Durante l’insediamento del nuovo Parlamento in Serbia, l’opposizione ha protestato contro il presidente Aleksandar Vučić e il suo partito. Il giorno dopo, il Parlamento europeo ha votato una risoluzione dove esprime la propria preoccupazione sullo stato della politica serba. La vittoria elettorale del Partito Progressista Serbo (SNS) aveva provocato forti manifestazioni ed era stata criticata per mancanza di trasparenza.
La protesta delle opposizioni
Martedì 6 febbraio si è tenuta la prima seduta della nuova Assemblea Nazionale serba. I partiti dell’opposizione hanno protestato in aula, accusando Vučić e il suo SNS di brogli elettorali e di aver represso il dissenso dei cittadini con la violenza.
I parlamentari dell’opposizione si sono anche rifiutati di giurare nell’aula, preferendo farlo nel corridoio del Parlamento, in segno di rottura. Particolarmente dure sono state le parole di Borko Stefanović, deputato del Partito della Libertà e della Giustizia (SSP), che ha affermato come il Parlamento neoeletto non possa considerarsi come rappresentativo della volontà dei cittadini ma piuttosto derivante dal furto delle elezioni.
Sulla base dei risultati del 17 dicembre, l’SNS di Vučić ha ottenuto la maggioranza della Camera con 129 deputati. L’opposizione, rappresentata dalla coalizione “Serbia Contro la Violenza” è riuscita a conquistare soltanto 65 seggi. La coalizione raccoglie al suo interno l’SSP, Partito Democratico (DS), Movimento Popolare Serbo, Rivolta Ecologica, Fronte Verde-Sinistra, Centro della Serbia (SRCE).
Serbia Contro la Violenza si è unita alle proteste che hanno riempito Belgrado nelle settimane successive alle elezioni. Alcuni suoi esponenti erano presenti durante il corteo del 30 dicembre, uno dei più partecipati, nonostante la repressione delle autorità, che avevano risposto con arresti e cariche della polizia alle proteste del 21 e 24 dicembre.
La posizione del Parlamento europeo e degli osservatori internazionali
Il giorno dopo la protesta nell’Assemblea, il Parlamento europeo ha approvato con 461 voti a favore, 53 astensioni e 43 voti contrari una risoluzione in cui si denuncia che la Serbia non ha garantito elezioni libere ed eque. Prima del voto Marinika Tepić, uno dei volti di Serbia Contro la Violenza, è intervenuta portando la voce delle opposizioni agli europarlamentari.
Nel testo approvato a Strasburgo vengono sottolineate carenze strutturali, violazioni della segretezza del voto e cattiva gestione delle procedure di voto in alcuni seggi. Questi problemi hanno riguardato sia le elezioni parlamentari sia quelle municipali. Il Parlamento europeo ha chiesto alla Commissione europea di sospendere i fondi europei a causa e di inviare una commissione di esperti per valutare la situazione nel Paese.
Vi è anche un riferimento al voto di cittadini bosniaci e montenegrini che sarebbero stati portati ai seggi di Belgrado con documenti di residenza falsi. La Serbia viene poi invitata a prendere provvedimenti sulla base delle raccomandazioni della Commissione di Venezia e dell’ Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani (ODIHR) dell’OSCE.
Quest’ultimo si era già espresso, sottolineando le criticità sulla procedura di voto, le campagne diffamatorie a danno ai candidati dell’opposizione e l’alto tasso di disinformazione e ingerenza di Vučić e dell’SNS nei media. Nelle prossime settimane, l’ODIHR pubblicherà un rapporto completo sulle elezioni.
La Serbia post-elezioni e il dominio assoluto di Vučić
Le elezioni di dicembre hanno riconfermato senza alcuna sorpresa il saldo controllo di Vučić sulla politica nazionale. Il presidente attraverso la cattura dello stato è in grado di imporsi tramite i principali media del Paese, utilizzando le istituzioni per colpire il dissenso ed escludere le opposizioni.
Lo si è visto nei mesi scorsi con il ricatto ai danni di Đorđe Miketić e con l’arresto e le violenze ai danni del leader del Partito Repubblicano Nikola Sandulović.
A Belgrado, si è insediato dunque un nuovo Parlamento; ciò che non sembra altrettanto nuovo è l’atteggiamento repressivo e autoritario di Vučić e della sua cerchia di fedelissimi.
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