazionale della Repubblica Federale di Jugoslavia (Serbia e Montenegro) dovesse essere sottoposto agli stessi criteri utilizzati per gli altri stati post-jugoslavi, anziché aver luogo automaticamente.
Putin come Milosevic
Non molto tempo prima della sua morte, a 95 anni, Badinter è stato coautore di un libro, Vladimir Poutine, l’accusation in cui sostiene che Vladimir Putin dovrebbe essere assicurato alla giustizia internazionale per i crimini commessi in Ucraina.
“La strada verso la giustizia internazionale è lastricata di difficoltà. Ricordiamo però Slobodan Milosevic, l’ex dittatore serbo: è morto in una prigione dell’Aja, dove ha dovuto rispondere di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio”, ha detto Badinter in un’intervista a L’Express nel 2023.
Foto: Thierry Ehrmann, Flickr